Il diario

Da quando mi sono messo in pensione mi concedo spesso delle ampie passeggiate sul lungo fiume e poi al parco del Castello. Se è una bella giornata mi fermo anche a guardare il panorama, ad accarezzare i gatti che incontro per strada e a dar molliche di pane ai passeri.
Lo so cosa state pensando: che è triste essere vecchi e soli. Ma neanche per idea! Certo, essere ancora giovani sarebbe proprio una gran bella cosa, tuttavia ora faccio la vita che ho sempre desiderato una volta smesso di lavorare: tranquillità e serenità con un pizzico di buona salute, frequentando all’occorrenza chi mi pare e quando ne ho voglia.
Oltretutto, a volte, mi do pure al volontariato; come vendere le uova di cioccolato o vasi da fiore per qualche onlus che finanziano la ricerca o come servire alla mensa dei non abbienti o persino fare il chierichetto per padre Ercole. Lo so, sono un brav’uomo, ma non credo sia dopo tutto un gran merito.
Qualche giorno fa mi è stato chiesto di mettere a dimora insieme ad altri amici nuove piante nelle zone verdi della città; ho fatto il contadino fino a pochi anni or sono e so come si fa e in Comune lo sanno bene. Ed è stato proprio quando preparavo lo scavo profondo per alcune cultivar di platano, con la lentezza che ora mi contraddistingue non avendo più tanta forza, che ho visto sulla pala qualcosa che luccicava. Ho pulito l’oggetto ben bene e mi sono accorto che era una fedina, una vera nuziale da uomo; l’ho guardata meglio mettendomi gli occhiali e nella parte interna erano incise queste parole “Maria e Lorenzo – 20 marzo 1910”. Mi sono subito rialzato per farla vedere agli altri, ma ero rimasto solo: ci avevo messo evidentemente troppo tempo per la mia buca. Così la vera me la sono messa in tasca e ho terminato il lavoro.
Del tutto dimentico del ritrovamento, dopo qualche giorno mi sono messo al tavolo della cucina di casa e ho preso carta e penna. Era già un po’ che volevo scrivere a mio figlio che vive da vent’anni in Australia e io che non ho mai avuto troppa dimestichezza con il computer mi affido ancora alle patrie poste.
Ho iniziato allora di buona lena a mettere nero su bianco, ma ben presto mi sono accorto che non mi stavo affatto rivolgendo al mio Gianni; stavo scrivendo invece una specie di diario e neppure il mio: era quello di una donna, una signora anziana che parlava del suo sposo, dell’uomo della sua vita che non c’era più e di una fedina che aveva perduto e che continuava a cercare senza requie. Da quello che potevo capire, la signora tentava insomma di ritrovare la vera del marito e a modo suo me lo stava facendo sapere. Questa scoperta, lì per lì, mi ha fatto impressione, spaventandomi non poco, e sono stato tentato perfino di pensare a una mia personale suggestione per il rinvenimento; ma poi nei giorni seguenti, per i ricordi di vita vissuta che la donna faceva attraverso la mia scrittura, mi sono convinto che non era affatto così.
Da allora ho cercato di incontrare la signora per darle il gioiello che le apparteneva. Nonostante però sapessi dal diario quali fossero i luoghi del parco da lei frequentati e la relativa ora, non sono riuscito mai a incontrarla.
Mi sono risolto allora a lasciare a malincuore la fedina su una panca solitaria, una, in particolare, che avevo individuato dalle descrizioni che mi aveva fatto la signora quale da lei frequentata più sovente durante le sue ricerche. Forse l’anello avrebbe trovato da solo la sua padrona. Sono rimasto anche per un po’ di tempo nascosto dietro a un albero per paura che qualcuno lo rubasse. Verso sera però cominciava a fare un po’ troppo umido per me e, per non prendere un malanno, me ne sono andato con il proposito di tornare la mattina successiva alle prime ore del mattino.
Una volta a casa, prima di coricarmi, mi sono messo a scrivere, come ormai di consueto. E mi sono uscite queste parole:

L’ho ritrovata! L’ho ritrovata! Che gioia indescrivibile, che sollievo! Mi sembra di essere di nuovo con il mio Lorenzo. Ora posso finalmente trovar pace.
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dietro il racconto
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33 pensieri su “Il diario

  1. Un racconto, il tuo, che fa tic e tac come un vecchio e rassicurante orologio a pendolo, in cui ogni ingranaggio collabora per raggiungere un fine. E questo mi ricorda quella volta in cui diedi un’indicazione stradale a qualcuno, e solo troppo tardi realizzai che avevo detto ‘destra’ invece di ‘sinistra’. Lì per lì ci rimasi male, ma poi pensai che potevo essere nato soltanto per dare quell’indicazione sbagliata, che avrebbe sottilmente alterato il destino non solo di quell’uomo, ma anche di tutta l’umanità, come cerchi che partono da un sasso gettato nello stagno. E a proposito, ora sai perché quel giorno in cui dovevi andare a Milano ti sei ritrovato a Napoli.

    ^_-_^

    • E’ curioso perché capita spesso anche a me di dare involontariamente indicazioni sbagliate anche se, vivendo in un città d’arte (complice forse il mio aspetto affidabile e rassicurante) me le sento rivolgere quasi tutti i giorni.
      E ci rimango sempre male anch’io forse perché constato, ogni volta, che non ho più il senso di orientamento di una volta; se fossi un colombaccio migratore finirei per girare in tondo (in attesa di una schioppettata), pensando invece di essere arrivato.
      Ora, più consapevolmente, rispondo che non sono del luogo, che anch’io sono un turista. Almeno così non mischio destini.

      • Ma la ruota gira, e non puoi sottrarti al tuo Karma: e comunque dal tuo errore potrebbe nascere anche qualcosa di buono. Per esempio una noiosa incombenza scansata, o un grande amore incontrato per ‘caso’. Ad ogni modo se proprio vuoi nasconderti agli occhi del destino fingendoti straniero almeno fallo bene, quindi fatti crescere un paio di folti baffi e imita l’accento svedese.

        ^_-_^

  2. Ciao Briciola racconto dolce e romantico..con fantasma annesso! Complimenti ! Me lo sono gustato letteralmente…sarà che questo genere é nelle mie corde! Hai rappresentato la forza dell’amore.

  3. Mentre leggevo mi è sembrato di aver letto qualcosa di similare prima e leggendo il “Dietro al racconto” ho capito che potrei averlo letto proprio su questo tuo blog.
    Il racconto è molto bello, complimenti.

  4. Bello. Ti segnalo due errori: 1) nel testo hai dimenticato una “i” all’articolo davanti a computer: “l computer”; 2) nel testo e nel “dietro al racconto” hai messo due date diverse: 1910 e 1920…
    Scusami se te li segnalo ma mi dispiace lasciarli perché il racconto è bellissimo e sarebbe un peccato non dirtelo.
    Buona domenica e grazie

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