Una strega in convento

«Ti dico che è una strega» fece all’improvviso nella penombra della cappella. E subito dopo, quasi si vergognasse di quanto aveva appena detto, si tuffò il viso nelle palme aperte delle mani.
Suor Matilde che le era accanto per un po’ la fissò severa e poi rispose:
«Ma che dici… sorella Anna è una santa, piuttosto… è per questo che ci sembra strana…»
Suor Vespasia alzò gli occhi acquosi davanti a sé in direzione del bel crocifisso ligneo del XIII° secolo, tesoro dimenticato di quella chiesa. Lo scrutò come se fosse un oggetto sconosciuto e poi si girò verso la consorella per aggiungere qualcosa. La anticipò Suor Matilde:
«Qualche mese fa, passando per il giardino pubblico qui accanto, di ritorno dal vescovado, a un bambino che si era tagliato di netto un dito con un coccio di bottiglia, non ha fatto un fiato… si è chinata, ha preso il dito, e l’ha riattaccato alla mano… E il bambino è guarito.»
L’altra consorella si voltò di nuovo. Ma non trovava le parole.
«Gli ha riattaccato il dito, capisci? Come se niente fosse» insistette Suor Matilde.
«È una leggenda metropolitana questa… e tu lo sai bene…» incalzò Vespasia, pallida alla luce delle candele.
«Altro che leggenda… è tutto vero; e il Vescovo, allora? La chiama in continuazione perché è la sua consigliera… sembra che lei conosca il futuro e il Vescovo se lo fa raccontare tutte le volte che vuole e per questo è così potente e in odor di diventare arcivescovo…»
«Ma va… neanche questo prova niente…» ribatté Vespasia con un gesto repentino della mano destra. «Chissà che ci fa quella invece con il Vescovo…»
Suor Matilde la squadrò indispettita. «Sei maligna; perfida e maligna.»
La consorella, per tutta risposta, alzò entrambe le spalle. Solo che lo fece con tanta irruenza che il velo le si spostò di lato.
«E allora se non ci credi» seguitò Suor Matilde «ti racconterò che cosa è successo a me. Lo sai che il nostro Ordine impone che sia recitata in questa cappella, ventiquattr’ore su ventiquattro, non stop, la preghiera a nostro Signore.»
Suor Vespasia si girò verso di lei con un’espressione del tipo: ‘e proprio a me che lo dici?
«Ebbene, sorella Anna, due settimane or sono, aveva il turno peggiore, quello tra le 2 e le 6 del mattino… per la verità è il turno che fa sempre, per non affaticare, lei dice, le altre consorelle… Stava però quel giorno anche molto male, aveva l’influenza, con tanto di febbre alta a 40°. Quel mattino ha voluto tuttavia ugualmente fare il suo servizio e lo so bene perché sono stata proprio io che alle 6 le ho dato il cambio.»
«E allora?» fece Vespasia sgarbata.
«E allora quando sono passata dalla sua cella lei era anche nel suo letto; l’ho vista dallo spioncino della porta: si agitava e si lamentava tra le lenzuola, starnutendo e tossendo. Poi, quando sono venuta via, l’ho trovata qui, intenta a pregare, come se fosse stata la cosa più naturale di questo mondo; mi ha sorriso e se ne andata. E sembrava pure star bene.»
«Te l’ho detto, è una strega!» ribadì Vespasia agitata fissando nuovamente il crocifisso.
«No… mi sa invece che quella ha scoperto tutto… ha scoperto il nostro traffico… perché parla con Dio e Dio gliel’ha detto… e per noi saranno guai seri…»
In quel mentre si aprì lentamente la porta laterale della chiesa. Sembrò per un attimo che il buio della notte fosse entrato nella cappella come un’oscura presenza. Un uomo faceva ingresso cercando di fare il minor rumore possibile; si diresse spedito verso le suore.
«Allora, ce l’avete?» mormorò loro guardandosi attorno.
Suor Vespasia si alzò senza dire nulla. Andò verso il tabernacolo di fronte ed estrasse la pisside. Poi, tornata indietro, sollevatone il coperchio, stava per rovesciare il contenuto nella scatola di metallo nelle mani dell’uomo, quando si accorse che dentro al calice, al posto delle ostie consacrate, c’erano delle grosse lumache.
«Oddio!» urlò Vespasia inorridita lasciando andare ogni cosa per terra.
I tre se ne stettero per un po’ a osservare la scena irreale.
Poi l’uomo ruppe all’improvviso il silenzio, gridando:
«Maledette, me la pagherete!» e se ne uscì di corsa.

