La falena più famosa è l’Acherontia atropos appartenente alla famiglia degli Sfingidi (per conoscere alcune curiosità su questa falena –> Alcune curiosità sulla Sfinge testa di morto).
Tale circostanza ne ha segnato le sorti a cominciare dalla sua iniziale classificazione; Linneo (–> Carlo Linneo), il famoso naturalista olandese, nel 1758, le assegnò infatti il nome scientifico infausto di Acherontia atropos facendo riferimento sia ad Acheronte che ad Atropo, giusto per far l’accoppiata vincente nel mondo del macabro.
Ma già Plinio il Vecchio, nel suo trattato naturalistico Naturalis historia non ci era andato leggero denominandola Papilio feralis (farfalla portatrice di morte).
Il primo termine della classificazione di Linneo (Acheronte) si sa, è il fiume infernale di cui parla Dante (nel Canto III dell’Inferno) e più precisamente, secondo la mitologia romana, è quello attraverso cui Caronte traghettava le anime dei defunti, tant’è che il suo nome significa appunto fiume del dolore.
Il secondo (Atropo) è il nome di una delle tre Parche (le altre due sono Cloto e Làchesi) le divinità che, sempre secondo la mitologia, presidierebbero alla vita umana dove Atropo in particolare (il termine deriva dal greco Ἄτροπος e significa in nessun modo, l’immutabile, l’inevitabile) si occuperebbe di tagliarne il filo della vita decretando la morte dell’individuo.
In verità, a voler essere precisi, ci sono tre specie di falena del genere Acherontia:
- A. Styx, che si trova in Asia, prende il nome dal fiume di confine dell’Ade;
- A. Lachesi, che si trova nell’areale dell’India e in altre parti dell’Asia, e prende il nome, come si è visto, dalla Parca che misura il filo della vita;
- A. Atropos, la più famosa, di cui parleremo qui.
Nel Settecento si riteneva l’Acherontia atropos responsabile delle più terribili epidemie e sciagure (tanto per avere sottomano un capro espiatorio) e veniva accusata di essere in combutta con le streghe cui andavano a sussurrare nelle orecchie il nome delle persone destinate a morte sicura (veniva persino chiamata per questo la farfalla del diavolo).
Si diceva anche che, nella casa dove questa falena entrava, la polvere poteva diventare accecante.
Ancora non tanto tempo fa, quando in campagna compariva in casa una sfinge testa di morto, si cospargeva la soglia dell’abitazione di acqua benedetta e non se ne faceva parola con nessuno sperando che non arrivasse nessuna sciagura (due grandi falene sono state scoperte nella camera da letto del re Giorgio III nel 1801, durante il suo secondo importante episodio di follia).
A peggiorare le cose, quando l’insetto è spaventato emette un suono stridulo, molto singolare che incute timore e inquietudine. Per approfondire la tematica del verso di questa falena rimando a un’altra pagina di questa stessa sottosezione –> Il verso della Sfinge testa di morto).
Nei secoli anche la letteratura, la pittura e il cinema hanno fatto da cassa di risonanza alla fama funesta di questo lepidottero ingigantendo e cristallizzando nel tempo l’immeritata carica simbolica negativa.
In particolare:
- In letteratura (Dracula di Bram Stoker invia l’Acherontia atropos a Renfield, uno dei personaggi centrali del libro, ma leggi anche Vecchi Versi di E. Montale –> LabArtArc o il lavoro di Edgar Allan Poe ‘The sphinx‘ –> [in inglese] The sphinx);
- nella pittura (l’artista preraffaellita William Holman Hunt la dipinge nel suo ”Il pastore di Hireling” come presagio d’amore);
- nel cinema (si pensi solo al film Il silenzio degli innocenti nella cui locandina si vede Jodie Foster con la bocca coperta da questa falena), –> Il silenzio degli innocenti.
Per altre informazioni interessanti su questo stesso tema rimando a un ottimo articolo –> Farfalle dal mondo).
A proposito del poster del film ‘Il silenzio degli innocenti’, come ben segnalato sempre sul sito ‘Farfalle dal mondo‘ dianzi indicato, cui si rinvia per maggior approfondimenti, se si esamina meglio il “teschio” della sfinge nella locandina si può accorgere che in realtà altro non è se non la riproduzione di quello del celebre ritratto In voluptas mors dell’artista Salvador Dalì, realizzato dal fotografo Philippe Halsman e costituita dalla composizione di sette donne nude in una sorta di tableau vivant (–> In voluptas mors).
Con la conseguenza che, mentre ci vuole uno sforzo di pareidolia, come si è visto, per ritenere che sul dorso della Sfinge sia disegnato un teschio, con la rivisitazione fatta nel poster in questione, il teschio è senz’altro distinguibile.
Si tratta quindi di una citazione colta del regista Jonathan Demme e un omaggio al grande pittore spagnolo che, nel 1921, aveva ripreso una Sfinge testa di morto nel bizzarro cortometraggio Un chien andalou (“Un cane andaluso” –> Le chien andalou), prodotto e interpretato dallo stesso Dalì unitamente a Luis Buñuel.
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Io ne ho una fuori dal portico e per via del temporale di stasera l’ho anche portata in casa
Così si fa
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Entrata in casa nel settembre 2014 e ad oggi ci sono stati 3 morti in famiglia… Io non sono supertstizioso , ma guarda che coincidenza …
E’ una farfalla bellissima e (perdonami!) la tua immagine non le rende giustizia! L’ho vista viva una sola volta, a Rieti, anzi: non l’ho vista ma solo sentita fischiettare ed era bellissimo sentire quel suono alieno ed affascinante, assurdo per un insetto (che come si sa non usa la bocca pe emettere suoni né può farlo, perché non c’è collegamento tra cavità boccale e sistema respiratorio). Morte ne ho viste, cerate e mutilate dalla rabbia (peraltro comprensibile) delle api.
🙂
Se hai un’altra immagine più bella da fornirmi la metto molto volentieri. Quella che ho trovato mi sembrava la migliore. Grazie per quello che hai scritto.
Boh… queste?
http://www.bkmakro.de/Makro/Lepidoptera/Sphingidae/Acherontia_atropos.htm
Molto belle, soprattutto la prima. Grazie