La maschera

mascheraIn casa era così: dolce, disponibile, sereno. Le figlie lo adoravano e la moglie lo amava da sempre; ma sul lavoro era tutta un’altra cosa. Era molto giovane per il tipo di ruolo richiesto e il rischio di non avere autorevolezza sufficiente per gestire il personale e imporsi sui colleghi era molto elevato. Si era fatto crescere la barba, aveva imparato a vestire in modo meno giovanile, aveva comprato persino un paio di occhiali dalla montatura pesante e il tutto per accrescere la sua credibilità. Aveva sempre però l’impressione che non fosse abbastanza e che, ogni tanto, lo prendessero anche in giro non appena voltava loro le spalle.
Così un giorno, uscendo di casa, si mise la maschera. L’aveva trovata in un baule, nella cantina, avvolta in carta da giornale con sopra la scritta ‘da non usare’. Forse era stata del padre o forse del nonno ma nessuno di loro ne aveva mai fatto cenno. Non si curò dell’avvertimento perché, appena provata, se la sentiva perfetta addosso; calzava a meraviglia e, da quel che poteva osservare dal pezzo di specchio che aveva in quella stessa cantina, gli assicurava quel pizzico di severità che gli occorreva, ma anche un non so che di risolutezza e persino di moderata alterigia e comunque di indiscussa superiorità. In fondo era ancora lui ma, sotto sotto, non lo era più.
La nascose nel portaombrelli sul pianerottolo di casa e, l’indomani, dopo aver salutato moglie e figlie, se la mise per andare in ufficio. Come aveva sperato, d’un tratto, non ci furono più problemi. Non faceva in tempo a pensare ciò che i collaboratori avrebbero dovuto svolgere che loro già loro l’avevano eseguito. Erano ossequiosi e pendevano dalle sue labbra desiderosi di compiacergli. Il suo viso evidentemente esprimeva rispetto, autorevolezza, capacità di comando; non c’era più traccia delle imbarazzanti incertezze di una volta: si sentiva finalmente appagato.
Sarà solo per poco tempo’, si giustificò con se stesso: ‘io so del resto quanto valgo ed è solo una questione di forma: continuerò così, solo per un po’, almeno fino a quando non avranno imparato a rispettarmi e poi ne farò a meno’.
Ben presto questa preparazione mattutina divenne una routine. Al mattino usciva di casa, indossava la sua maschera e andava a lavorare. La sera tornava, se la toglieva, e si godeva la famiglia.
Trascorsero in questo modo alcuni mesi. Ma anche quando sul lavoro oramai tutti lo stimavano considerandolo indiscutibilmente il loro leader lui non se la sentiva più di lasciare la maschera nel portaombrelli. Non ancora. Alla sera quando la riponeva si diceva che sarebbe stata l’ultima volta, ma poi al mattino la indossava di nuovo. ‘In fondo, che male c’è’?’ si diceva.
Poi, una mattina, mentre stava per entrare in ufficio, vedendosi nel riflesso della vetrina di un bar, si accorse di aver dimenticato di indossare la maschera. Oramai era diventata una tale abitudine metterla e toglierla che non ci aveva fatto più caso. Che fare ora? Entrare lo stesso e affrontare il nuovo corso? Oppure tornare a casa? ‘Che seccatura!’, pensò, ‘proprio oggi che viene in visita il Direttore Generale‘. No, non poteva darsi malato e capì anche che non avrebbe potuto neppure sedersi dietro la sua scrivania e affrontare una giornata simile senza la sicurezza che la maschera gli avrebbe potuto dare. Doveva tornare a prenderla: forse avrebbe fatto in tempo. Dopo tutto era ancora presto e, a casa sua, non c’era più nessuno.
Prese un taxi e, in poco tempo, fu davanti al portone di casa. Salì velocemente i gradini e, una volta arrivato al portaombrelli, ci frugò febbrilmente dentro: la maschera non c’era. ‘Com’è possibile?’ si chiese allibito. Cercò meglio tirando fuori tutti gli ombrelli e un vecchio bastone da passeggio. Niente, non c’era. In quell’istante uscì la moglie e le sue due figlie. Quel giorno c’era la recita di fine anno e le sue bambine sarebbero uscite più tardi del solito: l’aveva dimenticato. E appena lo videro lì, davanti alla porta di casa loro, chino per terra, gli occhi strabuzzati, si misero a gridare spaventate. Lui non riusciva a capire. La moglie e le figlie lo avevano guardato in faccia e non lo avevano riconosciuto. Si tastò il viso. La maschera era lì, al suo posto: si era sbagliato a credere di non averla indossata.
«Ma no, Tesoro» disse allora lui facendo un passo verso la moglie e le figlie: «Anche voi bambine, non dovete spaventarvi sono io, sono papà… ho solo una maschera indosso… volevo farvi uno scherzo.»
La moglie nel frattempo aveva chiuso la porta di casa e, spingendo le bambine davanti a sé, fece scendere loro rapidamente le scale: erano scoppiate a piangere, terrorizzate per quelle parole che l’uomo sconosciuto aveva pronunciato.
«Guardate è solo una maschera…» disse ancora lui sporgendosi verso di loro dalla ringhiera e provando a levarla «guardate, la tolgo subito». Ma non ci riusciva, non c’era più il bordo, anche se impercettibile, sul collo e sulla fronte per poterla cavare: oramai era tutt’una con la sua faccia.

