Finalmente la pensione!

Oramai mancavano pochi mesi alla pensione. L’attendeva un cambio di prospettiva, una nuova vita. Avrebbe avuto tanto tempo da dedicare a sé e prendersi finalmente tutte quelle soddisfazioni che aveva sempre rimandato. Non aveva una famiglia cui badare ed era quindi assolutamente libero e completo padrone della propria esistenza.
In tutti quegli anni di lavoro aveva anche risparmiato una bella somma e, siccome delle banche non si era mai fidato, i soldi li aveva messi in una piccola cassaforte che si era installato in casa. Per non dare nell’occhio l’aveva comprata in un’altra città e poi, armato di scalpello e mazzuolo, aveva ricavato un incavo nel muro maestro della casa in un punto ben nascosto della soffitta; lì l’aveva murata mettendoci davanti, in sovrappiù, un mobiletto. Poteva adesso pensare di comprarsi una casetta in campagna o lo ‘spiderino’ che tanto aveva desiderato o fare quel viaggio intorno al mondo per tornare solo quando avesse sentito la nostalgia di volerlo fare.

E il gran giorno del pensionamento arrivò; quando ritirò il gruzzoletto della buonuscita era emozionato e se ne tornò subito a casa preoccupato che qualche malintenzionato glielo potesse sottrarre per strada. Salì in soffitta. Tirò fuori tutto il danaro e lo contò unitamente a quello nuovo. Lo contò più volte formando tanti mazzetti legati ciascuno con una propria fascetta recante ben in evidenza la somma. Erano tutti suoi, quei soldi. Solo suoi. Era una gioia vederli in un colpo solo.

Iniziò la sua nuova vita facendo innanzitutto un giro per la città, godendosi il sole di quella primavera che pareva la promessa migliore. E intanto rimuginava su come spendere il danaro. Si informò alla agenzia viaggi e a quella immobiliare, e poi alla concessionaria auto e anche in quel bel negozio di computer. Gli sembrava però, in realtà, tutto un po’ troppo caro. Anche se la cifra messa da parte era non poca cosa, avrebbe dovuto pensare al suo avvenire. E poi che brutte facce che si vedevano in giro! Non si ricordava che ci fosse così tanta gente poco raccomandabile. Il centro era pieno zeppo di brutti ceffi: immigrati, nomadi, straccioni e questuanti di ogni tipo. Distratto, un uomo di colore lo urtò e subito lo squadrò con aria minacciosa come se fosse incerto se aggredirlo oppure no. Quello sguardo gli scese giù nel cuore e gli avvelenò l’anima.
D’un tratto pensò alla sua casa e alla sua cassaforte. Tutto sommato, si disse, non erano al sicuro né l’una né l’altra. E se mentre lui era in giro qualcuno fosse entrato e l’avesse derubato?
Tornò di corsa. Salì le scale senza neppure prendere l’ascensore. Entrò nella sua abitazione come una furia. Fece scendere la scala dalla botola nello sgabuzzino e salì in soffitta, spostò il mobiletto e aprì la cassaforte che gli tremavano le mani. Sì i soldi erano ancora lì. Li tirò di nuovo fuori tutti e li ricontò e poi lì ricontò ancora, una seconda e una terza volta. Che spavento! Capì che non erano al sicuro; no, non lo erano affatto; non se la sentiva però di aprire ora un conto corrente; le banche se ne sono sempre approfittate dei poveracci come lui; porti loro il danaro e poi si comportano come se fosse sempre stato il loro. Installare un allarme? Ma no! Oramai ‘quelli lì’ sapevano benissimo come disattivarlo. No, era meglio che uscisse il meno possibile e rimanesse a casa, a fare la guardia. Sì sì, era meglio.
Prese così ad allontanarsi solo per fare la spesa e pagare le bollette. Poi neppure più per quello; si mise a ordinare per telefono quanto gli occorreva per il pranzo e la cena chiedendo alla vicina se le bollette le pagava lei. Piazzò persino una brandina in soffitta proprio accanto alla cassaforte. Potevano notte tempo entrare dal tetto, pensò, e sfilarglieli da sotto il naso.