32 pensieri su “Una strega in convento

  1. è la prima volta che entro nel blog, carinissimo, ma questa storia e anche le altre son frutto della tua penna o sono di altri autori? questa mi intriga, volendo leggere la continuazione cosa debbo fare?e

    • Ti ringrazio Roberta. Per il seguito occorrerà, temo, aspettare. Sto cercando di utilizzare il mio racconto come incipit per qualcosa di più ampio ‘respiro’ letterario. Ma come puoi immaginare ci vorrà tempo.

  2. E se non ci fossero né streghe né sante, ma solo pettegole poche di buono che tentano commercio blasfemo ? E chi dice che il buon Dio non si sia tutelato da sé trasformando il Suo proprio corpo (le ostie) in lumache per farla in barba ai “soci in affari”?
    Sia come sia, come ti vengono in mente certe storie?
    Bye. banzai43

  3. Bello, davvero! Chi è la più “strega”: quella che opera (o sembra di farlo) guarigioni, dotata pure dal dono dell’ubiquità (dono anche attribuito a San Pio) che ha sventato il mercato sacrilego oppure l’eretica che si macchia di un grande peccato (quel commercio di ostie consacrate) che vuole mettere fuori strada una persona pericolosa per lei? Caro Briciola, questo è uno dei tuoi racconti migliori!

  4. Sembrano un pochino tutte streghette…unica che non si capisce se lo sia è quella che criticano ma che non ha voce in capitolo nel pezzo…ahahah…acuto e sagace alla tua maniera! Ciao

  5. carino 🙂 e vada per il sequel!!

    ps: può essere che hai mischiato i nomi delle due suore, specie all’inizio?
    prima è Vespasia che accusa la “strega” poi poco sotto è Matilde che conferma… mentre inizialmente Matilde difendeva…

      • dunque, alll’inizio parla vespasia e matilde “che le è vicina” le risponde scettica;
        poi ancora vespasia alza gli occhi al cielo e sta per aggiungere qualcosa (immagino per rafforzare la tesi della strega) ma matilde la anticipa e tira fuori la cosa del bambino, confermando quindi i “poteri” della strega… e qui vespasia invece la difende

        • In realtà, per come ho inteso strutturare il racconto, Suor Vespasia, che è la prima a parlare, sostiene che suor Anna è una strega, onde sminuirla agli occhi della consorella.

          Suor Matilde cerca invece di far capire all’altra che “…sorella Anna è una santa” ed è per questo che sembra “strana”.

          Raccontando dell’episodio del bambino cui Suor Anna ha riattaccato il dito mozzato, Suor Matilde avvalora proprio quello che sostiene vale a dire che, avendo guarito il bambino (ed è una storia vera e non una leggenda metropolitana), non è affatto una strega, ma, appunto, una santa.

          In questo stesso senso Suor Matilde racconta anche il fatto che Suor Anna sembra conoscere il futuro tanto da essere diventata la consigliera del Vescovo, che è in grado di bilocarsi (essere nella propria cella ammalata ma anche nello stesso istante nella cappella a pregare) e a parlare con Dio.

          Il “miracolo” delle ostie trasformate in lumache, per far sì che non sia perpetuato il sacrilegio della vendita delle ostie consacrate allo sconosciuto che le vorrebbe utilizzare per le messe nere, conferma infine la santità di Suor Anna e non la sua stregoneria in quanto, in quest’ultimo caso, avrebbe assecondato il traffico delle particole.

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