Gufi mannari nella notte

noteSe sei arrivato su questa pagina perché cerchi, non questo romanzo, ma un approfondimento sul verso del gufo irritato vedi –> Il gufo irritato e il suo verso, su questo stesso Blog.


Julius era riuscito a fatica a riacquistare la libertà. Ciò era stato possibile solo grazie all’ulteriore intervento del Passiflora, il quale, con mossa astuta, aveva operato lo scambio del Magistrato con Calogero Mannò (immolatosi spontaneamente) e con un suo cliente marocchino (o tunisino?) che non lo pagava.
Il PM, dopo la spiacevole esperienza nella cella di isolamento, si trovava meditabondo seduto dietro alla scrivania in marmo di Carrara, incerto sull’incipit da dare al libro autobiografico che aveva intenzione di pubblicare, quando avvertì un forte odore di zolfo spandersi per la stanza. Per un po’ si mise ad annusare i propri vestiti poi, sollevato lo sguardo, notò che alcune zaffate di fumo giallastro e denso come un purè allo zafferano stavano filtrando, ad intervalli irregolari, da sotto la porta. Avvicinatosi con circospezione, sbirciò dallo spioncino (che gli permetteva una visione a 180 gradi sul corridoio illuminato dalle potentissime lampade al quarzo iodato). Benché non scorgesse nessuno, aprì ugualmente con molta prudenza diffidando, per esperienza, di quanto non aveva visto.
Fu allora che si materializzò un signore né giovane, né anziano, un paio d’occhi lattescenti ed infossati in una faccia inespressiva color ristagno di palude, con labbra livide che parevano praticate sul viso da un colpo netto di cesoie. L’uomo era avvolto in un’ampia e lunga vestaglia bluastra che lo infagottava sino ai piedi completamente appiattiti. Un grosso arcigufo troneggiava altero sulla sua spalla destra.
Il Cipollone deglutì rumorosamente.
«Il dr. Mezzapapera, presumo…» scandì roco lo sconosciuto arricciando il naso come se avesse avuto di fronte un cesso otturato.
«Mi chiamo Mezzapassera… dr. Julius Mezzapassera… il Mezza è giusto è il volatile che è sbagliato… (almeno credo…)» rivelò il PM, con un po’ di sconcerto, non riuscendo a capacitarsi da dove fosse saltato fuori quel tipo.
«Io invece sono O’ Solmartimer, Samuel Tennessee Finnegan O’ Solmartimer, ma, per carità, mi chiami pure Solmartimer…»
«Sì grazie, è davvero gentile.»
«… e vorrei avere un abboccamento con lei…»
«Ehm… abbocchi, abbocchi pure…» ribatté Julius scostandosi da una parte senza essere in grado di distogliere gli occhi dallo sguardo ipnotico del voluminoso rapace «prego…» e indicò la poltrona multirilevazione ‘Dolce riposo’ che gli avrebbe consentito un colloquio più esaustivo.
«Se per lei è uguale, noi staremmo in piedi.»
«… non faccia complimenti, si segga…» incalzò.
«Non insista… stiamo bene così.»
Un riflesso violaceo comparso nel fundus oculi dell’uomo e, contemporaneamente, in quello dell’arcipennuto, sconsigliò il Magistrato dall’aggiungere altro.
Il Cipollone, non demordendo, cercò allora di accendere, di soppiatto, il microfono-pochette che, tuttavia, non dava segni di vita; non perdendosi ancora d’animo, con insidiosa rapidità, guadagnò il suo tavolo di comando.
«Bello! Veramente accogliente qui! Assomiglia molto alla mia tomba di famiglia! ».
Il Magistrato non seppe se ringraziare per l’apprezzamento.
«Dunque, sono venuto per chiarire la mia posizione…»
«Chiarire? Chiarire cosa?» domandò incuriosito il PM accorgendosi che tutte le apparecchiature elettroniche erano in avaria.
«… deve sapere che, nella mia interminabile esistenza, ho svolto diversi mestieri, alcuni anche parecchio umili come: il domatore di angurie parlanti in Louisiana, il decoratore di cozze in un fast food punk di Cefalù, il pipistrello gigante in uno zoo di Londra… poi, compreso quale fosse la mia vera vocazione, ho avviato una ditta di pompe funebri, che, pian piano, ha cominciato a decollare…» ed evidenziò la frase con il gesto del palmo aperto della mano imitato, in ciò, dall’arcipiumato che dispiegò, con lo stesso arioso movimento, un’ala.
«A proposito… questo è il periodo delle offerte speciali… le interesserebbe vedere qualche articolo del nostro ricchissimo campionario? Abbiamo una vasta gamma di oggetti pregevoli, anche per clientela intransigente, ho con me, giustaccaso, alcuni dettagliati pieghevoli…»
«No… la prego… per ora non saprei che farmene… ma prosegua…»
«Beh magari più tardi…, insomma, gli affari andavano così a gonfie vele che mi sono ingrandito parecchio, tanto che il medesimo termine solmarty è finito per diventare, in tutto il mondo, sinonimo di feretro di qualità!»
Accorgendosi che le sue parole non suscitavano nessun entusiasmo nell’interlocutore, rincarò:
«Sto parlando di quell’azienda che, nel firmamento delle onoranze mortuarie, ha lanciato il noto slogan:

