Nella pancia del drago

Passava sempre di lì a quell’ora della sera. Aveva imparato a sentire a un certo punto la brezza del mare che veniva su ad abbracciare la costa, subito dopo un grosso masso dal dorso massiccio e ben levigato. I ciottoli sotto le sue scarpe dalle suole fini, in quel punto, diventavano grossi e rotondi. Anche l’erba si faceva profumata. Ci doveva essere un qualche arbusto odoroso nella scarpata là sotto perché soprattutto quando era in fiore veniva una fragranza intensa che gli ricordava l’infanzia.
Avrebbe fatto solo ancora qualche passo per incontrare la porta in ferro che chiudeva un vecchio bunker per poi prendere per il sentiero di lato a strapiombo sugli scogli. Era lì, dopo un centinaio di metri, che aveva trovato una torretta probabilmente dell’antiaerea dell’ultima guerra dove, al riparo dall’umidità e dal freddo, avrebbe potuto trascorrere la notte. Allungò la mano ma si accorse che la porta in ferro era in realtà aperta.
‘Strano’, pensò ‘è la prima volta che succede. Se potessi fermarmi dentro al bunker almeno il vento non lo sentirei per tutta la notte’ si disse.
«C’è nessuno?» urlò con il suo forte accento slavo sporgendosi all’ingresso. Da come aveva riecheggiato la sua voce non era più sicuro che si trattasse davvero di un locale in cemento. Pareva più un tunnel. «Ehi, c’è nessuno qua sotto? Sono armato… polizia…» gridò ancora.
Di solito quelle parole spaventavano i più sprovveduti e nessuno comunque era mai venuto a contestargli, a lui che era un barbone vecchio e cieco, se fosse o non fosse armato o appartenesse o meno alla polizia. Non sentì alcuna risposta se non l’eco lontano delle sue parole.
‘Sì, sì’ considerò: ‘è una galleria e anche molto lunga’.
Si introdusse strisciando il muro di destra. Era fatto di mattoni lisci e consunti. Le pareti erano asciutte e non vi erano cattivi odori né muffa; a una decina di metri dall’imboccatura già non si sentiva più né il mare né il vento, solo il suo respiro e il battito del cuore. Non faceva neppure freddo.
Si sedette. Era terra riportata, compatta. Vi appoggiò lo zaino logoro e ne cavò lentamente la coperta di lana. Si stese e si coprì. Erano anni che non si sentiva in quel modo: al sicuro, protetto.
‘Come nella pancia di un drago’ commentò ad alta voce, cercando di dare alla terra la forma del suo corpo.
‘Però nella pancia del drago non ci si può sentire protetti…’ obbiettò subito dopo, sorridendo nel buio.
‘Certo che sì’ si disse ancora alla fine, convinto: ‘se il drago fosse mio’. E si addormentò.
Dopo qualche ora avvertì un rumore in lontananza che non aveva mai sentito e che lo destò. Si drizzò sul busto e diresse le orecchie verso il suono.
‘Non è una macchina e neppure un treno…’ Scosse la testa preoccupato e si alzò.
La volta era alta come lui, ma era troppo stretta per un veicolo, a meno che non fosse un carrello. Ma i binari non c’erano. Non capiva. Quel rumore non sembrava legato all’attività dell’uomo e poi, anziché diminuire, stava crescendo. Era come ipnotizzato. Rimase fermo, ad ascoltare, trattenendo il respiro.
‘Ma cosa può essere?’ si chiese di nuovo.
Fu quello il momento in cui si sentì afferrare con forza per il bavero. Qualunque cosa l’avesse preso aveva un’energia risoluta e invincibile. Si fece trascinare sul dorso senza reagire come fosse un animale appena abbattuto. Pregava solo che finisse presto perché gli doleva tanto la schiena. All’uscita dalla galleria fu buttato malamente da una parte come un sacco vuoto.
«Cosa credevi di fare brutto idiota?» gli urlò contro un uomo. Dalla voce potente e grave doveva essere un tizio grosso e ben piantato. «Ma tu lo sai cos’è uno scolmatore? Uno SCOLMATORE?!?» aggiunse con lo stesso tono.
Il barbone, che si sentiva ancora indolenzito, diresse il volto verso la fonte di quella voce per sentirne meglio le vibrazioni sulla faccia. E fece no con la testa.
In quello stesso istante un muro d’acqua uscì prepotente dalla galleria; era scura, vorticosa, screziata di schiuma. Si convogliò sicura e prepotente nel canale di spurgo davanti a sé divorando sassi, piante e rumori. Il frastuono era sordo e incontenibile e il suo ruggito di belva rabbiosa fece tacere la risacca del mare.
Il vecchio lentamente si rialzò. Non aveva nulla di rotto anche se gli faceva male una gamba. L’uomo che lo aveva salvato doveva essere andato via perché non gli gridava più. Capì che, per fortuna, si trovava sul sentiero che lo avrebbe condotto alla sua torretta antiaerea. Riprese a percorrerlo a testa china: pensava che aveva appena perduto la sua preziosa coperta e il suo zaino con dentro quel poco che gli era rimasto. E quella notte non avrebbe dormito più per il freddo.

18 pensieri su “Nella pancia del drago

    • Me lo hai già scritto altre volte.
      Ma io non scrivo per rilassare. Preferirei smettere piuttosto.
      E’ un altro tipo di narrativa che ha queste finalità e non mi ha mai riguardato.
      Mi spiace.

          • Non me la prendo affatto per queste cose, Rosaria, ci mancherebbe.
            Volevo solo farti sapere una volta per tutte qual è il mio punto di vista, dal momento che mi scrivi sempre più spesso questa cosa del ‘lieto fine’.
            Questo non è un blog da happy-end perché scrivo solo ciò che mi piace scrivere e non ciò che so che potrebbe piacere.
            A volte il lieto fine c’è, ma più spesso no. Perché a me va bene così.
            E sarebbe così anche se la lettura dei miei scritti fosse a pagamento e oltretutto non lo è.
            Non devo infatti vendere nulla, né mandare messaggi etici o rilassare il lettore; scrivere per me è e resta solo una passione.
            Io sono libero di scrivere (ho interdetto qualsiasi possibilità di fare pubblicità sul mio blog) e il lettore è libero di leggere.
            Tutto qui.

  1. Non buono, ma molto, molto buono. A sorpresa manca l’elemento del fantastico che ci avevi indotto ad attenderci, ma questo è un pregio, perché il racconto si regge benissimo da solo. Anzi, se un giorno decidesti di pubblicare in cartaceo una raccolta delle tue storie migliori, questa a mio parere merita senz’altro di esserci.

  2. Insomma meglio non ipotizzare vantaggi immaginari…senza un briciolo di rassicurazione…cercare il caldo e perdere l’unica coperta è un vero peccato… Bel pezzo…con una perla di saggezza in fondo…
    Ciao

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