Pandora

disegno-scheletri

Tutto cominciò con il cane del dott. Merrymore: una femmina di dobermann di due anni, dal passo felpato e dallo sguardo lucido. Sì, lo ricordo bene, iniziò proprio da lei. Mi ricordo anche del cielo: era vuoto perché la luna era nuova e la sua faccia scura si confondeva con la profondità della notte che sembrava averla ingoiata; di solito le stelle la fanno da padrone in nottate così, giusto per acquietare la claustrofobia del buio opprimente. Ma non in quella notte: il buio era assoluto.
Non è di questo però che volevo raccontare. Volevo parlare piuttosto del cane, di Pandora appunto, così si chiamava il dobermann di Merrymore che iniziò ad abbaiare all’improvviso, senza apparente ragione, dapprima sommessamente e poi sempre più forte. Il dottore la squadrò stupito, perché la sua cagnetta non emetteva di solito pressoché alcun suono se non mugolii di piacere quando tuffava il muso focato nella ciotola odorosa o ringhi sordi all’indirizzo di passanti frettolosi al di là della staccionata. Si era messa invece ad abbaiare con determinazione, con note quasi disperate, come se ci fosse qualcuno in casa e volesse mandarlo via. S’infilava inquieta sotto il letto, girava senza pace attorno al tavolo, s’intrufolava nel vano del caminetto. E tutto ciò senza smettere di latrare. Mai. E sia di giorno che di notte. Il dottore si era subito preoccupato, tanto che la mattina seguente la fece vedere; ma il veterinario, dopo le analisi di routine e una visita accurata, diagnosticò solo un non meglio definito ‘stress da luogo confinato’ raccomandando lunghe passeggiate e prescrivendo blandi sedativi. Senza essere in grado tuttavia di spiegare lo strano fenomeno, né ad attenuarlo in alcun modo.
Nel frattempo, di là dalla strada, aveva iniziato ad abbaiare anche King, un alano di sette anni che svegliò tutto il vicinato per il suo ringhio potente e perché la sua cuccia si trovava proprio sotto il portico della villetta che ne amplificava il suono. Dapprima si pensò abbaiasse per simpatia, per rispondere a Pandora, ma poi, visto che non smetteva, si credette a un qualche misterioso virus. Le rispettive famiglie non riuscivano più a dormire e, quel che c’era di peggio, i vicini si stavano infuriando.
Si sarebbe insomma messa male se non fosse stato che, via via, tutti i cani del quartiere e poi di più rioni e poi del paese intero iniziarono ad abbaiare, anche loro, in modo forsennato. Tutti insieme, voglio dire, senza mai fare una pausa neppure per il pasto. La situazione si era fatta preoccupante tanto che ne parlarono i giornali nazionali e anche la tv. Sì sì, pure la tv.
Poi, tre giorni dopo, esattamente alla stessa ora in cui Pandora aveva iniziato ad abbaiare la prima volta, tutti i cani smisero allo stesso preciso istante. Tutti, ancora una volta. Il silenzio che subentrò fu così violento e inaspettato che la gente scese in strada come avrebbe fatto se si fosse verificato un terremoto. Si guardavano l’un l’altro increduli, le orecchie doloranti, senza aver voglia di parlare. Si godevano quel silenzio denso, un fruscio di seta nella notte placida e tranquilla di mezza estate. Ma la pace durò poco. D’un tratto i cani, ubbidendo a un unico invisibile comando, uscirono dalle loro case. C’è chi spezzò la catena, chi mandò in frantumi i vetri di una finestra, chi lasciò il piede del proprio padrone scattando in avanti come una rana che sfuggisse a un incendio. Si diressero, quasi un sol gruppo, a sud della città, correndo come impazziti.
«Stanno scappando…» commentò un tipo sbalordito per quel comportamento.
«Forse inseguono una lepre» fece un altro.
«No» disse il prete stringendo a sé il crocifisso che gli pendeva opaco dal collo. «Si stanno dirigendo verso il cimitero. Che Dio ci assista.»
Ma i cani superarono al galoppo il cimitero locale dirigendosi in un campo abbandonato al limitare del bosco. Si misero a scavare e a scavare, facendo volare tutt’attorno spruzzi di terriccio e ciuffi di sterpaglia; fino a quando non biancheggiarono dal fondo delle buche cumuli d’ossa e di scheletri avviluppati l’uno all’altro: era una fossa comune, come si capì subito, risalente alla seconda guerra mondiale; la gente del paese l’aveva cercata invano per anni per averne sentito parlare e perché molti vi avevano perduto parenti e amici; ma al tempo dell’eccidio i sopravvissuti erano sfollati in fretta e in massa, perdendone poi la memoria. Chi l’avrebbe mai detto. Ritrovarla in quel modo! Tuttavia ricordo che ciò che più impressionò i testimoni di quella scena dal sapore ancestrale fu l’osservare distintamente, man mano che le buche diventavano profonde, dei guizzi viola e azzurri risalire rapidi dalla terra gonfia e arrampicarsi come fiamme sfilacciate verso il cielo. Una pioggia di luce a rovescio, insomma, che si ricongiungeva con l’infinito per ritrovare una pace perduta e un equilibrio per lungo tempo reso impossibile. Non era uno spettacolo che incuteva paura od orrore. No, no davvero. Semmai serenità e armonia. Come fosse naturale che tutte quelle anime fossero finalmente libere.
«E Pandora?» si chiese il dott. Merrymore osservando il rovistare ipnotico dei cani tra la terra. «Non vedo Pandora, dove si è cacciata?»
«È nel giardino del giudice Maxwell» gli rispose di rimando lo sceriffo, che gli era accanto, senza distogliere lo sguardo dagli scheletri che affioravano dal campo. «Mi hanno appena comunicato via radio, in questa notte stramba, che il tuo cane ha scavato lì anziché in questo posto.» Il profilo interrogativo di Merrymore si intravedeva appena nel primo bagliore del quarto di luna. «E non è tutto: ha appena dissotterrato il corpo della moglie del giudice. Sì, proprio quella che secondo Maxwell se n’era andata, giusto dieci anni fa, con un altro.»

