Lo spunto per il racconto “Kria” nasce dall’aver osservato su un prato a Garður, nella penisola di Reykjanes, nel sudovest dell’Islanda (durante il mio recente viaggio in quel Paese), un cartello ammonitore a non calpestare l’erba che poteva nascondere uova di sterna.
La tour leader, durante la passeggiata sul sentiero lungomare (dove andammo a osservare anche alcune balenottere che si erano spiaggiate) raccomandava di stare attenti a questi uccelli che, per la presenza delle loro uova a terra, potevano attaccare all’improvviso l’uomo con beccate dolorose alla testa.
In moltissimi posti in Islanda (e devo dire che l’ho visitata pressoché tutta) è presente effettivamente il cartello del divieto di utilizzo dei droni (come testimonia la foto in basso). Il divieto dovrebbe nascere (ma mi posso sbagliare) per il fatto che il vento è spesso incessante (e sulla costa è così forte che ammoniscono di fotografare le pulcinelle di mare (puffins) da sdraiati per non finire giù dalla scogliera) sicché il pericolo di ingovernabilità del drone (con il rischio che finisca addosso qualcuno) è molto elevato.
In Islanda ci sono per la verità molti altri cartelli particolari e pittoreschi (come quello del divieto di fare i bisognini all’aperto) forse perché, al di fuori di alcuni centri abitati (come la capitale Reykjavík o le piccole città di Kópavogur, Hafnarfjörður, la splendida Akureyri e Reykjanesbær), il territorio ha una densità della popolazione così bassa (una tra le meno elevate del pianeta) che l’unico modo sicuro per avvisare le persone di passaggio rimane quello di affidarsi alla cartellonistica.
Su questi fatti ho dunque imbastito il racconto che è però, per il resto, di pure fantasia (come, temo, il fatto che un siberian husky desista dall’abbaiarti contro se sente l’odore del grasso di foca).
Nella storia ho fatto fare l’esperienza (bellissima) del viaggio in Islanda a Browser, uno degli Amici di Poggiobrusco, di cui qui di seguito segnalo le pagine ove è possibile saperne di più –> Browser.
Kria (che dà il titolo dal racconto) è il nome islandese della sterna paradisaea (o artic tern, foto di mezzo) eccellente migratore dall’apertura alare di (appena) 80 cm (e dalla lunghezza corporea di 33/35 cm) che ha (appunto) il record della maggior distanza migratoria coperta tra consimili durante tutta la propria esistenza e che (come avvisano altri cartelloni educational disseminati sul territorio) è incredibilmente pari a tre volte la distanza tra la terra e la luna (e ritorno).
La foto in apertura del racconto (in alto, un particolare) è stata scattata da me a Garður e raffigura il famoso faro.
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