Maredirugiada

Tessa e Banco si accasciarono sul tappeto. Sembrava loro impossibile essere ancora interi. «Se è un incubo non lo voglio più rifare» sbottò Banco mettendosi le mani sul viso. «Da questa parte, prego…» fece IT, che comparve sulla soglia della porta. Il pagliaccio si stava sporgendo dalla stanza attigua alla loro, ubicata dalla parte opposta a quella da cui erano entrati. I ragazzi lo squadrarono con rancore. Quindi si alzarono dal tappeto e andarono in silenzio verso il pagliaccio, che aveva un’aria imperturbabile come se i suoi due ospiti avessero appena finito di fare un giro in giostra. Banco era scalzo, con una sola scarpa in mano, l’altra era sparita. Era spettinato, pallido. La sorella aveva ancora gli occhi stralunati e faceva fatica a respirare. IT li attese sulla soglia e poi si scostò da un lato aprendo ancor di più la porta in legno decorata a mano. I gemelli entrarono guardinghi, uno dopo l’altro: temevano qualche altro scherzo. «Vieni, vieni avanti Banco…» fece Nora con un largo gesto della mano. I suoi occhialini ballarono dalla contentezza sul suo naso affilato. «Cosa fate lì impalati?» Anche questa stanza era grande e ricca di oggetti e mobili e sembrava ancora più antica. I due gemelli si addentrarono per andarle incontro. «Ma che piacere vederti di persona…» se ne uscì Nora, che sembrava sincera «sei venuto in compagnia, vedo…» Era seduta ad una scrivania in noce intarsiato con il piano in cristallo. Accanto a lei, in piedi, c’era Franz, avvolto da una perenne nuvola densa di fumo di sigaro. «Inverosimile, inaccettabile, insopportabile: si era detto una persona sola…» se ne uscì l’uomo in tono acido aspirando avidamente il sigaro monumentale «…e non un ragazzo e la sua mocciosa!» Tessa, che non le mandava a dire a nessuno e che era oramai a ridosso dell’uomo, gli assestò un violento calcio negli stinchi. «Io mi chiamo Tessa e non sono la mocciosa di nessuno!» Franz si piegò in due dal dolore. Il sigaro gli rotolò lontano. «È mia sorella!» chiarì Banco, abbozzando un sorrisetto con l’aria di volersi scusare. «Ha insistito per poter venire anche lei. Spero non sia un problema». «Hai fatto benissimo!» disse Nora conciliante «più siamo e meglio è…» «Sì, sì… meglio è» fece eco Franz con voce strozzata alzandosi il pantalone per massaggiarsi la parte dolorante. «Come mai avete i vestiti strappati?» chiese Nora che, nel frattempo, aveva fatto accomodare i gemelli al di là del tavolo su due sedie che dovevano essere pezzi di antiquariato. «Poco fa abbiamo fatto un incontro insolito in biblioteca, mentre aspettavamo di essere ricevuti…» sibilò Tessa velenosa. Nora, che sembrava aver capito, si girò verso Franz, con un’espressione cupa in volto: «Non gli avrai mica fatto lo scherzetto dello smilodon, vero? Brutto svitato che non sei altro…» «Ma cara…» piagnucolò Franz che aveva ripreso la posizione eretta. «Una prova di ammissione dovevamo pur farla per sapere se il ragazzo era adatto. Mica possiamo arruolare chiunque». La donna fece una smorfia di compassione. «Scusatelo!» disse mielosa «a volte mio marito si fa prendere dal troppo zelo!» Tessa guardò fisso Franz strizzando gli occhi come avesse voluto prenderlo di nuovo a calci. Franz istintivamente indietreggiò. «Comunque, miei cari ragazzi» gorgheggiò Nora unendo i palmi delle mani come in preghiera «avete brillantemente superato l’esame. Per cui non posso che complimentarmi con voi. E un caldo benvenuto anche a te, mia cara Tessa. Siete entrambi bravi ed affiatati. Mi aspetto davvero grandi cose da voi». «Ma cosa succede se qualcuno non preme in tempo il tasto reset?» tagliò