Poi un giorno si ammalò. Il medico fu tassativo: ‘Lei si deve ricoverare per una serie di accertamenti a tappeto. Ha i valori del sangue e pressori molto scompensati. Bisogna intervenire con tempestività’.
Come avrebbe potuto fare con i soldi? Si chiese. Non poteva certo lasciarli lì dov’erano mentre lui era in ospedale. Si sarebbe potuto risapere ‘nel giro’ e avrebbero potuto approfittarsene. Hanno occhi e orecchi dappertutto, ‘quelli lì’.
Decise di portarseli dietro mettendoli in una borsa. Nell’armadietto della sua camera d’ospedale sarebbero stati al sicuro con lui nel letto a fare la guardia.
Ma il giorno dopo il ricovero gli comunicarono che il suo quadro clinico era pessimo e che dovevano operarlo di urgenza. Era grave. Aveva non so cosa, non so dove… Ma il danaro? Durante l’intervento non poteva rimanere nell’armadietto incustodito! Avrebbero potuto aspettare che lui fosse in sala operatoria sotto anestesia e rubargli il borsone.
«Quando cambiano le lenzuola e la federa?» chiese all’inserviente.
«Abbiamo fatto il cambio proprio ieri e il prossimo è fra tre giorni» gli fu risposto.
Sì, ce l’avrebbe fatta. Nascondendo i soldi nel cuscino, di notte, sarebbero stati al sicuro sino al suo rientro in camera.
E così avvenne; anche se l’anestesia lo fece dormire fino al mattino dopo e pur se avvertiva un forte dolore all’addome, prima ancora di aprire gli occhi, infilò la mano all’interno del cuscino per sincerarsi che il danaro ci fosse ancora. No, non c’era più.
Cercò, disperato, di chiamare l’inserviente nonostante la voce flebile; poi venne una giovane donna che non sapeva nulla. Controllò però nei registri. Sì, avevano cambiato eccezionalmente le lenzuola e la federa con tutto il cuscino mentre lui era in sala operatoria. Dal reparto delle malattie infettive un uomo, in stato confusionale, si era allontanato dalla sua camera per finire nella sua nascondendosi nel suo letto per non farsi trovare. Se non avessero cambiato le lenzuola le possibilità di infezione sarebbero state elevate visto che lui era appena reduce da un intervento. Non doveva comunque preoccuparsi di nulla: ora era tutto igienizzato.

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35 pensieri su “Finalmente la pensione!

  1. Splendido ritratto di un paranoico maniaco compulsivo! Il finale arriva sì atteso ma anche una doccia gelata, benché da te azionata e perciò con le conseguenze già conosciute, può ghiacciare il cuore.

  2. siamo tutti un po’ così. sempre attenti a quello che abbiamo/siamo, dimenticando quello che desideriamo o che potremmo essere. specie noi pensionandi (Quando?)

  3. più che la storia dei soldi svaniti, mi colpisce la progressiva chiusura del poveretto, la paura che inesorabilmente gli attanaglia il cuore e il cervello. Andare in pensione può essere anche questo? Forse, per certi versi… Sulla brevità del racconto, ti abbiamo seguito come sempre, ma questa volta sei diventato più che mai “narratore inaffidabile”…ci hai mollato in modo imprevisto, ma sempre efficace. No fear!

  4. Pensava che i soldi, da soli, potessero garantirgli un futuro sereno e felice. In realtà, la vera ricchezza è amare ed essere amati e sapere di potersi affidare, nei momenti di fragilità, a chi vuole veramente il nostro bene e non i nostri beni.

    Buona domenica 🙂

  5. Bello, semplice ma attraente, anche se ovviamente intuitivo. Ma qui il punto non sono i soldi e l’attaccamento morboso all’uso che richiedono, l’analisi più chiara è quella della psiche umana in un mondo dove la solitudine è all’ordine del giorno. Credo. 😊

  6. Buon per lui, perché quei soldi erano ormai diventati una condanna che gli impediva di vivere. Una volta persi o è morto di infarto, ma ricordiamoci che era in ospedale, o ha capito che ora era finalmente libero di godersi la vita, e libero da preoccupazioni economiche grazie alla pensione, ha cominciato a uscire e relazionarsi con gli altri, e ora frequenta le sale bingo e le balere per rimorchiare le vedove ancora bellocce e sempre allupate che in quei luoghi pullulano.
    😉

  7. Una realtà! Qualcosa di simile è accaduto a quello che era un mio vicino di casa e alla nonna di un nostro amico. La nonna aveva messo tutti i risparmi nella stufa, tanto d’estate non l’accendeva, per paura che qualcuno li rubasse, nipoti compresi, a novembre del 2016 faceva freddo, ha acceso la stufa e quando si è ricordata dei soldi…puff! tutti bruciati…

  8. Bel pezzo…rende la perfetta idea della fobia del poveretto…che ha sprecato la vita per i soldi che neanche utilizzerà…ma mi chiedo…sarà forse che le persone si creano fissazioni per rendersi infelici…in quanto l’autolesionismo fa da padrone?
    sagace e acuto…ciao

  9. Questa storia, bellissima e che scorre con un crescendo d’ansia fino alla fine, mi ha ricordato un passaggio del Mago di Lublino di I.Singer . L’attaccamento morboso alle cose materiali porta spesso alla perdita di queste stesse o di sè.

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