Aristodemo – Dietro al racconto

L’idea di scrivere il racconto “Aristodemo” mi è venuta una settimana fa quando, per “festeggiare” il mio compleanno (sicché ora sai che ‘qualcuno’ si è dimenticato di farmi gli auguri…) ho fatto una gita sul lago Trasimeno, alla volta di Tuoro, Castiglione del Lago e Passignano con una puntata sull’Isola Maggiore (più sotto la fotografia di due folaghe, che insieme agli svassi maggiori, popolano il lago).

Al ritorno sono passato dalla splendida Panicale, annoverata trai i borghi più belli d’Italia (–> Panicale) nella cui piazza principale – Piazza Umberto I – è ubicata un’osteria (dove ho intenzione di tornare per una visitina…) che si chiama appunto “Il gallo nel pozzo” (–> Osteria il Gallo nel Pozzo). La denominazione mi è sembrata piuttosto suggestiva e la fantasia ha preso il sopravvento.

Il racconto credo abbia un “je ne sais quoi” dell’Hosseini de “Il cacciatore di aquiloni” (uno splendido libro che senz’altro raccomando di leggere –> Il cacciatore di aquiloni) ma magari è solo una mia impressione.

Il nome Aristodemo dato al gallo dal figlio della coppia è invece una reminiscenza scolastica alludendo infatti ad Aristodemo di Sparta, unico guerriero sopravvissuto alla battaglia delle Termopili (–> Aristodemo di Sparta).

Il futuro del gallo mattoide, destinato sembra a un pranzo di Natale, viene all’improvviso riscattato, come per Aristodemo alle Termopili, dall’azione eroica di salvare Ovidio dalla possibile morte all’interno del pozzo ove era scivolato.

Per quanto, a dirla tutta, i detrattori del gallo (anche i galli hanno i loro detrattori) sostengono invece che abbia voluto avvisare la moglie della disavventura di Ovidio per il fatto che, fino a quando nel pozzo ci sarebbe stato l’uomo, Aristodemo non sarebbe stato più in grado di specchiarsi sulla superficie dell’acqua (perché era in realtà il narcisismo il motivo per il quale il pennuto si sporgeva e non perché vi scorgeva, come pensava Ovidio, un altro minaccioso gallo). Sta di fatto comunque, almeno così si narra, che Aristodemo sia morto di vecchiaia e che, grazie a uno specchio abbandonato nel fienile da Marta, abbia smesso di buttarsi nel pozzo.

Fila, che è il nome del vicino cui Marta si rivolge per tirare fuori Ovidio dal pozzo di Pietrasbecca, è un omaggio all’opera “Gisella” di Carlo Cassola (–> Gisella – e Fila è appunto uno dei personaggi maschili del libro) che sto leggendo in questi giorni e che mi sta avvincendo.

Il “Mercato dei Vivi” di Lughi (cioè il mercato dove si vendono animali vivi) non esiste, ma un tempo questo tipo di mercati erano molto frequenti nell’Italia rurale ante boom economico.

Pietrasbecca (che sta per ‘pietra sbeccata‘, cioè malamente rotta, per alludere alla pietra utilizzata per costruire artigianalmente l’antico pozzo) non esiste.

Il disegno del gallo, in apertura della pagina di pubblicazione del racconto, l’ho scaricato dal sito ricco di immagini Deviant Art (–> Deviant Art) cui vanno i relativi crediti.
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