corto Banco che, ancora un po’ rintronato, agitava davanti a sé la scarpa. «Beh sì, effettivamente ci sono stati in passato degli aspiranti operatori che non ce l’hanno fatta…» disse con semplicità Franz come se stesse comunicando che non poteva servire il gelato perché si era sciolto nel frigo «diciamo che, dopo, abbiamo fatto un po’ di fatica a ricucire tutti… ehmm… i pezzi». «Ma è davvero vostra quella bestiaccia?» insistette Banco che non voleva cambiare discorso. «A dire il vero, quando siamo arrivati in questa Immagine, abbiamo trovato il cucciolone nascosto in un armadio, qui in questo stesso palazzo» spiegò l’uomo che sembrava parlasse del micetto di casa. «Sulle prime era piuttosto esuberante ma poi, sai come vanno queste cose…, con il tempo ci siamo affezionati e l’abbiamo tenuto». «Guarda che questi qui sono tutti matti!» mormorò Tessa in direzione del fratello. «Comunque non è stato il vostro caso» disse trionfale Nora «e farete onore alla Compagnia, me lo sento!». «Veramente io…» si schermì Banco agitandosi sulla sedia «sono venuto per dirvi che, tutto sommato, vorrei rinunciare a questa cosa…» «Ma cosa dici, mio caro Banco…?!?» fece la donna alzandosi e andando ad abbracciarlo dopo averlo tirato su di peso dalla sedia. Franz, facendo il giro dall’altra parte del tavolo, voleva fare altrettanto con Tessa, ma lei lo gelò con un: «Non ci provare nemmeno!» «Non ci puoi fare questo!» gracchiò la donna spostandosi gli occhialini sul naso «ho già parlato di te con gli altri Soci e sono entusiasti del fatto che un giovane, con tanta energia ed intelligenza come te, possa mettersi al servizio della nostra causa…» Banco non sapeva cosa rispondere: era imbarazzato. «A proposito, chi sono quegli invasati in maschera che ballano e danzano di là?» sparò Tessa senza tanti complimenti. «Sono i Soci della Compagnia, caspitaperdincibacco!» fece gioviale Franz, sottolineando l’ovvietà di quella frase con l’emettere anelli concentrici di fumo grazie al sigaro recuperato sotto il tavolo. «Sono i nostri Soci sotto copertura» precisò Nora che aveva ripreso il suo posto alla scrivania. «Il Malvagio è sempre in agguato. Per cui abbiamo organizzato in questa villa sontuosa quella che solo in apparenza è una festa in maschera, mentre in realtà è una vera e propria riunione al massimo livello tra tutti i Capi Settore». «Non l’avrei mai detto!» commentò Tessa incredula. «In fatto di sicurezza, stiamo molto attenti» seguitò Nora, che aveva ripreso a giocare con i polpastrelli delle due mani avvicinandoli e scostandoli. «In realtà, poi, questa casa, come forse non sapete ancora, non esiste neppure fisicamente… Noi tutti ci troviamo in una Immagine digitale creata dal Gator. Certo tutto quello che vedi sembra reale, ma invece è un’Immagine internamente solida, ma esternamente invisibile. Si trova praticamente nel Nulla». «Praticamente…» fece eco Franz, più evaporato del solito. «È un’Immagine vecchissima del Gator» proseguì la Gran Rettrice mordendosi appena le labbra sottili «che il navigatore stesso aveva abbandonato in un suo Archivio remoto ed è per questo che noi riteniamo a buon diritto che, tra le miliardi di Immagini che i Gator sparsi nel mondo hanno creato, questa sarebbe davvero l’ultima dove la Banda dei Malvagi verrebbe a cercarci! E anche se lo facesse vedrebbero due perfetti padroni di casa che hanno dato una festa a tema. Nulla di più». «A me sembra che siano tutti un po’ fuori di testa» si sfogò ancora Tessa con il fratello. «Torniamocene a casa! Abbiamo già perso fin troppo tempo qui». E si alzò invitando Banco a fare altrettanto. «Aspettate, aspettate!» trillò