Non importa dove

aereoQuando al mattino, incartato nei miei pensieri, mi avvicino lentamente all’ufficio, quando il profumo dell’olivo di Boemia già mi avvisa della sua presenza appena dietro il cancello d’ingresso, ecco lui è lì, che sbuca all’improvviso in lontananza, silenzioso, tra i profili netti delle case. Riga il cielo a tracciare una linea immaginaria obliqua tra il sole e l’orizzonte. È sempre lo stesso. Lo riconosco: per il colore delle ali e la bandiera che primeggia sul timone. Quell’aereo ha sempre la stessa inclinazione di decollo, la stessa direzione fatale, lo stesso scintillio rapido sulla carlinga. Mi aspetta fedele, paziente. I viaggiatori a bordo magari si domandano perché il loro aereo quella mattina sia in ritardo, perché sia rimasto incerto a rollare sulla pista come non avesse pace, perché sembrava perdere tempo nel trovare la posizione giusta nel drizzare il muso verso il grande Nord. Ma la risposta è solo una: il loro aereo aspetta me, ogni volta, fino a quando non mi scorge che scendo dal solito mezzo, con il mio carico di vita sulle spalle e l’aria stropicciata che mi porto dietro. Mi deve chiedere ogni mattina la stessa cosa: perché non parto insieme a lui, perché non ho la valigia in mano e il biglietto che sbuca dal taschino.
Fa così perché sa che non smetterò mai di sognare; e sa che ogni volta che lo vedo partire mi viene da sospirare, mi metto a desiderare di essere là sopra, di vedere il mondo dall’alto che diventa sempre più piccolo, sempre più insignificante. Già, sognare di partire, non importa dove, purché sia lontano, senza ritorno, lasciando a terra ogni pensiero, ogni conflitto e tutte le preoccupazioni che ti corrodono dentro.
Mi accorgo allora che per un attimo mi sono persino fermato. La borsa dondola un po’ per inerzia nella mia mano serrata. Gli altri pendolari scesi con me dalla tranvia, e che mi erano dietro, cercano ora di evitarmi all’ultimo momento, con fastidio, perché non capiscono che ragione possa mai avere io per essermi arrestato così ad un tratto, come fossi diventato tutt’uno con il marciapiede. E poi per cosa? Per guardare per aria, per fissare un spicchio di cielo che neppure si nota, tra caseggiati insignificanti di un quartiere dal nome che non si riesce neanche a ricordare. Ma io lo devo fare. Lo devo salutare. Il mio aereo. Glielo devo dire: ‘No, non oggi, non verrò oggi‘, gli dico, ‘ma domani; sì, domani senz’altro‘. Anche se lo ripeto ogni mattina, per la verità, e i domani sono diventati davvero tanti e le scuse sempre più inutili.
A dirla tutta non mi accorgo nemmeno di essermi fermato; ed è solo quando l’aereo viene inghiottito dalla collina scura che si erge di fronte, tanto da non sembrare che sia mai esistito se non per me, che mi accorgo che gli altri pendolari sono già distanti, proiettati verso la loro giornata, non dissimile dalla mia, con le stesse malinconie e gli stessi malumori.
E allora riprendo il cammino. La mia borsa comincia nuovamente a ciondolare tra le dita mentre l’olivo di Boemia rinnova il richiamo spandendo il suo profumo. E intanto penso al mio aereo che oramai è salito in quota, che è diventato ancora una volta solo un puntino in un cielo di cipria che sbuffa dietro di sé il suo filo di seta a segnare la direzione giusta; opposta a quella che sto calpestando.

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11 pensieri su “Non importa dove

  1. anche io mi fermo spesso a vedere gli aerei che sorvolano con regolarità il cielo, alcuni a bassa quota, altri più in alto, più o meno rumorosi, partiti da, diretti chissà dove… e sempre mettono in movimento tanti pensieri … la testa sempre tra le nuvole!

  2. Interessante anche la relazione tra il tuo racconto ed il tuo dietro il racconto che ci racconta la tua quotidianità concreta mentre il tuo racconto poetico ci racconta il tuo lavoro di scrittura, tu dunque sei soddisfatto del tuo lavoro mentre psicoanaliticamente potremmo considerare che il tuo inconscio non lo è, il tuo inconscio ti avvisa che vi è una vaga sensazione di relatività del trascorrere del tempo, una vaga sensazione di ripetizione, ti suggerisco di ascoltare di più il tuo inconscio, di aiutarlo mentre può capitare che il personaggio del tuo racconto, la mattina quando va al lavoro, chiuso nella cortina dei tuoi pensieri, ringrazi di poter elevare per un momento lo sguardo al cielo e sognare di andare altrove, cosa ne pensiamo, intendiamo, sentiamo?

  3. Sorriso perchè ho il mio appuntamento con l’aereo/con gli aerei alle 6.30 del mattino e alle 13.30. In bicicletta, sento i motori (“Ehi, buongorno” sembra che dicano) e io… naso all’insù e li osservo, sorridendo. Chi mi incrocia chissà che domande si farà, va bene così … sorridi che la vita ci sorride ! 🙂

  4. Complimenti Briciola, questo racconto è pura poesia, e come un ippogrifo bagnato dalla luce lunare ci trasporta sulle ali della fantasia verso magici mondi lontani. Comunque ti capisco benissimo, perché anche a me accadono cose simili, anche se nel mio caso l’appuntamento è con un maledetto piccione che cerca di cagarmi in testa!

    😁 😅

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