Cuore a cuore

Posò il libro sul comodino. Le palpebre avevano preso a bruciargli. La stanchezza lo stava incatenando al letto e quando spense la luce provò il sollievo di un panno umido sulla nuca. Si girò d’un lato aggiustandosi lentamente sul materasso per prendere la posizione giusta del sonno. Il cuore gli pulsava prepotente e l’orecchio sul cuscino ne amplificava il suono. Tunf, tunf, tunf. Un suono forte, chiaro: la vita gli scorreva dentro.
Il pensiero corse al giorno dopo. A quello che avrebbe dovuto fare: a quella riunione complicata, ai problemi irrisolti che si trascinava dietro da tempo. Tunf, tunf, tunf.
Pensò a quella vacanza che sembrava non arrivare mai e pensò anche a lei, a quell’ultima sua frase che ancora gli bruciava dentro. Tunf, tunf, tunf.
Il cuore sembrava ora battergli più lentamente. Lo avvertiva sempre rumoroso sul cuscino, ma stava rallentando e ancora e ancora. Poi un battito più lento e un altro molto più lento, poi più nulla.
Si mise a sedere di scatto sul letto. Si tastò il polso. Nulla. Poi la tempia, nulla. La carotide, nulla.
Accese la luce spaventato. Si accorse che stava tremando. Scese scalzo e andò di corsa in bagno. Lo specchio rimandava l’immagine di un volto pallido, le guance incavate, la pelle anelastica.
Oddio, oddio, che mi sta succedendo, che mi sta succedendo?
Passò rapido in studio alla ricerca del telefonino. Doveva chiamare l’ambulanza, stava male, non c’era dubbio: bisognava fare qualcosa.
Già…’ pensò ‘ma se poi mi chiedono cosa mi sento, che dico? Che non ho più il polso? Che il mio cuore si è fermato? Non mi crederanno mai, si metteranno a ridere’.
Uscì irrazionalmente di casa come se tra quelle mura non vi fosse più aria da respirare. Doveva parlare con qualcuno; il freddo della notte gli crollò addosso all’improvviso.
Ma sono in pigiama! E scalzo!’ si disse guardandosi la punta dei piedi: ‘dove credo di andare?
E poi era notte, tutto intorno solo campagna e i vicini che conosceva appena.
Si sedette sotto il portico cercando di raccogliere le idee. Il gatto scivolò fuori dall’ombra della sua cuccia e gli si strusciò contro.
Cosa si deve fare in questi casi? Cosa si deve fare?’ Si chiese tenendosi con le mani entrambe le ginocchia e dondolandosi con il busto. ‘Devo stare calmo, c’è un rimedio a tutto, ne sono sicuro’.
Ma pensò che non aveva mai sentito dire di persone che si accorgono che il proprio cuore si è fermato e che se ne disperino. Non può accadere, non è possibile, non è normale. Il gatto lo stava studiando sotto la pozza di luce del portico e gli aveva messo una zampa sulla gamba come per dargli il suo aiuto.
E allora lui cominciò a pensare a quando da bambino andava con il padre al prolungamento a mare. Aveva cinque anni, forse sei.
Facciamo una sorpresa alla mamma‘ gli disse quel giorno il padre con quel suo sorriso che scioglieva le pietre. ‘Ti insegno ad andare in bicicletta’.
A me papà?
Certo, proprio a te! Che ne dici? C’è giusto un signore simpatico là in fondo che noleggia bici per bambini come te e sono sicuro che ce n’è una che ti piace’.
Sto andando bene, papà?
Benissimo’.
Mi stai tenendo, vero?’ ‘
‘Ti sto tenendo figliolo’.
E lui felice pedalava da solo, incerto, zigzagando su quella bici rossa alla scoperta del mondo; e quando si girò si accorse che il padre era rimasto invece laggiù, vicino alla fontana; e lo salutava fingendosi stupito; faceva un gesto semplice, uno dei suoi, uno di quelli che attraversano un’esistenza intera e vanno oltre, come per dire: ‘Hai visto?
«Si, ho visto, papà…» disse lui a voce alta al gatto nella solitudine del portico.
Si accorse che stava piangendo.
E poi lo risentì.
Prima, piano piano, e poi sempre più forte.
Tunf, tunf, tunf.

25 pensieri su “Cuore a cuore

  1. Briciola, questo racconto mi è piaciuto troppo, quindi ritengo onesto avvisarti che se col prossimo non riuscirai a soddisfare le mie accresciute aspettative per te finirà molto male.

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    Sì, hai capito bene, questa è una minaccia.

    >

    Esatto, se mi deluderai ti accadrà qualcosa di tremendo.

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    Cioè non ti darò il like.

    >

    Attento a quello che fai quindi!

    ^^

  2. Oddio, pure io dopo aver letto il tuo racconto sento uno strano tunf, tunf, tunf. Ah no, scusa, era solo il figlio del vicino che palleggia il pallone contro il muro, scusa un attimo: A RAGAZÌ! MO TE LO BUCO STO PALLONE… ok, fatto. Ah, per il racconto, complimenti davvero, giuro, tra quelli che ho letto fino a ora questo è quello che mi è piaciuto e che ti invidio di più… tunf, tunf, tunf… ops… scusami di nuovo … A RAGAZÌ E MO ADESSO SCENDO DAVVERO EH…!”

  3. CIAO….un pochino nostalgico questo pezzo…sa di passato e poco di futuro…visto che il protagonista non si sente vivo…meno male che il gatto è un bel tocco realistico …

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