Cosa ci faccio qui?

albero-nel-silenzioLa sua vita era sempre filata via tranquilla, senza troppe scosse; e, anche quando era diventata più faticosa per essersi dovuto trasferire in una nuova sede di lavoro, aveva sì stretto i denti, ma se l’era sempre cavata. Una vita ordinata, insomma, pulita, organizzata, scandita secondo un orologio interno.
Fino a quel giorno.
Era andato a dormire nel primo pomeriggio, come faceva sempre. Gli bastava mezz’oretta per riprendere energia. Non metteva neppure la sveglia. Si svegliava da solo, senza fatica. Quando non poteva riposarsi per qualche impegno ne soffriva sempre un po’ anche se poi aveva finito per farci l’abitudine.
Si era messo nella sua solita posizione abituale, abbracciando l’altro cuscino messo in modo trasversale, come ci fosse un’altra persona vicino a lui, e subito scivolò in un sonno denso, ristoratore, senza sogni. Una pietra lanciata nel precipizio.
Erano passati solo dieci minuti quando l’abbaiare di un cane lo ridestò improvvisamente. Un fatto marginale, insignificante, ma solo all’apparenza: qualcosa in lui era si era rotto, l’aveva avvertito subito. Una leggera, banale increspatura e non era più allineato con se stesso.
Si sentiva sdoppiato. Era lì, seduto sul letto pronto ad alzarsi e ad abbandonare il letto rinunciando a un sonno che non sarebbe stato più in grado di riprendere, ma era anche sulla soglia della stessa stanza a guardarsi sul letto. Niente di tutto quello che lo circondava sembrava avere più un senso. Quella città, il suo lavoro, il suo esistere lì, tra quelle mura. Come se dalla grande vasca della sua esistenza avessero tolto il tappo svuotando rapidamente il contenuto. Era già successo altre volte che si fosse risvegliato bruscamente, perché mai ora doveva essere diverso?
Si alzò, uscì dalla camera. Accese la televisione. Aveva bisogno di distrarsi, di non pensare.
‘Cosa ci faccio qui?’ gli veniva in continuazione da chiedersi.
Fece zapping tra i canali. Sfogliò distrattamente tra i film.
‘Cosa ci fai qui?’ chiedeva l’altro se stesso che lo guardava da lontano come un animale raro.
Poi pensò che poteva vedere quel telefilm che aveva registrato l’altra sera e che gli piaceva tanto.
‘Cosa ci faccio qui? In questa vita?’ si domandò ancora mentre sentiva una mano potente che cercava di strappargli il cuore. No, non aveva più voglia di fare nulla, solo di essere nulla, di galleggiare in quel mare livido e vuoto, senza una direzione.
Spense la TV. Chiuse gli occhi. Un senso di nausea profonda lo afferrò allo stomaco, il respiro si era fatto corto, i polmoni di gesso.
‘L’aria….’ pensò ‘…mi manca l’aria’.
Sentì il desiderio prepotente di abbandonarsi, di lasciarsi andare, alla deriva. Come l’unica soluzione di tutto.
E poi arrivò il silenzio come una marea montante. Un silenzio totale, definitivo. Quello che cancella ogni cosa, ogni respiro. Inghiottendo il mondo intero.

Squillò il telefono.
«Amore mio, come stai?» sentì dire dall’altra parte del cavo. «Ti senti solo? Vedrai, torno presto. Aspettami.»

17 pensieri su “Cosa ci faccio qui?

  1. Mi rispecchio in quello che hai scritto: la noia del quotidiano che asfalta tutto, il silenzio uno stato fondamentale per ascoltare, ascoltarsi. E poi quel finale liberatorio, qualcuno si interessa a te quindi ti sta amando. Grazie Briciola, sei stata meglio di una medicina: curando l’anima con il sentimento.

  2. Può essere pure che la voce femminile ha sbagliato numero e voleva parlare con il suo gatto… O no?
    Ipotesi possibilissima… 😁

    • Anche perché in un mondo tecnologico é impensabile che per parlare con un gatto bisogna fartelo passare al telefono… 😅😅😂

  3. la domanda è: chi è che lo chiama? la donna amata, di cui non c’è alcun cenno prima, o la madre che inevitabilmente tutti abbiamo? torno presto, dice. evidentemente andata. ma nella descrizione della vita del protagonista il dolore di una separazione dalla donna amata non c’è. propendo quindi per la madre. andata dove, se non morta? in ogni caso, il senso di straniamento è al solito ben descritto. la sensazione di vedersi da fuori mi è già stata riferita in passato da altri. io personalmente non l’ho mai provata. somma totale: al solito ben scritto. il tuo meccanismo classico di sorpresa finale qui è spiazzante.

  4. Credo che il protagonista sia depresso e che abbia la sensazione di staccarsi dal proprio corpo e di perdere un po’ la memoria, per via della noia, ma forse ho capito male il racconto.

Lasciami un tuo pensiero