TU BADA A MORIRE,
A TUTTO IL RESTO PENSIAMO NOI
DELLA SOLMARTIMER & C.

ne avrà sentito senz’altro parlare suppongo…»
«… no davvero…» lo tranquillizzò Julius.
«No???… è sicuro?!? E neppure il gingle:

QUANDO ARRIVI IN PARADISO
ANCHE SE CON UN SORRISO
DIMMI TU CHE FIGURA FAI
SE UNA SOLMARTY NON CE L’HAI

«No neppure quello… continui… non si scoraggi…»
«… oh!…» restò perplesso Solmartimer scambiandosi un’occhiata interrogativa con il suo Melchiorre come per chiedersi in cosa avesse mancato, poi riprendendo il filo del discorso:
«… ecco… ecco… comunque… dov’ero rimasto… ah sì… sono venuto da lei perché desideravo mettere in chiaro la posizione mia e della premiata ditta in relazione alla morte del dr. Primo Fante.»
«… la morte del dr. Primo Fante?» sottolineò il PM sorpreso, squadrando di sbieco l’uomo gufato «le risulta che lo sia? Morto, voglio dire…»
«Appena, appena» fece Solmartimer dondolando le nocche instecchinite davanti al naso del PM (emulato, nel gesto, dall’arcimelchiorre).
«Ehm… capisco!»
«I due deficienti… volevo dire Pinolo e Nunzio, i ragazzi gestori del cimitero di Cocoritos, non hanno nulla a che fare però con questa incresciosa vicenda.»
«Questo spetta a me valutarlo…» sibilò, tra i denti, il Sostituto ripreso coraggio «ma come fa a sapere che mi sto occupando di loro… e soprattutto come fa ad essere così certo che il dr. Fante è scomparso?»
«Sia cortese, non m’interrompa…»
Il gufo, sentendo che la voce del padrone si era alterata, iniziò a saltellare inquieto sul groppone di quello gonfiando il petto e le ali.
«Quei giovani… è vero… si limitano a darmi, bontà loro, un aiuto onde reperire materiale di occasione per la mia attività commerciale…»
«… riciclando casse da morto, mi pare…» suggerì il PM a tradimento.
L’Inscheletrito scoccò a Julius un’occhiata bieca, sorpreso che il PM fosse già a conoscenza di tutto.
«… in ogni caso, questo c’entra poco o c’entra fino ad un certo punto con il dott. Scorreggina» tagliò corto l’uomo lugubre troncando anche qualsivoglia inutile digressione «quello che è importante è che lei sappia…»
«Sìììììì…?» chiese il Magistrato che non tollerava più la suspense.
«Dopo… dopo…» bisbigliò infastidito Solmartimer al rapace che gli stava bisbigliando qualcosa all’orecchio «… è importante che lei sappia… dicevo… che una notte di un paio di settimane fa… a mezzanotte, per essere precisi… qualcuno ha bussato alla portone di casa mia.»
«Ebbene?»
«Ebbene… quando sono andato ad aprire, in mezzo al cortile del casolare… mi ricordo che c’era una vago chiarore… quello della luna piena…»
L’arcigufo, udendo nominare il plenilunio, rovesciando l’enorme testa arruffata all’indietro, abbassò le palpebre e, assumendo un’espressione ispirata, cominciò a intonare, con impegno, alcune lamentose note della famosa canzone ‘Gufi mannari nella notte…’, la migliore del suo ricchissimo repertorio; tra un passaggio e l’altro, di tanto in tanto, occhieggiava il suo padrone per coglierne un cenno di approvazione. Solmartimer, invece, alquanto imbarazzato, dopo qualche indugio, cercò lo sguardo del volatile per incenerirlo. Melchiorre smise subito, ma incominciò a tenere il broncio.
«Bene c’era la luna piena…?» ripeté il PM a mo’ di incoraggiamento.
«… e c’era pure una carriola…»
«Una carriola…?!?»
«… come quelle dei muratori…»
«… come quelle dei muratori… va bene… e allora???»
«Adagiato nella carriola c’era un tizio…»
«Ach! Un tizio!» sbottò Julius.
«Era il dott. Primo Fante.»
Una penna stilografica (di marmo) per la tensione, si fece addosso l’inchiostro.
«Ach!» risbottò Julius abbozzando un sorriso, con la bocca storta verso il basso, segnale inequivocabile di una montante ironia (persino i PM fanno dell’ironia).
«E lei pensa che io mi beva la sua ridicola panzana? La mezzanotte… la luna piena… il morto in carriola… per chi mi ha preso, per il suo gufo?» schernì il PM irritato.
Il pennuto rinnervositosi, iniziò ad arrotare il becco negli artigli della zampa, saltando da una spalla all’altra di Solmartimer ed emettendo un suono cupo e continuo come di un motorino che si stesse scaldando.
