Verso i mari del sud

La prima persona che se ne accorse fu una signora inglese trasferitasi nel nostro Paese qualche temo fa assieme al suo nuovo marito.
«Tesoro caro…» fece lei impassibile guardando dalla finestra «…ti sembrerà forse bizzarro, ma abbiamo perduto il balcone.»
Il marito si accostò alla donna certo di aver capito male, per poi rimanere a bocca spalancata nell’osservare che effettivamente il balcone che dava a sud, con tanto di gerani, di graticcio per la rosa rampicante e l’armadio per le scope, non c’era più.
«Possibile che siamo stati così distratti» domandò lei inarcando le sottili sopracciglia «da averlo dimenticato da qualche parte?»
Come si apprese più tardi, quello non fu però un episodio isolato. Circa una mezz’ora dopo, in pieno centro, ad un bambino a tutti noto come ‘Testadipuzzola’, capitò che, senza curarsi della presenza del terrazzo, data in verità per scontata, aveva aperto la porta finestra per catapultarsi fuori con la sua solita irruenza, finendo però con il rimanere, penzoloni nel vuoto, con la sola mano attaccata alla maniglia, avendo scoperto in ritardo che il balcone era sparito. Appena si riprese dallo spavento, si mise a piangere disperato, non tanto per il fatto che il terrazzo non ci fosse più (non c’era precisamente tutto questo attaccamento affettivo) quanto piuttosto perché si era volatilizzata anche la sua adorata bicicletta.
Da quel momento le lamentele per i balconi scomparsi si moltiplicarono a dismisura. Tanto che furono informate le autorità, interrogati i tuttologi e sentita la signora Beppa, che sa sempre tutto, senza che nessuno fosse in grado di dare una spiegazione allo strano fenomeno. Vani furono i tentativi della gente per impedire l’esodo dei balconi che continuava giorno dopo giorno senza sosta. Ci fu chi li legò con funi e catene, chi ancorò la struttura con puntelli e ganci. Ma quando veniva l’ora, non c’era impedimento che tenesse: il terrazzo sradicava con facilità ogni bullone, palo o legaccio, più o meno stretto che fosse, e subito se ne fuggiva come se dovesse seguire un istinto ancestrale o un destino indomabile.
Qualche settimana più tardi, verso l’imbrunire, un signore con un largo cappello di paglia (che si mormora non si tolga mai) aveva appena comprato il giornale nella piazza principale del borgo, quando vide in lontananza, contro la luce rossastra del tramonto, un gruppo di balconi che stava spostandosi verso sud in formazione. Al comando si poteva distinguere il monumentale terrazzo di una villa principesca con il basamento in pietra artisticamente decorata, seguito a schiera da due ali di balconi, poggioli, terrazzini e ballatoi che volavano leggeri come fossero privi di materialità.
«Guardate là! Ecco dove vanno a finire… volano a sud» esclamò a voce alta l’uomo additando, incredulo, l’avvistamento.
«È un sortilegio!» sentenziò una donna agitando la borsa della spesa come volesse tirarla.
«È un pessimo presagio!» concluse un cameriere che, senza guardare cosa stesse facendo, aveva appena posato una coppetta piena di noccioline sulla testa di un cliente.
«È una bella fregatura!» commentò invece ‘Testadipuzzola’ pensando alla sua bicicletta.
«Forse è la fine del mondo…» se ne uscì il parroco del paese giungendo le mani a mo’ di preghiera, più per abitudine che per personale convinzione.
«Io so invece perché se ne stanno andando» esordì a sorpresa un uomo dai capelli brizzolati uscendo dalla sua vettura ferma per l’ingorgo, che si era venuto a creare. Tutti si voltarono per ascoltare lo sconosciuto. «Si stanno dirigendo vero i mari del sud…» proseguì l’uomo sentendosi incoraggiato dal fatto di trovarsi al centro dell’attenzione «…in quanto sono stanchi di essere trascurati.»
«Non dirà mica sul serio, vero?» rimbrottò severo un uomo anziano vibrando il bastone all’indirizzo del suo interlocutore.
«Certo che dico sul serio. Nelle case di oggi ci si cura di abbellire e pulire le stanze, di comprare mobili e suppellettili, quadri e ninnoli, ma non c’è più nessuno che si occupi dei balconi. La gente, soprattutto d’inverno, si riunisce al caldo attorno alla tv e si dimentica dei terrazzi là fuori, che rimangono da soli per mesi senza che nessuno badi più a loro. È per questo motivo che i balconi si sono sentiti abbandonati e, dopo lunga e sofferta riflessione, hanno deciso di andarsene per stare insieme altrove; e, visto che c’erano, hanno pure pensato che, tutto sommato, era meglio andarsene al caldo. Presto accadrà, vedrete, se insisteremo nella nostra indifferenza, anche ad altre parti della casa, come ai comignoli, alle tegole ed agli abbaini.»
La gente si guardò a vicenda chi in modo scettico, chi con un vago senso di colpa.
«E lei come fa a sapere tutto questo?» chiese con aria indagatrice un venditore di trippa grattandosi la testa con il forchettone.
«Perché a me è capitata la stessa cosa proprio l’anno scorso di questi tempi. Prima, quando ho scoperto la dipartita del mio terrazzo, ci sono rimasto malissimo, ma poi ci ho riflettuto su e ho quindi deciso di gettar via la televisione, tra le proteste dei miei figli e i mugugni della moglie. Abbiamo cominciato così a parlare tra noi del terrazzo, di quanto fosse importante per il resto della casa e per l’armonia estetica del caseggiato. Abbiamo anche acquistato una nuova cera profumata per le piastrelle esterne e una ringhiera nuova di zecca in ferro battuto.»
«E poi cosa è successo?» domandò un vigile urbano che aveva smesso di fare la multa.
«È accaduto che a primavera è tornato il mio balcone. E non era più solo. Aveva con sé un balconcino molto grazioso che si è piazzato subito sotto la finestra della cucina dov’è si trova ancora adesso. Insomma mi hanno raccontato tutto e abbiamo fatto pace.»
Seguì un ‘oooohhh’ di tutti i presenti che sorrisero per la tenerezza dell’immagine che si era venuta a creare nella loro mente.
E lo sconosciuto aveva appena abbandonato la piazza del paese, diretto chissà dove, che, nel vuoto lasciato dai terrazzi, cominciarono a piovere da ogni parte in strada televisori di tutti i tipi e dimensioni. La lotta per la riconquista dei balconi era appena iniziata.

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