Libero Ascolto – Dietro al racconto

L’idea per il racconto Libero Ascolto mi è venuta notando nella hall del complesso ospedaliero della mia città, il bancone dedicato, appunto, all’ascolto delle persone con disagi vari, psicologi e non (anche se, per quanto riguarda questo specifico servizio, credo si tratti di un’attività meritoria più che altro orientata verso ex ricoverati e parenti).

Comunque, nel momento in cui ci sono passato io era momentaneamente chiuso. Ma tanto è bastato per farmi venire l’idea per questa nuova storia.

Quanto al contenuto del racconto è il frutto della mia predilezione per una certa tematica ricorrente: mi piace sovvertire l’atteso con l’inaspettato, il consueto con l’imprevisto e il reale con l’immaginario plausibile. La frattura data dall’incomprensione, dal travisamento, dall’equivoco è sempre in agguato pronta a scompaginare il quotidiano e i programmi di vita. Ma è anche un modo per sdrammatizzare il nostro vissuto e per drammatizzare il banale.

L’espressione «A chi sta?» pronunciata dalla ragazza al desk è tipicamente toscano. Altrove si direbbe ‘a chi tocca?’, ‘chi c’è per primo?’ e similari.

La frase pronunciata dalla ragazza (‘polizze di successo per persone di successo’… Posso farle una polizza sulla vita, però, se vuole…) suona beffarda alla luce del racconto di Christian che non può ritenersi di certo una persona di successo e che ci potrebbe far ben poco con una polizza-vita avendo intenzioni suicidarie. Dunque il dialogo evidenza l’incongruità della situazione facendo risaltare il fatto che l’uomo ha ottenuto l’opposto di quello che si prefiggeva rivolgendosi al “Libero Ascolto’.

Il testo, dal punto di vista della struttura, impiega una ‘novità’ che ultimamente utilizzo sempre più spesso nella mia scrittura, vale a dire il (semplice) salto di riga. Anziché limitarmi ad andare a capo, quando desidero inserire un salto di linea temporale del racconto, ricorro a questo espediente.

È un modo per rendere visualmente evidente al Lettore che vi è uno stacco nella narrazione, nel senso che quello che segue della storia è separato, nella scansione narrativa, da quanto precede. È come la dissolvenza nel cinema (anche se ora non si usa più perché piuttosto retrò, ma a me piaceva molto, come del resto l’altrettanto desueta “voce fuori campo” alla Billy Wilder, raffigurato qui a sinistra).

La Figmore London Insurance citata nel testo ovviamente non esiste, mentre il racconto, ci tengo a precisarlo a scanso di equivoci, non è autobiografico.

L’immagine che illustra il racconto (qui sopra un particolare) rappresenta la (intensa) scultura dell’artista francese Henri de Miller del 1986, ubicata di fronte alla Chiesa di SaintEustache a Parigi, e si intitola “Écoute” (Ascolta).  Mi sembrava ‘in linea” con il tema del racconto.

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