Nessun blog è un’isola

A volte mi capita, dopo aver lasciato un like su un post (ma, lo confesso, a volte è di incoraggiamento) che il gestore del blog mi contatti via mail per ringraziarmi e chiedermi (inevitabilmente) come sono arrivato sul suo sito. Di solito accade con blog a bassa frequenza di visitatori o per blog appena aperti (si deve pur cominciare: ci siamo passati tutti).

A ben pensarci la domanda è piuttosto curiosa (oltre che ingenua) perché è come se il gestore pensasse di essere un’isola nel bel mezzo dell’oceano e che per arrivare alle sua pagina (del cui contenuto non è evidentemente troppo convinto) occorressero ore di connessione, passaggi tortuosi e difficoltà indicibili. Ovviamente così non è.

Il blog, in quanto tale, soprattutto se si trova su una piattaforma professionale e ottimizzata per i robot dei motori di ricerca, ha una sua frequenza costante anche se, per avventura, non venisse aggiornato da anni. Il visitatore può arrivare cioè su quel determinato sito per interesse, ma anche per errore, fuorviato da una ricerca impostata male o seguendo un particolare tag o un’immagine archiviata dal relativo motore di ricerca. Inoltre c’è tutto il traffico sotterraneo generato dallo spam, i cui commenti sono magari bloccati dai filtri della piattaforma, ma il cui passaggio lascia tuttavia traccia sulle statistiche del sito.

Il blog, in altre parole, ha un suo seguito di visite ‘da galleggiamento’, generate però dall’interconnessione in sé, sempre più complicata ed affollata della grande rete, anziché che da quel particolare sito. Se il blog esiste, esistono anche i suoi relativi contatti minimi, di default, che certamente possono variare di numero, ma non sono quasi mai pari a zero.

Mi viene in mente, a questo proposito, la metafora del motore acceso al minimo di giri quando la vettura è parcheggiata lato marciapiede. Il motore è in funzione, ma la macchina è ferma. La vettura occupa ugualmente un suo autonomo spazio, ha una sua targa identificabile e distinta da tutte le altre nella rete e soprattutto, per il fatto di essere lì, crea un’aggregazione minima di interesse (dal ragazzino che mette dietro il tergicristallo il volantino dello Speedy Pizza, al vigile urbano che ha notato che ti sei fermato sulle strisce pedonali).

La difficoltà risiede piuttosto nel formare contenuti validi e interessanti, nell’ingenerare nuovi e consapevoli accessi, nel provocare consenso e aggregazione, nello scalare le posizioni SEO; in altre parole, nell’abbandonare con la vettura il bordo marciapiede e buttarsi nel traffico vero e proprio del web. Ma a quel punto l’ultima cosa che verrà in mente è domandare via mail, a ogni nostro nuovo contatto, perché mai si è capitati sul nostro blog.
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