L’addio

Cala una pioggia insistente, a tratti leggera per non mollare l’abbraccio sulla terra che ormai la respinge; colpisce le foglie pallide che persistono sui rami sempre più radi; picchietta le tegole incupite di rosso rugginoso prima di incanalarsi furibonda nel buio delle grondaie.
La luce, a ben vedere, sembra ovunque e in nessun luogo, l’alba è inespressa, il tramonto è spento. La gente è assorta ancor di più nei propri pensieri raccolta com’è sotto gli ombrelli che si spalancano come funghi lungo le strade desolate.
Il clochard del sagrato della pieve si è ritirato chissà dove, il ragazzo biondo che di solito picchia selvaggiamente le latte vuote di vernice, la spalla appoggiata allo stipite d’un negozio serrato, sbircia l’opacità del cielo e scuote la testa; i tavolini rimasti all’aperto sono relitti abbandonati da un esercito disordinato in fuga.
Ogni tanto qualche passero riga ancora l’aria volando di sghimbescio, mentre le taccole ammutolite si rintanano nei varchi che il tempo ha modellato tra le pietre sgretolate dei palazzi antichi.
Pare non dover finire mai questa malinconia sotto le nubi cariche di risentimento; dalle bolle d’acqua delle pozzanghere d’acquerello nascono solo blande ubbìe e vien voglia di gridare che torni subito il sole per vincere la paura che d’ora in poi possa essere sempre così.

Ma in mezzo al campo la figura di un uomo rimane immobile sotto quell’acqua impietosa.
È comparso tra le zolle scure e profonde non appena la notte ha levato le sue mani buie dalla piana assopita.
Si erge ritto, impassibile, noncurante di quanto accade. Respira l’aria pulita tra l’erba stillante di pioggia, raccoglie i pochi colori che ondeggiano sotto le prime luci del mattino e fa bottino dei suoni che unicamente la campagna sa donare a quell’ora.
La pioggia schietta colpisce il suo vestito generando un suono incongruo nella mescola degli altri rumori, gli riga il volto tanto da far credere che egli pianga. Ma non piange affatto. È anzi felice nel suo intimo d’essere tra tutte quelle cose tanto care un’ultima volta. E poi, solo quando ha ritenuto di averne a sufficienza, di aver fatto il pieno di vita prima dell’eternità che lo attende, socchiude gli occhi.
E pian piano, nel vapore leggero di una foschia incerta, svanisce.
vuoto

hat_gy

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32 pensieri su “L’addio

  1. Bel pezzo…bagnato al punto tale che per rispondere ho aspettato che spiovesse…Ahahah…nel senso che mi sono immedesimata tanto era ben descritto il tutto…buona notte!
    🏊‍♂️

  2. Pingback: il muratore della domenica, io, e la caccia ai cinghiali – bortoblog 43 – cor-pus 15

  3. Capisco. Il clima pessimo di questi giorni ti stava intristendo, quindi per risollevare il morale hai scritto un’altra storia di fantasmi. Ben fatto. Uno dei segreti per vivere meglio è proprio prendere le cose con spirito!
    😊

  4. Il tuo modo di descrivere le scene mi rammenta le lunghe sequenze di paesaggi di un film di Herzog, tipo “Nosferatu” con Klaus Kinski. Ancora una volta, hai scritto una storia sospesa tra realtà e sogno. Bravo!

  5. Sapiente descrizione del paesaggio inondato dalla pioggia. Questa nella prima parte viene vista come portatrice di malinconia e prostrazione, nella seconda di sollievo e purificazione.

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