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Il racconto creepypasta ‘Pandora’ è stato pubblicato, in via esclusiva, per la prima volta il 1° settembre 2014 all’interno della rubrica “Quel Post In Cantina” sul blog:

–> L’uomo di Mezzanotte

blog di recensioni, curiosità e notizie sul mondo dei cortometraggi horror e dove puoi leggere gli altri commenti.
Altri commenti li puoi leggere anche su questo stesso Blog nel:

–> post del 6 settembre 2014.

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–> Una musica divina

43 pensieri su “Pandora

      • Ogni volta che passo in qualche blog lo dico se non trovo nulla. E non ricordavo più se te ne avevo parlato. Magari a volte mi avranno presa per inopportuna, ma non so far finta di nulla, viste le probabili multe salate. Mi dispiacerebbe. Alla prossima! E cercherò di ricordarmi di avertelo già detto… 😀

  1. Mi piace il tuo scrivere. Simpatico il tuo blog e grazie per aver visitato il mio sugli euro. Non l’ho fatto subito perché non capivo come fare ( sono nuova del mondo delle comunicazioni online) AUGURI PER TUTTO, CI RISENTIREMO

  2. Ciao, appena arrivata sul tuo blog mi sono ritrovata a leggere questo racconto. Hai creato un’atmosfera interessante, mi è piaciuto molto, complimenti. 🙂

  3. Ti dico volentieri la mia in briciole, in frammenti, in marginalia, in scaglie di parmigiano. Sono anch’io convinto (come sembri esserlo tu) che gli animali (i “fratelli animali” come li chiama Lucio Dalla nella sua “Henna”) siano portatori di una antica enigmatica saggezza, o quanto meno siano in quell’equilibrio con la Madre Terra che all’Homo Insipiens è ormai precluso da millenni.

    L’uomo li tratta con sdrucciola sufficienza come riserve di cibo, di lavoro, di compagnia. Come risorse passive e quasi inanimate.

    Sottilmente, però, l’uomo ha paura di quella “mente di gruppo” che gli animali hanno ancora e lui ha drammaticamente perso.

    I cani, in particolare, sono servitori fedeli e devoti ma nel profondo vivono ancora in un megabranco planetario che è alimentato dalla premessa epistemologica “Fidiamoci degli uomini ma non dimentichiamo le nostre radici”.

    Spesso bistrattati e usati come parametro negativo (l’espressione “come un cane” è indicativa di ogni sorta di nefandezza) sono superiori, non si offendono e tirano dritto.

    Ti saluto con una vecchia canzone di Antonello Venditti http://m.youtube.com/watch?v=J3B1DcXbSms
    che metaforicamente accomuna la sorte di un cane e di un umano innamorato nelle mani di una “stupida signora” che secondo me abbandonerà il barboncino e il giovane amante in un autogrill senza cassiere con sorriso da pubblicità di gucciniana memoria. Però si terranno compagnia.

