La casellante

«Ma allora vedi che non mi ami, Geppo…»
«Certo che ti amo, cara, che dici?»
«No, tu non mi ami affatto… se mi amassi non faresti così…»
«Non è affatto vero!»
«E allora perché fai tante storie? Lo sai, ho paura a camminare da sola la mattina presto per queste vie buie…»
«È solo un paesino, cara, uno tra i più tranquilli che conosca, non succede mai nulla lì…»
«Ah sì? E che ne sai tu? Tante volte si legge sul giornale che è proprio in questi paesi, come dici tu ‘tranquilli’, che succedono le cose più atroci ed efferate… comunque ecco, sono arrivata… era così complicato stare al telefono con me per farmi compagnia? Non è colpa mia se mi dai sicurezza; e poi se mi succedesse qualcosa potresti sempre chiamare la polizia, non ci hai pensato?»
«Francamente avrebbe più senso che, se del caso, la chiamassi tu: io sono lontano più di cinquecento chilometri…»
«Sì, sì va bene, ho capito… sei un egoista, come al tuo solito: torna pure a dormire che tanto non ti scoccio più.»
«Dai, non fare così, Tesorino… ci risentiamo domattina?»
«Non lo so, ci devo pensare… ciao» e riattaccò.

E l’indomani Teresa telefonava sempre. Quel paesino sulle montagne lo trovava lugubre, inospitale e inquietante e stare al telefono con il marito, sentire la sua voce, la faceva star tranquilla mentre con la torcia accesa percorreva la strada sterrata che, pressoché all’alba, la conduceva tra campi e seminativi al suo posto di casellante. Era un lavoro saltuario, lo sapeva bene, ma non sarebbe durato poco e non se l’era sentita di rifiutarlo con i problemi economici che avevano.
Poi accadde che, per qualche giorno, lei non riuscisse a telefonare. Le avevano rubato il cellulare. Era disperata: vedeva ombre minacciose dappertutto. Ogni rumore o suono della campagna si ingigantiva nella sua testa ed era il chiaro segno di un agguato imminente.

«Pronto, Tesorino, come stai?»
«Pronto? Ah, sei tu…»
«Ho letto il tuo messaggio di ieri sera tardi: sei riuscita finalmente a farti imprestare un nuovo cellulare… bene! Sono proprio contento, ero preoccupato: credevo mi chiamassi tu però, questa mattina, come al solito…»
«Preoccupato? Tu? Ma non dirmelo…»
«Ma certo, è vero, non ti facevi viva e mi stavo preoccupando sul serio: è per questo che ti ho chiamato… Allora come va al casello?»
«Il solito…»
«Ti sei ambientata, ormai…»
«Sì sì.»
«Stai bene Teresa? Ti sento strana… Non ce l’avrai ancora con me, vero?»
«No no, tutto bene… sono quasi arrivata, puoi tornare a dormire…»
«Non vuoi parlare ancora?»
«…»
«Teresa, mi senti? Pronto?!?»
(In lontananza dall’altro capo del filo, una voce maschile:)
«Ciao Teresa, Amore mio…»
(e Teresa sottovoce:)
«Ciao Mario… ssssh! Sono al telefono…»
«Cos’è questa voce, Teresa, chi è?» fece Geppo alzando il tono.
(Dall’altro capo del filo, la voce maschile quasi sussurrando:)
«Scusa, non me n’ero accorto che stavi telefonando… mi sei mancata tanto…»
(Teresa bisbigliando:)
«Ma ci siamo visti appena ieri sera… davvero ti sono mancata tanto?»
«Teresa, insomma, con chi stai parlando? Cosa sta succedendo lì?» insistette il marito.
«Oh sì scusa, Geppo, è un turista che si è perso.. Ora sono al casello… ci sentiamo domani!»
E riattaccò.
vuoto

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22 pensieri su “La casellante

  1. “La lontananza sai, è come il vento
    Che fa dimenticare chi non s’ama…”
    Chi la cantava? il grande Modugno, mi pare.

    Bel racconto, si legge d’un fiato.

  2. Che meraviglia le donne, se non ci fossero dovremmo accontentarci delle pecore.

    😊

    Comunque questa Teresa mi piace molto: non è che potresti farmi avere il suo nuovo numero di telefono?

  3. Mah, uno dei tre è di troppo…potrebbe essere Teresa…che è troppo bugiarda per essere consolata … Geppo…poco scaltro da capire il tutto…o Mario…meno scaltro ancora…nessuno dei tre mi piacerebbe conoscere😉

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