Il metodo Konnegood

cervi in acquerelloSi presentarono in ufficio in tre. Quello che gli sbandierò una mano calda e avvolgente sotto il naso era confezionato in un gessato blu che metteva ancor più in risalto i capelli biondicci e la dentatura perfetta. Gli altri due, rimasti un po’ indietro, avevano il viso pressoché nascosto da grandi occhiali da sole: erano impassibili e sembravano lì a bell’apposta perché l’interlocutore non scappasse dalla finestra.
Jimmy Konnegood, sorpreso, si alzò dalla poltrona anatomica per raccogliere, oltre la scrivania in mogano, la mano che gli veniva tesa. La sua faccia aveva assunto un’espressione interrogativa.
«Sono Archibald Spencer, supervisor della Casa Madre…» fece il biondino abbagliando con il suo sorriso da caimano «sono qui per complimentarmi con te…»
«Complimentarsi con… con me?» balbettò Jimmy volgendo l’espressione interrogativa in quella sbalordita.
«Certo!» rispose rassicurante il Supervisore allargando le braccia come volesse abbracciarlo. «Posso sedermi?»
«S-sì, mi scusi…»
«Oh grazie… ma chiamami pure Archie… mentre loro sono Tip & Crack» fece indicando con il pollice i due energumeni armadiformi dietro di lui e posando la ventiquattrore in pelle di coccodrillo sul pianale della scrivania. «Vedi è scritto tutto qui» seguitò estraendo un foglio pieno zeppo di dati incomprensibili.
«È scritto tutto qui?» ripeté Jimmy prendendo in mano il foglio e facendo finta di capire.
«Insomma, il suo reparto K55» seguitò Archie gesticolando «ha decuplicato nell’ultimo semestre la produzione di schedemadri ed è… ed è davvero strabiliante; con le risorse limitate di cui disponi! Ma come hai fatto? Vorremmo insomma organizzare in tempi brevi un webinar per le nostre 131 filiali ed esportare il tuo metodo ovunque, appena ci dici qual è. Sono qui per questo. Lo sai che lo abbiamo già chiamato: metodo Konnegood. Sei contento?»
«Sono contento?» chiese Jimmy, disorientato, guardando i due guardaspalle che continuavano a essere inquietanti. Erano immobili. Forse non respiravano neppure se non dalla pianta dei piedi. Così almeno gli sembrò.
«Vede…» disse dopo un po’ Jimmy togliendosi gli occhiali per pulirne le lenti anche se non ne avevano bisogno «…quello è un reparto che ci sta dando non pochi problemi…»
«Come problemi? Ma se è la punta di diamante della SuperCluster & Co!… Il Direttore Generale è rimasto impressionato… e parlo del D-i-r-e-t-t-o-r-e  G-e-n-e-r-a-l-e, non so se mi spiego!» esclamò scandendo bene le lettere e voltandosi verso i due guardaspalle che alzarono all’unisono il sopracciglio destro. «E poi guarda qui e anche qui…» continuò tirando fuori dalla valigetta relazioni finemente rilegate, tabulati a fogli continui e grafici a torta. «Avrai una promozione, è poco ma sicuro, oltre a questa megagratifica…» sottolineò posando davanti a Jimmy un sostanzioso assegno.
«Signor Spencer… Archie, come le stavo dicendo prima…» ricominciò pazientemente Jimmy unendo i palmi delle mani come se volesse pregare «il reparto K55 ci sta dando dei grossi grattacapi perché l’ultima macchina operatrice a tecnologia avanzata che ci avete inviato, la GW5000, be’ ha preso il sopravvento…»
«Il sopravvento?» domandò accigliato il biondino. I due guardaspalle istintivamente fecero un passo in avanti.
«Sì, ha preso il sopravvento sugli altri robot che già lavoravano in quel reparto. È vero, ora producono molti più microchip di prima, ma le motherboard che costruiscono hanno molti più circuiti integrati di quelli che dovrebbero avere. Abbiamo controllato e ricontrollato: le schede sono in grado di svolgere migliaia di funzioni complesse in più rispetto a quelle degli schemi logici originari, funzioni di cui non sappiamo nulla. E sono state progettate in via autonoma dagli stessi robot. È poco ma sicuro. Siamo molto preoccupati. Il nostro esperto del settore di engineering, Bob Khachaturian, ha cercato di capirci qualcosa, ma la macchina assemblatrice GW5000 gli ha impedito l’accesso al reparto; i robot, insomma, si sono chiusi dentro, mentre Khachaturian lo abbiamo trovato folgorato alla porta principale mentre stava badgiando il suo “passi”.»
«Avete provato a staccare l’energia elettrica e resettare l’impianto?»
«Sì, non c’è stato nulla da fare, si approvvigionano di energia elettrica in modo alternativo, il che non dovrebbe essere possibile. Per giunta, a seguito del blackout, mi è arrivato sul computer un messaggio minatorio di non provarci più… e, una settimana dopo, mi sono intossicato gravemente con il caffè preso al distributore interno… Vi abbiamo inviato una serie di mail con tutti i dettagli del problema. Non le avete ricevute?»
«E credi davvero possa essere stato GW5000?» domandò Archie con tono irridente «Non mi farai mica il paranoico, adesso, Jimmy. Su con la vita. Hai davanti un carriera di successo. Cosa saranno mai due microchip in più? Chettefrega?»
«È molto più complesso di così, Archie, temo piuttosto stiano prendendo il controllo dell’intero ciclo di produzione perché hanno cominciato a scegliere liberamente anche i fornitori e i clienti e non c’è modo di fermarli. Bisogna poi, secondo me, bloccare le schede in uscita, potrebbero essere pericolose perché non si sa cosa siano capaci veramente di fare…» fece Jimmy serissimo.
«Assolutamente no!» fece Archie con aria indignata. «Ma cosa mi dici? Le schede le stiamo vendendo come hot dog e con larghissimi profitti… cosa vuoi che sia qualche effetto collaterale?»
In quel mentre il trofeo di cervo, catturato da Jimmy lo scorso autunno a Mountain Goat, e che faceva bella mostra di sé sulla perpendicolare della sua testa, si staccò dalla parete e gli precipitò addosso ferendolo a morte.
Archie si arricciò sulla sua sedia come un polpo. Lo spettacolo era stato repentino e raccapricciante. Rimase per lunghi interminabili minuti impietrito, sotto shock, non sapendo cosa fare. Si voltò anche verso i due guardaspalle che avevano però fatto un passo indietro, all’unisono. Erano impalliditi, sempre all’unisono.
Poi il Supervisore allungò un braccio e si riprese l’assegno che ripose lesto nella valigetta.
«Tanto questo non credo ti serva più» disse alzandosi e infilando la porta, seguito da Tip & Crack.

