Smemo

Aprì un occhio sulla sveglia pochi minuti prima che suonasse; pigiò il bottone di spegnimento senza neppure guardare e si mise seduto sul letto per riprendere contatto con la realtà.
La luna era bassa sull’orizzonte e dalla finestra del giardino riempiva la stanza di una luce irreale. Almeno non pioveva. Pensò.
Seguì meccanicamente tutta la sua routine del mattino che prevedeva la doccia, la colazione, la scelta del vestito adatto e infine il controllo della borsa da lavoro. Ma era circa dieci minuti prima di uscire che gli sorgevano nitidi tutti dubbi di essersi dimenticato qualcosa di importante. Ultimamente, complice la stanchezza e purtroppo l’età che avanzava come una falange macedone, si era accorto che sempre più spesso scordava oggetti o azioni da svolgere prima di lasciare la casa: una luce accesa, un documento, un fazzoletto. Ben poca cosa, per carità, ma per uno che aveva la mania del controllo, era un affronto e un motivo di frustrazione. Per ovviare a questo, diligentemente, aveva predisposto una lista dell’ultimo minuto, per una verifica finale, giusto per assicurarsi quantomeno di non tralasciare le cose più rilevanti.
Nonostante ciò, tuttavia, quella sensazione spiacevole non lo abbandonava più, fino a quando durante la giornata finiva per constatare, il più delle volte, che effettivamente si era dimenticato proprio quella cosa lì che gli sarebbe invece servita.
E quella mattina quella stessa sensazione l’ebbe già appena dopo che si era seduto sul letto. Si guardava attorno come se qualcuno lo potesse aiutare ma la calma che regnava stagnante nel resto della casa gli parve solo un segno ostile. Poi pensò che qualunque cosa fosse gli sarebbe venuta in mente.
Forse erano gli appunti per il discorso del lunedì successivo… si chiese mentre si lavava la faccia… no no, era già sul cloud da qualche giorno; forse era una bolletta che non aveva pagato, si disse mentre si preparava il cappuccino… no l’agenda elettronica l’avrebbe puntualmente avvertito… forse era il telefonino che non aveva messo in carica… ma no, era proprio lì ancora attaccato alla presa, ricaricato al 100%.
Così, mentre stava per varcare l’uscio, si fermò come se fosse stato trattenuto da una fune invisibile. La sensazione spiacevole era ancora intatta. Neppure la lista dell’ultimo minuto lo aveva rassicurato. Guardò l’orologio da polso: per fortuna non l’aveva lasciato sul comodino e gli diceva che stava facendo tardi. Era il momento di andare.
Appena in strada si accorse che era iniziato a piovere. Alzò gli occhi verso il cielo per vedere dove fosse la luna che lo aveva illuso che sarebbe stato bel tempo e la vide appena sopra la casa di fronte, velata e pallida, come un’ammalata che non volesse guarire. Si tastò meccanicamente il giubbotto. E l’ombrello tascabile dov’è? Ma sì, era al solito posto, nella tasca interna. Lo sgusciò dalla foderina che scivolò via frusciando. No, non aveva dimenticato nemmeno quello. E allora?
Mentre camminava la città si stava lentamente svegliando. C’era il solito signore con il bovaro bernese che a fatica lo seguiva per il giro mattutino, il tizio che accanto all’edicola aspettava l’arrivo del pacco di giornali da lasciare nella hall dell’albergo, il netturbino che sfoderava un dinamismo che lui avrebbe potuto vantare solo qualche ora più tardi. Tutto uguale, insomma.
Prese la tranvia e all’ultima fermata, già in vista del palazzo del suo ufficio, scese. La luna era sparita e lui si domandò per quanto tempo avrebbe potuto fare ancora quella vita. Era stanco ben prima di cominciare la giornata.
E finalmente si ricordò. 
La realtà proruppe nella sua testa con tutta la sua ostinata ineluttabilità: aveva preso un giorno di ferie e in quel preciso istante avrebbe dovuto essere dall’altra parte della città per quell’appuntamento. No, non avrebbe più fatto in tempo e non se lo sarebbe più perdonato per tutto il resto della sua vita.
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hat_gy

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30 pensieri su “Smemo

  1. Fantastico. La prima volta che mi metto a ridere.
    Stavolta sono rimasta proprio sorpresa.
    Solo una cosa: io il racconto l’avrei lasciato lì così: “…aveva preso un giorno di ferie e in quel preciso istante sarebbe dovuto essere dall’altra parte della città per un appuntamento”.
    Senza aggiungere altro.

    In ogni caso, bravo!

  2. Trattandosi di un tuo racconto avrei scommesso che l’uomo aveva dimenticato che quello era il suo primo giorno da pensionato, oppure si era scordato di essere morto e se ne andava lasciando il suo corpo nel letto.
    😊

  3. Ehi ehi caro signor Briciola uomo……..( specifico perché per lungo tempo l’ho considerata signora mucca) (colpa del logo non mia) sto leggendo King e devo dire che lei….lei Briciola…..vedi mi confondo…..tu ….hai uno stile decisamente elegante, quasi come King….che riesce a dipingermi paesaggi e sembianze e a stendermi…….a quale scrittore ti ispiri ?

  4. A me capita quotidianamente tutte le volte che la mattina esco di casa. La paura di aver lasciato qualche rubinetto aperto o di aver lasciato le finestre spalancate o la luce accesa. Devo fare il giro della casa almeno due volte prima di poter uscire “quasi” tranquillo.

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