La compagna

Ultimamente gli accadeva di girare per la grande casa senza uno scopo; come se entrando in una stanza si fosse ricordato di aver dimenticato qualcosa di vitale importanza in un’altra tanto da dover tornare indietro o altrove; ma cercava senza trovare, metteva in ordine ciò che già lo era, guardava senza vedere.
Non riusciva davvero ad abituarsi ad aver perso la sua compagna di tutta una vita, di non trovarla più in quelle stesse stanze, di non sentirla borbottare tra sé e sé mentre entrava minuta dalla porta d’ingresso.
‘Quanto tempo è passato da allora?’ si diceva disteso nel letto, sotto quel cielo senza luna che gli incombeva dall’abbaino, pronto alla dormiveglia estenuante di un’altra notte.
‘Quanto tempo dovrà ancora passare?’
Quella sera, se mai fosse stato possibile, la nostalgia era ancora più bruciante. Aveva trovato nel pomeriggio un pezzetto di carta scritta di pugno di lei con un abbozzo di lista della spesa; l’aveva trovato infilato in un libro tra una pagina e l’altra. Con grafia precisa e ordinata erano marcati il caffè, una bottiglia di aceto, un detersivo per i piatti e qualcos’altro che iniziava con due lettere sbiadite come se fosse finito l’inchiostro. Un’interruzione definitiva senza rimedi.
Aveva allora preso a pensare a quella quotidianità spicciola che aveva vissuto con lei, a quella banalità semplice che la vita pazientemente intesse e di cui ci sfugge spesso la ruvida bellezza.
Poi in quel buio denso, grondante di nero e di ricordi, sentì all’improvviso il profumo intenso della sua pelle, velata dal calore inebriante della sua intimità. Si girò nel letto e se la sentì accanto. Il suo corpo morbido e accogliente era lì, vicino a lui. Subito ne ebbe spavento e si ritrasse. Ma poi allungò di nuovo cautamente la mano. Sentì i suoi capelli sottili sotto le dita, le sue guance di velluto, il respiro calmo e profondo di chi ha ancora davanti a sé tutta una vita di mille risvegli e mille soli. La gola gli si serrò: gli venne da piangere. Poi riconobbe sotto le lenzuola il suo pigiama preferito, la forma un po’ arrotondata della pancia, le braccia abbandonate ad abbracciare un sogno fuggevole e delicato come il volo di un passero.
Si voltò verso il proprio comodino e afferrò nell’oscurità la pipetta dell’abat-jour pronto ad accendere la luce; poi si arrestò. Se l’avesse fatto lei sarebbe sparita, ne era certo.
Si rimise allora lentamente sotto le coperte con il cuore che batteva con forza nel petto.
‘Cosa mi sta succedendo?’ si chiese. ‘Sto impazzendo?’
Poi sentì distintamente che lei nel sonno, come faceva sempre, sussurrò qualcosa a mezza bocca, qualcosa di incomprensibile. Lui sorrise.
‘Ci penserò domani…’ si disse preso da una strana ebbrezza; e le si distese accanto aderendo al corpo di lei, in un tutt’uno indistinguibile, almeno per quella notte.
E finalmente si addormentò.

14 pensieri su “La compagna

  1. … “quella banalità semplice che la vita pazientemente intesse e di cui ci sfugge spesso la ruvida bellezza.”… Dovremo essere più presenti all’esperienza quotidiana e salvare ricordi che ci aiuteranno a non cedere alla disperazione quando si affaccerà nella nostra vita …

  2. A un certo punto lei accese la luce sul comodino perché odia il buio pesto ed esclamò irritata “e non spingere che cadoooo dal letto”e tirò le coperte dalla sua parte e lui rimase con la schiena scoperta tutta la notte😃

  3. Lei sobbalzò come attraversata da una scossa, aprì gli occhi e la bocca e mandò giù d’un fiato tutta l’aria che un solo respiro disperato può mai contenere. Le era parso quasi di avvertire la mano calda e un po’ ruvida di lui accarezzarle i capelli e il viso. Sorrise, chiuse nuovamente gli occhi e si immerse in quel dolce tepore senza né spazio né tempo.
    🙂

  4. E bravo, quindi ci lasci con un finale aperto alla “il giro di vite”.

    ^_-_^

    A) L’uomo, che si intuisce anziano, è stato veramente visitato dal fantasma della defunta.

    B) Sul punto d’impazzire per il dolore e lo sconforto ha inventato una presenza rassicurante.

    Comunque approvo la scelta di non indagare troppo (accendendo la luce), perché a volte invece di piangere su quello che la vita ci toglie dovremmo sorridere per quello che ci ha lasciato, fossero anche solo delle felici memorie di giorni migliori.

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