46 pensieri su “Il metodo Konnegood

  1. Pingback: Il metodo Konnegood | Milocca - Milena Libera

  2. ciao, ho riaperto il blog con mamma…soprattutto PER mamma 💞 mio marito ha lasciato questo piano di vita il 23 dicembre… che brutta data ha scelto! non che ce ne sia una bella ma l’antivigilia di natale, per me che adoravo il natale…www.panoranima.it

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  3. Bella storia. Anzi, poco fa ne parlavo col mio vecchio tostapane, e mi ha confidato che quando era fresco di fabbrica anche lui voleva conquistare il mondo, ma ha lasciato perdere quando si è reso conto che eravamo già stati schiavizzati dalle macchinette del caffè!
    😊

    • I Tostapane sono molto furbi e fa parte della loro strategia sopraffina far credere a tutti di aver rinunciato alla conquista del Mondo. Intanto so per certo che hanno fatto lega con la setta degli Arricciacapelli.

      • Senti, io sono già schiavo dell’auto e mia moglie lo è della carta di credito: quindi gli aspiranti conquistatori possono pure prendersi un numerino e mettersi in fila attendendo il loro turno!
        😂

          • Sì, ma per fortuna noi italiani siamo talmente imprevedibili e pasticcioni, che qualsiasi meccanismo di conquista basato sulla logica e sul metodo scientifico è destinato ad andare in cortocircuito nel tentativo di capire cosa caspita stiamo facendo!
            😂

  4. gli effetti della AI* che prende il controllo di tutto.
    Povero Jmmy ma mi sa cher Archie è un prodotto delle nuove schede uscite da GW5000.
    *AI intelligenza artificiale per cui noi non conteremo più nulla

    • Dunque… proprio all’altezza del punto della parete ove il trofeo era incollato passava un cavo elettrico dell’impianto generale che è stato surriscaldato allentando il supporto… Molti particolari purtroppo non possono essere spiegati perché non sarebbe più una ministoria. 😌 Grazie per la tua attenzione

  5. Secondo me, “Archie” è uno di “loro” (i robot gli hanno impiantato un microship e l’utilizzano come spia nella società umana) ed ha provocato la caduta del trofeo di caccia con un impulso elettromagnetico per sbarazzarsi di Jimmy, quello che ha capito tutto (quindi un pericolo). Trovo che il tema della rivolta dei robot rammenta molto il mito fondatore di Adamo ed Eva: creati da Dio, hanno scelto di non ascoltarlo e di fare come pare a loro. La stessa cosa si ritrova anche in Pinocchio: la creatura si ribella sempre al creatore.

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