Porta la valigia

Da ragazzo Marcello era brillante, allegro, ottimista. Poi, diventando adulto, la vita l’aveva piegato e torto come un albero da frutto in un terreno troppo morbido. Aveva cominciato a sentirsi depresso, vuoto, un tugurio abbandonato sul ciglio di un baratro. Eppure non gli mancava nulla; né una bella famiglia che lo amava, né l’agiatezza e neppure la salute.
Il fratello minore che viveva lontano, ogni volta che andava a fargli visita, lo trovava psicologicamente sempre più distante, inaccessibile, sigillato sempre più nella sua scatola grigia senza uscita.
«Ho la persona che fa per te» gli rivelò un giorno il minore, deciso a trovare una soluzione non potendo più sopportare di vederlo in quello stato. «A metà costa del Montelora, da queste parti, vive da qualche tempo un uomo che ti può aiutare…»
«Cos’è il solito santone, vecchio e saggio, che mi darà erbe amare e consigli stantii?» fece Marcello sarcastico. «E poi io sto benissimo.»
«Innanzitutto tu non stai affatto benissimo e poi si tratta di una persona normale: dicono, anzi, che sia più giovane di noi, un ex prete…»
«Ecco, ci mancava solo l’eremita ascetico…»
«Macché, stammi a sentire: è un uomo di mezza età che si è ritirato in montagna per trovare un po’ di pace e di solitudine; è la vita che ha sempre voluto e va bene così; ma non è questo il punto; il punto è che tutti quelli che si sono rivolti a lui hanno trovato se non una soluzione ai propri problemi, almeno un grande sollievo…»
«Mah…»
«Cosa ti costa provare?»
Marcello guardò suo fratello come se volesse dirgli ‘Cosa vuoi da me? Lasciami in pace’. Inaspettatamente, però, gettando via da sé il mozzicone della sigaretta, gli chiese:
«E come lo trovo?»
«Ho scritto tutto qui, su questo foglio» e glielo allungò.
«Va bene, ci penserò.»
«C’è una condizione, però» aggiunse il fratello.
«Ecco, lo sapevo, vorrà ovviamente un’offerta… diciamo così…»
«No, niente danaro. Devi solo portarti dietro una valigia.»
«E quanti giorni devo stare fuori? Io non ho tempo per le scampagnate, non posso allontanarmi troppo dallo studio, lo sai benissimo.»
«Rimarrai fuori solo un giorno, te lo assicuro, e la valigia deve essere vuota.»
«Vuota?»
«Vuota.»
«E che ci faccio in mezzo ai monti con una valigia vuota?»
«Non ne ho idea. So che questa è l’unica condizione che pone. Non so altro. Dice poi che, una volta che si è da lui, si capisce il perché.»
«È proprio strambo il tuo amico.»
«Non è un mio amico.»

Passò un mese e Marcello partì per il Montelora. Secondo le indicazioni ricevute, al bivio per il paese di Vangeli, lasciò il SUV e prese il sentiero che si inerpicava sino alla cima. Così fece, con tanto di valigia al seguito.
Pian piano che saliva però si accorgeva che qualcosa non andava. Era come se avesse dimenticato qualcosa in quella valigia. Era sicuro che fosse vuota, ma forse qualcuno, a sua insaputa, doveva averla preparata e riempita sapendo del viaggio. La sistemò su un masso schiacciato e cercò di aprirla. Le serrature si erano incastrate e non c’era verso di farle scattare. Aveva sbagliato a dar retta al fratello, disse tra sé e sé rimpiangendo il divano di casa sua; ma decise di proseguire ugualmente. Il sentiero diventò ben presto sempre più impervio e la valigia sempre più pesante. Aveva preventivato di metterci solo poche ore per arrivare a destinazione, ma il fardello della valigia gli rallentò notevolmente il passo. Gli venne anche in mente di lasciarla da qualche parte, in un cespuglio, ma ci teneva troppo; era un ricordo di quando, da ragazzo, aveva girato tutta l’Europa: era sicuro che non l’avrebbe più ritrovata al suo ritorno.
Arrivò alla baita dell’ex prete che era notte. Era stremato. La valigia si era fatta così greve da sembrare ricolma di sassi; ormai la trascinava a fatica, curvo, procedendo all’indietro. Alzò gli occhi velati di sudore e vide che l’uomo della baita lo stava aspettando. Aveva acceso un grosso falò e lo alimentava con delle fascine.
«Buona sera» mormorò appena Marcello senza fiato non sentendo più le gambe. «Io sono…»
«Butta la valigia nel fuoco!»
«Cosa? Non ci penso nemmeno.»
«Butta la valigia nel fuoco!» ripeté con risolutezza l’ex prete indicando le fiamme. Marcello si ammutolì. Trascorsero alcuni momenti di imbarazzo. Quindi trascinò in silenzio la valigia fino a quando non fu posizionata dentro al fuoco vivo. Stettero entrambi a vederla bruciare. Il fuoco scoppiettava, schioccava, divorava la valigia come se dentro ci fosse stata benzina.
«E ora come ti senti?» gli chiese l’uomo dopo circa un quarto d’ora.
Marcello non rispose. Si limitava a guardarlo sorridere. Poi diede ancora un’occhiata alla valigia e poi ancora all’uomo.
«Molto meglio, ora. Sì… molto meglio.»