«Calma… calma… Melchiorre, dubito che, dopo tutto, sia buono da mangiare…» disse l’uomo all’animale alludendo a Julius; quindi, per non farsi ascoltare dal PM, sussurrò alcune frasi nell’orecchio del rapace, che più volte fece di no con il testone.
Trascorsero alcuni secondi.
«… non vorrei disturbare…» azzardò il PM con una vena di sarcasmo approfittando della pausa per piazzare, per sicurezza, tre pile di codici tra sé e l’uccellaccio grifagno.
«Ma… è per caso pericolosa la sua bestiola…?»
«Solo quando ha fame… e non è mai pericolosa per caso.»
«E da quand’è che non mangia?»
«Dall’altro ieri…»
«Ach… beh…» e inghiottì un grumo di saliva grosso come un bignè «perché non si siede sia lei che il suo simpatico animale… c’è qui una bellissima poltrona giustapposta…?!?» ritornò ad insistere mieloso il Cipollone afferrando un robusto ed affilato tagliacarte (di marmo).
«E’ molto cortese da parte sua, ma stiamo in piedi… comunque le stavo raccontando, prima che mi interrompesse, che in quella maledetta carriola, (pensi pure ciò che vuole) c’era davvero il dott. Fante o meglio un uomo che seppi dopo chiamarsi in tal modo. Ad ogni buon conto, per farla breve… l’uomo era morto. Abbondantemente morto o almeno quanto basta. So quel che dico… è il mio mestiere… e nel momento in cui mi avvicinai a lui, alla carriola, cioè, con dentro l’umano… notai, sotto la luce della luna piena…»
L’arcigufo, alla fatidica parola, subito rigufò passando direttamente alla seconda strofa della canzone precedente, battendo il tempo con una zampa e levando il rostro verso il soffitto per gustarsi la struggente melodia.
«… CHE IN BOCCA…» si mise a gridare Solmartimer per coprire i virtuosismi vocali dell’uccello fattisi assordanti «… CHE IN BOCCA AVEVA UNA BUSTA, DOVE HO TROVATO SOLDI E ISTRUZIONI.»
«ISTRUZIONIII???» urlò altresì Julius per superare i vocalizzi del rapace.
«GIA’!!!» annuì il Funereo assestando una capocciata a Melchiorre che, smettendo immediatamente di gorgheggiare, voltò la schiena a tutti e due «… e mi si richiedeva di procedere alla sepoltura del dottore, senza dar troppa pubblicità al fatto… lei mi intende…, per cui ho ritenuto che Cocoritos fosse il posto perfetto… per la bisogna, non veniva spiegato altro, del resto, nella missiva…»
«… e l’ha fatto seppellire…»
«Certo che l’ho fatto seppellire! Sono un professionista serio (e pratico) io, cosa crede? La somma nella busta era elevata… e inoltre… mi faceva comodo una carriola nuova…» quindi smorzando, un poco, il tono acido aggiunse «… oltre tutto pensavo che fosse deceduto di morte naturale.»
«E cosa le fa ritenere, ora, che non lo fosse…?»
«Semplicemente il fatto che lei se ne sia poi interessato…»
«Non sono il solo però! Immagino che di questo lei ne sia già al corrente» obbiettò il Cipollone ciondolando i baffi da tricheco «infatti, ufficialmente, se ne sta occupando, il dott. de’ Macci (accidenti a lui!).»
«Il dott. Morozzo de’ Macci non costituisce alcun problema… per lui, infatti, sarebbe al momento più facile raggiungere la bara del dr. Fante passando dall’inferno piuttosto che dalla collina! Qualsiasi collegamento tra i ragazzi e il feretro e tra quest’ultimo e la mia organizzazione è infatti praticamente impossibile!»
«… e il foglio delle istruzioni, su cui potrebbero esserci le impronte del suo anonimo cliente, ce l’ha ancora?»
«Purtroppo l’ho lasciato all’interno della cassa!»
«Riesce a comprendere che con la sua avventata condotta ha commesso per lo meno una mezza dozzina di violazioni di legge…? E poi… per quale motivo mi confida tutto ciò…???»
«Perché lei smetta di importunare Pinolo e Nunzio tentando, con leggerezza, di coinvolgerli nella dipartita del dott. Fessacchiotto, sono altri, mi creda, i responsabili diretti o indiretti del fatto…» il gufo, rigiratosi, strofinò il becco sul collo di Solmartimer come per fare pace.
«Cosa vuol dire con questo?» sollecitò Julius sempre più obliquo.