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40 pensieri su “La maschera

  1. coinvolgente e significativo: inquietante ma vero il finale, la maschera che uno si mette finisce per influenzarlo al punto che ne diventa schiavo e non ceòla fa più a togliersela…però come tratti tu il tema è narrazione pura

  2. Racconto che offre spunti di riflessione. Chi è che non ha mai indossato una maschera? A volte senza rendersene conto, a volte per nascondersi e trovare coraggio, per necessità…o gioco; anche qui, ad esempio, comunichiamo attraverso icone, nickname, per sentirci liberi di esprimerci

  3. Come sempre avvincente…si parte piano piano, per finire con un cuore che batte all’impazzata. Bravo!
    Fingere non serve a niente.Finzione=bugia…le bugie hanno le gambe corte!oppure “raccogli quel che semini”.

  4. bel racconto, narrato in modo sapiente come al solito, ma il finale non mi convince. fino al giorno prima l’ha tolta (la maschera) e ora per esigenze prettamente narrative (morale della favola) non ci riesce. non so… mi pare che così sopravviva solo il piano allegorico. non era più “calzante” se 1) lui si toglie la maschera 2) la moglie (e le bambine) sono ovviamente sconvolte lo stesso 3) lui si rimette la maschera e le insegue 4) confidando nel carisma della maschera ordina alle figlie di stare tranquille e alla moglie di ubbidirgli 5) sviluppi vari ed eventuali, potenzialmente anche molto “scomodi” (un trionfo del marito padrone sarebbe politicamente scorrettissimo ma proprio per questo…).
    (ps: mi suona meglio “tutt’uno con la sua faccia”, maveditù)

  5. Se posso dire la mia su come scrivi, il fatto che tu abbia molta attenzione per gli stati emotivi non può indurre a credere che tu abbia animo femminile, perché sarebbe equivalente a dire che ogni psicologo è donna! E la cosa fa ridere…
    Forse per qualcuno mascolinità e rozzezza sono sinonimi…ed è errato a mio parere! CIAO

    • Sì, che le emozioni siano ad uso esclusivo delle donne rischia di essere uno stereotipo, anche se molto, molto comune.
      Ma poi chi scrive è tendenzialmente in ascolto di se stesso, quindi è un parametro che risulta essere ancora più fallace.

  6. chi si mette in maschera non torna più indietro. La maschera diventa il suo usuale viso. il nostro ometto si è trasformato e non può più tornare indietro. Sarà riverito sul lavoro ma ha perso la stima della moglie e dei figli.

  7. Inquietante, come lo sono le “vere” maschere. Triste pesare che spesso la società ci impone ruoli che non ci appartengono e ancora più triste è pensare quanti ormai accettino di indossarla.

  8. Comunque dopo aver letto il tuo pezzo …ancora più vado fiera di usare la mia vera faccia senza pormi il problema di essere stimata da chi non stimo…e gongolo quando gli altri che non mi interessano rimangono delusi dal non trovare riscontri…mi piace che la gente folle si disperi…ognuno infatti deve avere pretese da se stesso e non dal prossimo per evitare delusioni!!!
    Sei grande!!!

  9. Comunque si sente un pizzico di chi troppo tira la corda la spezza…il protagonista del brano avrebbe dovuto avere la forza di accettarsi …senza tirare la finzione all’infinito…
    Grazie per le tue perle di saggezza!!!

  10. Bel pezzo e bel post…ben scritti…hai acume da vendere…una riflessione nasce spontanea: la maschera è servita a costruire o a distruggere? Entrambe: ha costruito l’immagine falsa di uomo e distrutto quella vera…
    Bisogna stare attenti alle maschere…perché come ogni menzogna uccidono la fiducia …chiaro che chi si è relazionato con la maschera non si è relazionato in nessun modo con l’uomo e non lo conosce e chi invece lo conosce, come la moglie e le figlie, non può accettare la maschera al posto dell’uomo!!!
    CIAO

  11. molto bello , che tristezza sapere che di maschere in giro ce ne sono tante . Anche io nella mia vita ho avuto per un certo periodo una maschera , ma non mi piaceva e sono tornato a indossare il mio sorriso migliore , quello di tutti i giorni

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