Nora in falsetto e balzando in piedi «ma quanta fretta! Vogliamo discutere allora della vostra sicurezza?» «Sicurezza? Di cosa sta parlando, esattamente, Banco?» chiese Tessa alzando un sopracciglio indagatore. «Sto parlando dell’aiuto che potremmo darvi» fece rassicurante la Rettrice, anticipando un Banco impacciato «nel caso che gli emissari del Malvagio cercassero ancora di voi…». «Il Malvagio? Emissari? Cos’è? Un film dell’orrore?» se ne uscì ironica la ragazza. «Veramente non ho avuto ancora modo di raccontarti tutto, Tessa…» fece Banco schermendosi «ci sono state delle complicazioni… però devi ammettere che ti avevo scongiurato di starne alla larga!» «Ma tua sorella non sarebbe stata comunque al sicuro!» proruppe Nora, certa ormai di poter fare breccia nella giovane mente di Banco. «Eh no, no, no…» fece eco Franz come un grosso pappagallo paffuto. «Non sarebbe stata affatto al sicuro!» «Pensaci! Se voi accettate, noi potremmo invece lasciarvi in cambio, come già ti ho detto, il Gator, per ogni evenienza, così potreste rifugiarvi in questa Immagine, che è un posto assolutamente sicuro, oppure in altre locazioni che abbiamo opportunamente predisposto per le situazioni a rischio e di cui vi darò tutti i particolari». «Assolutamente…opportunamente…» ribadì Franz dondolando sulle punte dei piedi. «E potrete venirci con chiunque vogliate… anche i vostri genitori per esempio» continuò conciliante la donna. «Fuori dalla Realtà, in questo mondo alternativo, tuo padre e tua madre starebbero senz’altro meglio di salute! Usando sempre lo stesso dispositivo di comunicazione, inoltre, potrai chiamarci in modo che si possa intervenire in forze qualora foste in difficoltà. D’ora in avanti dovete sentirvi parte della grande famiglia CIA: non sarete più soli». Il tono adesso era trionfante. Pareva che Nora e Franz si aspettassero gli applausi. Banco guardò invece la sorella che fece una smorfia come per far capire al fratello che quella frase da piazzisti non le era piaciuta affatto. Ma Banco, rivolgendosi ai due Gran Rettori, sospirò, senza troppo pensarci, un flebile ‘va bene’. Avere alle costole il Bigio ed il Polacco, non lo faceva più sentire tranquillo, soprattutto ora che c’erano di mezzo anche la sorella e i genitori: il poter contare su di un po’ di protezione, non poteva poi essere tanto male. Banco non aveva fatto in tempo a pronunciare le sue parole di ammissione che subito Franz gli aveva messo sotto il naso un foglio da firmare. «Ma non ho la penna!» osservò lui in un estremo tentativo di sottrarsi all’incarico. «Non c’è bisogno di firmare» gongolò l’uomo «è carta speciale. Basta posarci il pollice nell’apposito spazio… vedi lì, ecco, come per lasciarci l’impronta e il documento si autocompila con tutti i tuoi dati». Il ragazzo ubbidì. Premette con il pollice là dove avrebbe dovuto mettere la firma e un po’ dappertutto, sul foglio, comparvero le sue generalità, il suo indirizzo, il codice fiscale e il codice dell’assistenza sanitaria. «Perbacco, che organizzazione!» «Vero?» fece soddisfatto Franz. Poi l’uomo si girò verso Tessa come per far firmare anche a lei. «Non ci pensi neppure!» fu la risposta secca della gemella. «Va bene» si mostrò conciliante l’uomo «l’importante è che almeno uno di voi due abbia assunto formalmente l’impegno». Banco, a quel punto, rabbuiandosi, si sfogò: «ma io…non so neppure da dove cominciare… datemi un indizio, un riferimento, una traccia dove posso scovare il Malvagio e la sua Banda». «Noi abbiamo molta fiducia in te» s’intromise Franz rubando la parola a Nora «ci siamo resi conto che siete in gamba… forse ho un