Il banano nano

Ogni volta che passava di lì guardava quel palazzotto con ammirazione; gli piaceva il disegno signorile, l’aspetto sobrio ed elegante, le modanature semplici ma classiche. E gli dispiaceva, anno dopo anno, vederlo andare in rovina.
Poi un giorno, per puro caso, dopo una trattativa per una questione di tutt’altro genere, venne a sapere che era stato messo finalmente in vendita, a mercato ristretto, per appassionati e intenditori. C’era il prezzo e non fu difficile concludere l’affare.

«Quando si possono cominciare i lavori?» chiese Ludovico all’architetto sotto il cui braccio spuntavano rotoli di progetti.
«Dalla prossima settimana, Ludo. Le ditte sono tutte allertate. Inizieranno dal tetto e poi via via rifaranno tutti gli impianti.»
«Molto bene» fece soddisfatto dando una manata a uno stipite che rispose con un sbuffo di polvere. «E poi, da ultimo il giardino» continuò l’architetto. «Ma a quello hai detto che ci penserai tu…»
«Sì, ed è ciò che mi preoccupa di meno.»
«A proposito… quello che ho visto all’entrata è per caso un banano?»
«Sì, un banano nano del Madagascar…»
«E fa le banane?»
«No, non credo proprio. Perché maturino i frutti occorrerebbe un clima tropicale impensabile a Poggiobrusco. Più che altro fa delle infiorescenze e nulla più.»
«Bellissima pianta, comunque.»
«Sì, lo penso anch’io.»
I lavori proseguirono spediti e all’inizio dell’estate Ludovico iniziò ad abitare nel suo palazzetto.

«Gran bella casa» commentò il postino che gli portava per la prima volta la posta. «Mi fa piacere che sia stata rimessa a posto…» e si guardò attorno. «Ma è un banano quello?» chiese porgendogli il dispositivo elettronico per la firma e voltandosi di un lato.
«Sì» rispose Ludovico cercando di capire come avrebbe potuto firmare.
«E… e fa le banane?»
«Banane? No no. Fra troppo poco caldo, per fortuna, a Poggiobrusco per le banane, fa solo fiori» rispose lui facendo un ghirigoro sul display che non poteva considerarsi neppure uno scarabocchio…
«Bene, grazie» disse di rimando il portalettere prendendo per buono lo sgorbio sul display.
Qualche ora più tardi venne a trovarlo l’amico Mario. Bevvero insieme per festeggiare. Anche lui chiese del banano ed ebbe la stessa spiegazione. Ma capitò ancora di parlarne con l’impiegato del gas, con l’antennista per il wifi, con un’amica, un paio di colleghi, il mobiliere…

«Una ristrutturazione ben riuscita, complimenti…» se ne uscì la donna che si era presentata al cancello di ingresso dopo aver tirato la corda della campanella. Era Cleope, la vicina di casa di Ludovico e mostrava trionfante una torta di benvenuto.
«Non doveva…» disse Ludovico imbarazzato e facendola entrare.
«È al rabarbaro, spero che le piaccia. Ma non vorrei disturbare lei e sua moglie…» chiarì lei cercando di sbirciare all’interno della casa sopra le spalle dell’uomo.
«Non sono sposato…» fece Ludovico ricevendo dalle sue mani la torta.
«Non è sposato e come mai? Alla sua età…» chiese lei delusa e aguzzando gli occhi come per carpirne le oscure ragioni.
«La farei entrare volentieri ma sono nel bel mezzo di una riunione…» fece Ludovico alzando le spalle.
«Sì, sì, ho notato infatti un bel po’ di trambusto… e mi chiedevo giusto con mio marito chi fosse tutta quella gente; speriamo solo che non debba accadere tutti i giorni, sa, questa è una zona così tranquilla e sarebbe proprio un gran peccato che…»
«Bene…» fece Ludovico a mo’ di commiato.
«Certo, chissà quanto avrà speso per rimetterla a posto…» osservò la donna senza muoversi di un millimetro «e poi così è grande per una persona sola… Quante stanze ha?»
«Un’altra volta faremo due chiacchiere con più calma…» fece Ludovico riaprendo il cancelletto.
«Ma certo… ci conto» fece lei allungando ancora il collo sul giardino. «Ehi… ma quello non è un banano?»
Ludovico chiuse gli occhi. ‘Ecco, ci siamo‘ pensò. Ma l’osservazione della donna non ebbe un seguito. I due si salutarono. L’uomo rientrò in casa. Stava recandosi nella sala riunioni quando il telefono squillò.
«E fa le banane?» sentì chiedere dall’altro capo del filo.
«Cosa scusi?»
«Sono Cleope, la sua vicina di casa. Ci siamo visti poco fa per la torta. Volevo sapere se fa le banane il suo banano…»
Ludovico sospirò.
«Certo, che fa le banane» disse dopo un po’ lui: «ne fa tantissime, in continuazione e sono prelibate perché sono al sapore di cocco e cioccolato. Sto anzi pensando di smettere di fare la professione e di darmi al commercio di banane nane perché c’è mercato e si guadagna moltissimo, in nero ovviamente…»
«Davvero? E dove l’ha trovato un banano così?»
«Su Amazon… ce ne sono per tutti i gusti: al caramello e papaya, al pistacchio e peperoncino, alla stracciatella e cous cous…»
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38 pensieri su “Il banano nano

  1. Buonasera, ecco l’ordine: un chilo di mini-banane al cioccolato per i miei ragazzi che sono golosi e un paio di mini-banane al cocco per me ^_^ Sono proprio curiosa di assaggiarle…
    Scherzi a parte, adoro quanto qualcuno si prende cura di vecchi palazzi e li rimette in sesto… ma oltre il banano, il giardino lo ha poi sistemato?
    Complimenti, la storia è splendida.

    • Dunque… le mini-banane al cioccolato e cocco sono quasi finite.
      Mi sono rimaste solo quelle pesto e cannella e acciughe e mela.
      Il giardino è stato sistemato alla grande.
      In un angolo, in una specie di grotta con una polla sorgiva e un laghetto con carpe khoi, c’è anche un manichino impagliato che assomiglia tantissimo a Cleope nell’atto di porgere una torta.

      😉

      • uffa… credo che aspetterò il prossimo raccolto…
        Il manichino impegnato mi fa paura… io lo toglierei, è inquietante!
        Il laghetto con le carpe è meraviglioso, un tocco da maestro. Scommetto che vengono a mangiarti dalla mano e si fanno anche accarezzare come quelle di mio cognato <3 Io aggiungerei anche qualche fiore di loto, li adoro ^_^

  2. Se vai all’ufficio del turismo vicino ai fori imperiali, troverai un cortile con un grande banano con tanto di piccole banane! Ma sai che le banane possono crescere anche a Pesaro? Il banano aveva tanti frutti…

  3. Guarda, ormai ti assegno il “mi piace” ancora prima di iniziare a leggere, così, sulla fiducia. Tornando a noi, l’atmosfera del racconto mi ricorda un poco il Guareschi del “corrierino delle famiglie”, in cui però il protagonista non è costretto a fare tutto da solo, e raggiunge il massimo dell’effetto comico con l’aiuto dei familiari. Aggiungo che la frase dell’architetto “ma ha detto che ci penserai tu” mi fa capire che hai operato varie revisioni e faticato per finire il pezzo, quindi vorrei ringraziarti per l’impegno e la costanza con cui ci offri le tue piccole o grandi opere.

    Grazie Briciola!

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