Pagine bianche

Si era servito della sua solita bancarella; Egidio riempiva ogni giovedì quasi tutto l’antico portico di piazza Vecchia Armeria, davanti all’unica banca del paese, ed era uno spettacolo vedere in un colpo d’occhio tanti libri così buttati alla rinfusa che sembravano dire: “prendi me, prendi me”.
Marcello riuscì a trovare quasi subito due libri interessanti da tempo introvabili nelle librerie (“Una pioggia tiepida” di Jakob Grossman e “Jeremiah” di Abraham Scottsdale) e se li portò a casa sottobraccio, fiero e soddisfatto, quasi fosse riuscito a trovare un tesoro.
Alla sera, prima di addormentarsi, prese i due libri che aveva appoggiato sul comodino, incerto su quale leggere per primo, accorgendosi però subito dopo che, rimasto attaccato a uno dei due, ce n’era un terzo, senza sovraccoperta e con una prima di copertina di cartoncino ingiallito, senza titolo. Lo sfogliò brevemente scoprendo che, tranne la prima e la seconda, tutte le altre pagine erano bianche. Incuriosito iniziò a leggere quelle poche righe. Il racconto (perché di racconto si doveva probabilmente trattare) era pulito, scorrevole, avvincente man mano che la storia si dipanava fino a interrompersi, a pagina due, come si è detto, come se fosse terminato l’inchiostro e non se fossero accorti. Alzò le spalle e lo posò preferendogli il libro di Grossman in cui ben presto si immerse.
La sera dopo gli ritornò tra le mani quello strano libro bianco. Scuotendo la testa, lo scorse velocemente avvedendosi però ora che vi erano stampate almeno altre dieci pagine. Che si fosse sbagliato la sera prima e non le avesse viste? Impossibile, pensò, anche perché adesso il primo racconto era completo e ve ne erano altri due. E poi c’era ancora quella stessa strana sensazione che avvertiva mentre li leggeva: era come svuotato, senza forze, confuso.
L’indomani volle controllare nel suo studio in una sua vecchia cartellina di plastica azzurra: gli frullava con insistenza in testa un’idea bizzarra che doveva assolutamente verificare; e dopo un po’ trovò la conferma del suo timore: nelle pagine del misterioso terzo libro erano contenute storie che altro non erano se non lo sviluppo di spunti e tracce sue. Chissà come, chissà perché e in che modo, quel libro assorbiva ciò che aveva ideato in passato e lo metteva in bella prosa, con ordine, stile e originalità. Ne fu all’improvviso quasi sollevato più che preoccupato. In fondo era tutta “roba sua” e avrebbe avuto una quantità notevole di materiale bell’e pronto da cui attingere per il suo lavoro. Perché non essere contento di questa novità?
Passarono i giorni e il libro continuò a completarsi pagina dopo pagina sino all’ultima. Era venuto un gran bel lavoro: 49 nuovi racconti, scritti bene, persino in modo impeccabile; e ora quella sensazione di vuoto che gli procurava la nausea era pure cessata; di bene in meglio: non restava che contattare l’editore. Riprese a leggere, contento, il libro di Grossman.
Poco prima di addormentarsi volle però riprendere il “suo” libro perché in fondo era venuto anche il momento di dargli un titolo. Ci pensò. Ma poi vide che le pagine erano completamente vuote, dalla prima all’ultima.
«Non è possibile!» gridò. «Che fine hanno fatto?».
Poi, tornando verso la prima di copertina, si accorse che erano appena apparse due nuove pagine stampate: era l’inizio di un nuovo racconto, anche questo nato da una sua vecchia idea.
E sentì di nuovo, fortissima, quella sensazione acuta di svuotamento e spossatezza.
[space]

dietro il racconto
Leggi –> Dietro al racconto
[space]

[space]
[space]
hat_gy
Questo racconto è stato inserito nella lista degli Over 100.
Scopri cosa vuol dire –> Gli Over 100
[space]

38 pensieri su “Pagine bianche

  1. Sono un assiduo frequentatore delle bancarelle di libri usati, anch’io spero sempre di trovare il rara avis.
    Questa storia è veramente bella e non posso impedirmi di pensare al mito dell’eterno ritorno, ossia una realtà a forma d’ Uroboro.
    Questo “libro bianco” è il simbolo stesso di tutto il nostro lavoro, il nostro impegno che, una volta raggiunto l’obiettivo, dobbiamo ricominciare tutto da capo per raggiungere un altro scopo, un’altra vetta.
    Complimenti Briciola (se posso chiamarti così)!

  2. Mi piace molto il tuo racconto, dà spazio alla fantasia!
    Sono andata a guardare cosa c’era dietro il racconto ed ho visto che ho in comune con te la passione di girare per bancarelle di libri usati…si fanno degli incontri magici!
    Un saluto

  3. Bellissimo pezzo …concretizza l’idea del bicchiere mezzo pieno …dando il senso del tutto e del niente…strano che in un mondo tecnologico le emozioni provengano da ciò che non lo è… Ciao

  4. Io ero bambina e mi piaceva molto. Ricordo in particolare l’episodio del bibliotecario miope. In seguito sono diventata miope Anch’io e ciclicamente ho incubi in cui sto senza occhiali e brancolo nel buio, un po’ com quando cerchi di usare il telefonino in piena luce.

    • Lo ricordo bene l’episodio che dici tu. Si trattava di un impiegato di banca che rimane chiuso all’interno del caveau quando fuori scoppia la bomba atomica; lui quando esce trova solo macerie e nessun sopravvissuto, ma trova anche una libreria e finalmente leggere dal momento che ora ha tutto il tempo che desidera; ma a quel punto gli cadono gli occhiali e si rompono.
      Hanno fatto storia.

  5. Scusa, è partito il commento. Dicevo un libro con pagine non stampate ma purtroppo riguardavano un punto saliente del racconto di cui a quel punto non ho capito il finale. Bel racconto, il tuo, sempre sul filo del surreale. I tuoi racconti mi ricordano la serie televisiva Ai confini della realtà.

Lasciami un tuo pensiero