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39 pensieri su “Porta la valigia

  1. mi capita spesso di dimenticare la borsa da qualche parte. Una volta un mio amico in analisi, di fronte alle mie incertezze esistenziali, mi suggerì di disfarmi della mia borsa. Intendeva qualcosa simile alla tua valigia. Ma l’unico modo che conosco e metto in pratica, senza consapevolezza alcuna né voglia di agire consapevolmente, è quello di “dimenticarmi”la borsa di pelle da qualche parte. Quando realizzo che mi manca, vado a cercarla. Mi piacciono i pesi purché siano leggeri . Danno un senso alla vita. Grazie!

  2. Ho provato spesso. Alla valigia non ci sono ancora arrivato e, forse, non ci arriverò mai. Periodicamente, però, con un non irrilevante atto coraggio, getto alle fiamme uno zaino. Per il momento funziona abbastanza. Qualche volta sul fuoco, prima di bruciare, lo zaino scoppietta e fa scintille.
    PS – Ho numerosi zaini nuovi, in attesa del loro turno.
    >Complimenti come d’uso.
    banzai43

  3. Bel racconto, uno spunto per riflettere. Diciamo che ci vorrebbe qualcuno che ci obbligasse a gettare la nostra valigia nel fuoco ma…si riempirebbe sempre di altro. Vivere costa fatica, ci tocca trascinare dietro sempre qualcosa…magari un trolley 😉

  4. Io sono un’accumulatrice. Non solo materiale. Soprattutto emotiva. Non sarei stata in grado di buttare la valigia, ma so che mi avrebbe fatto un gran bene.
    Dove si trova questo tizio? Ne avrei bisogno

    • Dunque, venendo da Alvona, lasci alle spalle il mare e prendi la statale 104 per l’entroterra; a Vigonovo di Massa ti fermi a mangiare all’osteria del ‘Porcellino incatenato’, se ti piacciono la girelline fritte che lì le fanno davvero buone, e, dopo aver visitato l’orto delle famose erbe turchesi dei benedettini a Vigonovo alta, nel pomeriggio prosegui per il lago. Raggiungi Cassionese, Trebarò e Vangeli, dopodiché fermi la macchina sulla sinistra, sullo spiazzo della panoramica, lì dove di solito sosta il baracchino che vende ricordini della Valle, e vai su, a Montelora.
      Però devi avere la valigia con te.
      Rigorosamente vuota. 🙂

  5. Racconto molto bello! Liberarsi del peso del passato e dei ricordi è probabilmente la cosa più difficile da fare, ma è l’unica che permette di continuare a vivere, ammesso che della vita si sappia o si possa vedere il senso, altra cosa molto difficile!

  6. Di grande ispirazione. Più che una valigia, mi porto appresso talmente tanta roba che sembra un trasloco. Devo liberarmene come ha fatto Marcello.
    Gran bel racconto!

  7. la faticaccia di portarsi dietro problemi e preoccupazioni sono un bel peso da trascinare, soprattutto in salita.
    E va bene, Marcello li ha gettati nel fuoco a bruciare.
    Liberati dalla zavorra e sarai più leggero.

  8. Poi…spesso la monotonia è dovuta al fatto che in giro ci sono molte persone noiose…che fanno discorsi ridicoli…quindi appesantiscono ogni ambiente rendendolo disarmonico…
    Meglio farsi uscire dalle orecchie ogni discorso che entra…come dire….che dicano…dicano….dicano a vanvera perdendo tempo inutilmente😀

  9. Liberarsi dei “pesi”…cambiare vita,nuove amicizie,nuovi incontri,scoperte…per capire del tempo perso a rimurginare su storie “pesanti” solo a te!…che bello pero’poi accorgersi facendo una risata di liberazione! Scusa delle ripetizioni…. 😉

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