Graffiti

Firenze è bellissima. Non solo per la Torre di Giotto o la Cupola del Brunelleschi piuttosto che per il Perseo o l’avvenente sindaco, ma anche per i giocosi graffiti che impreziosiscono sia i muri dei nostri palazzi gravidi di storia che i monumenti rinascimentali, rei di non sapersi ricoverare per la notte, con le proprie gambe, in qualche fondo vicino. Ciò che più ci inorgoglisce però è il fatto che questi grafomani nostrani non fanno in tempo a rendere immortale il bugnato cinquecentesco di Palazzo Pitti che immediatamente, per il tramite degli MMS degli ubiqui turisti, il capolavoro riesce a rimbalzare in un lampo all’altro capo del mondo. Così un Deborah, ma quanto cacchio ti amo? è stato con sollecitudine pubblicato nella posta al direttore dell’Herald Tribune il giorno stesso della sua apparizione in Italia; anche se cacchio l’hanno tradotto tralcio di vite, sicché la frase ha finito per suonare: Deborah, ma quanta uva ti amo? contribuendo così a radicare all’estero la diffusa opinione che noi fiorentini, quando non suoniamo il mandolino in gondola, non facciamo altro che bere e mangiare.
Ma la scritta più misteriosa è apparsa qualche tempo fa sul muro riverniciato di fresco della chiesa di S. Giuseppino, in via delle Ruote. L’ignoto graffitaro avvertiva: Vagine volanti. Da allora uno stuolo di maschi di ogni età, incurante della canicola estiva o degli acquazzoni improvvisi, staziona nei pressi del cortile speranzoso: che sia una trovata pubblicitaria, con un assaggio gratis?

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