    • Non puoi che trovarmi d’accordo. Citazioni comprese.
      Anche se la ‘mente’ che più mi affascina è quella del ‘gatto’ in cui credo di essermi reincarnato in una delle mie precedenti vite 😀

  4. Già…i “nostri” amici animali d’affezione ne sanno sempre più di noi…ma non solo loro, tutte le specie viventi non umane terrestri.

    Il paragone è d’obbligo in una società specista in cui solo l’uomo è capace di simili atrocità.

    Il saggio racconto è coraggioso…ma io se fossi in te…rivedrei il contesto in un più ampio risvolto sociale umano.

    Niente di personale…la tua vena poetica c’è.

    Ma io, nel mio piccolo non sono bravo con i complimemti.
    I’m sorry!

  5. Questo è uno dei migliori racconti che abbia scritto.
    Io che sono più terra terra, invece di Saramago ho ricordato i racconti brevi di Stephen King.
    Comunque sia, gran bel racconto.

  6. Dare della cagnetta a una dobermannina non da proprio l’idea. Mio figlio è stato cresciuto da una coppia di dobermann la loro intelligenza e la loro docilità sono solo pari alla cattiva nomea che purtroppo ne hanno fatta.
    La ipersensibilità alla morte degli animali e e il ‘magico’ del tuo racconto mi hanno molto interessata.

    sherabuonanottepbuongiorno

    • A parte che Pandora è molto giovane, sicché il diminutivo tendeva a sottolineare proprio questo profilo, avrei dovuto scrivere, in alternativa, che era una ‘giovane cagna’, ma non mi è mai piaciuto usare quest’ultimo termine, seppur corretto.
      ‘Cagnetta’ non mi sembra comunque abbia di per sé necessariamente una valenza dequalificante.
      Sì, c’è molto credito verso gli animali in questa storia. Sono convinto che loro sentano e vedano cose che noi possiamo solo immaginare.
      Grazie come sempre del tuo passaggio,

      • caro amico la mia era una sottolineatura legata al mio ricordo della razza in se nn certo un rimprovero. ..cucciolotta?
        e cmq il mio intervento nulla leva al tuo racconto.
        buongiorno.
        sherazade

        • Francamente non l’ho presa come un rimprovero. Non ce ne sarebbe stato il motivo, né avrebbe un senso lo fosse stato.
          Anche se non abbiamo un ‘idem sentire’ le tue osservazioni sono sempre puntuali e stimolanti. Per questo cerco sempre di darti una risposta. Desideravo invece solo chiarire e chiarirmi le ragioni della scelta di un termine anziché di un altro, scelta per la quale ho un’attenzione quasi maniacale.
          (Grazie per il caro amico).

  7. In che modo i cani hanno individuato fosse comuni e corpi sepolti un po’ ovunque? Semplicemente partendo da Pandora che ha chiamato a raccolta gli altri cani chiedendo loro di mettere in comune le proprie conoscenze.
    Sempre originali sono i tuoi post che fanno riflettere per cogliere il sottile senso della storia.

    • E’ esattamente come l’hai interpretata tu.
      La notte ‘particolare’ ha chiamato a raccolta i cani, gli animali più vicini agli uomini, per far sapere a questi ultimi dove erano sepolti i loro cari. Senza l’aiuto degli animali le anime delle fosse comuni sarebbero rimaste per sempre imprigionate dalla terra. E invece, la notte, la luna ingoiata dal buio, l’intero universo, per una sorta di giustizia compensativa, lo ha rivelato a Pandora che ha chiamato a raccolta gli altri cani. Così la ricerca (tutta la ricerca, anche quella nel giardino del giudice, che si è rivelata essere un effetto collaterale) ha potuto avere inizio.
      Sempre arguto e attento. Grazie.

  8. Bello…un finale inimmaginabile…dopo aver letto il finale ho ripreso da capo e ho capito tutto…eh si l’intuito del cane ha fatto centro…ma occorrerà un buon intuito per capire come il corpo della scomparsa è stato seppellito in quel posto e perché…ci vorrebbe un altro brano sul giorno prima della scomparsa …sarebbe interessante. Mi chiedo se saranno contenti della scoperta il marito o l’altro…magari si troveranno insieme a portare i fiori sulla tomba…sarebbe bello anche un brano narrante un loro incontro…
    ciao

  9. La prima parte mi ha rimandato a Cecità di Saramago, forse non c’entra niente ma è interessante notare come le impressioni profonde di alcuni libri restano nella mente e come “L’ululare dei cani” con facilità le ritrova e riporta in superficie. Sì, questo racconto lo interpreto così! Grazie!

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