po’ esagerato con lo smilodon, non lo nascondo, ma valeva la pena vedervi all’opera: prontezza di riflessi, rapidità di decisione, sangue freddo. Non si potrebbe richiedere di più da un operatore CIA!» «Ma di che sta blaterando?» chiese sottovoce Tessa al fratello. «Per quanto poi riguarda l’indizio che mi chiedi, caro figliolo,» proseguì il Rettore «l’unico che abbiamo ce lo hai dato tu stesso riferendoci della morte di Pellediluna che a noi ancora non risultava: potresti cominciare di lì». «Quanto invece a cosa stia combinando esattamente il Malvagio e dove esso sia, ci risulta del tutto sconosciuto» spiegò Nora stropicciandosi un orecchio in modo garbato e distratto. «D’accordo. Ma Pellediluna vi avrà pur relazionato su qualcosa da cui io possa ripartire». «Nell’ultimo suo rapporto» continuò Franz «la nostra operatrice ci ha riferito che stava per contattare un esterno che sapeva dove poter rintracciare il Malvagio, che era al corrente cioè dove poteva trovarsi il suo nascondiglio». «Un esterno?» chiese Tessa «Sì, un informatore, un libero collaboratore esterno alla Compagnia». «E chi è questo tizio? Come si chiama? Dove posso rintracciarlo?» domandò a raffica Banco. «Purtroppo Pellediluna è stata assassinata prima di poter completare l’indagine o prima di potercelo comunicare». «È difficile ricavare qualcosa da questi pochi elementi…» sbottò sconsolato Banco. «Il resto lo dovrete scoprire voi. Bene, questo è tutto» tagliò corto l’uomo. «Ah, dimenticavo! Per conservare l’incognito occorrerà ovviamente usare un nome in codice» blaterò meditabondo Franz «e come nickname, Banco va benissimo, complimenti, ottima scelta!» «Veramente Banco sarebbe il mio nome vero…» obbiettò il ragazzo «è un po’ bizzarro, lo so, ma mi han dato questo». «Ah…» fece lui preso contropiede. «E come vorresti chiamarti, allora?» «Non saprei… ma io direi che Banco va bene ugualmente, potrei tenerlo se per voi è lo stesso!» «Va benissimo, complimenti, ottima scelta!» sbottò Franz stringendo la mano al ragazzo. «E tu» rivolto alla ragazza «ti chiamerai invece Maredirugiada. Mi sembra perfetto per te!» «Ma è orribile come nome…» protestò Tessa «non lo voglio assolutamente! Cambiatemelo!» «Sono contento che ti piaccia» le disse compiaciuto Franz, tastandosi soddisfatto il panciotto. Poi, dopo aver premuto un bottone sul bordo della scrivania, l’uomo cominciò a spingere i ragazzi verso la porta. «Mi raccomando, teneteci sempre informati di ogni progresso» vociò tutto contento. Erano appena arrivati nei pressi della porta che subito la videro aprirsi: era IT, con la scarpa di Banco in mano, recuperata dallo smilodon. Poi Nora aggiunse: «Prima di andarvene, fate pure un giro per la Sede, confondetevi con gli ospiti, fate conoscenza, bevete qualcosa…Gli Altri sanno già della vostra presenza. Vi presenterei io, ma rischierebbe di essere troppo formale e darei nell’occhio: è meglio che lo facciate voi stessi, con discrezione, come fosse una cosa spontanea. Sapete, è per motivi di sicurezza». Poi rivolgendosi al clown: «Ci pensi allora tu a portare i nostri nuovi amici nel salone delle feste e a fare gli onori di casa?» «Certo, Signora, con molto piacere». Uscendo, Tessa diede una gomitata al fratello e mormorò: «Guarda che questi sono proprio un branco di pazzi scatenati!». Ma Banco sembrava assente. Il suo pensiero era altrove. Recuperata la scarpa dalle mani del pagliaccio, lo seguiva da vicino mentre già si dirigeva deciso nel cuore del palazzo. Chissà quanto avrebbe dato per sapere quello che sarebbe accaduto da un momento all’altro.

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