Solmartimer, senza rispondere, guardandosi le scarpe appiattite sul pavimento in travertino fece ondeggiare l’uccellaccio.
Non avendo avuto risposta e disperando dall’averne:
«Mi spieghi almeno la ragione per cui ci tiene tanto a quei giovani?»
L’uomo dalla voce bassa tacque per un attimo, quindi piegò il capo, come per raccogliere i pensieri. Anche Melchiorre, per solidarietà, abbassò e reclinò da un lato la capoccia pennuta come per raccogliere i pensieri dell’amato padrone. Un righello di marmo, entrato in vibrazione, si mosse lentamente in direzione del bordo della scrivania, deciso a farla finita.
Poi si udì un bisbiglio rauco appena avvertibile:
«… perché uno dei giovani, Nunzio… Nunzio Biedermeier, soprannominato dai detrattori ‘O’ Bidè’…»
«… perché Nunzio Biedermeier?» fece eco il Magistrato, che, bloccando il righello al volo, cercava di confortare l’uomo divenuto spettralmente agrodolce.
«… Nunzio Biedermeier… è mio figlio!»
«Ach!»
Melchiorre assentì mesto scrollandosi un po’ di piume di dosso che nel loro volteggiare, in senso antiorario, finirono a terra seguite dallo sguardo di Julius.
«Fu quello un tragico errore di una giovinezza sregolata… mi sentivo molto solo… molto abbandonato… e così, in una notte di luna piena» e a questo punto Solmartimer fu lesto a tappare il becco di Melchiorre con le dite scheletriche «… ebbi una copula con la mamma del Bidè, era così disperata, così nubile… che io… io… ma il deficiente, Nunzio, cioè… ignora… ignora chi sia suo padre, non lo immagina neanche… non ho mai avuto cuore a rivelarglielo… ma ho procurato che trovasse un lavoro in quel cimitero, convincendo i vecchi proprietari a cedermelo; i ragazzi non sanno che sono il loro datore di lavoro… volevo che rimediassero qualche soldo lecitamente… ha avuto una triste infanzia sa il mio figliolo! Questa, però, è una storia ancora più lunga dell’altra e non credo neppure che la interessi…»
Siccome Solmartimer si era già girato come per svignarsela (e diversi oggetti nella stanza, tutti insieme, si erano orientati in direzione dell’uscita per fare altrettanto), Julius tuonò:
«Mi spiace, signor Solmartimer, ma non posso farla andar via; a prescindere dall’inverosimile trama dal film dell’orrore, che mi ha appena raccontato del tipo ‘Dracula il bandito’, mi vedo costretto ad arrestarla!»
«Il film s’intitolava ‘Dracula il vampiro’ e le consiglio spassionatamente di non scherzare mai su queste cose. Se lei solo potesse immaginare quante e quali presenze sono qui con noi adesso, la pianterebbe subito di sogghignare per mettersi piuttosto a urlare di terrore!»
«Bandito o vampiro… è la stessa cosa! Piuttosto ho ragione di ritenere che lei (con la complicità del suo sinistro arcipennuto) sia in qualche maniera implicato nell’omicidio del dott. Fante (e fors’anche dell’inrocciamento non autorizzato di due custodi cimiteriali)» e, così sentenziando, alzò nervoso la cornetta del telefono per avvertire la Polizia giudiziaria.
«Buono, buono…» comandò l’uomo al rapace la cui agitazione si stava facendo oltremodo incontenibile; poi, ritratti i globi oculari fin dentro alle orbite, se ne aggiunse tranquillo:
«Mi accorgo che lei, Mezzaquaglia, non vuole proprio rendersi conto…»
Detto ciò, Solmartimer e Melchiorre, dapprima levitarono un poco mantenendo lo sguardo conficcato in quello del Cipollone, quindi, ridottisi entrambi alle dimensione di una nuvoletta yogurtata mista a vapore giallognolo, s’infilarono, in uno sbuffo repentino, nella toppa della porta, sparendo nel corridoio come risucchiati da una forza sovrannaturale.
Nell’aria ristagnò unicamente un fetido odor di zolfo e l’ultimo respiro fuoriuscito dalla bocca spalancata di Julius.
Un lieve ronzio gli fece capire che il registratore da taschino si era messo finalmente a funzionare.
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<– Si concentri e pedali! –> capitolo sedicesimo
–> Sassi nell’acqua –> capitolo diciottesimo

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