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slidesUgo scese le scale di casa lentamente; cercava di ricordarsi se avesse dimenticato qualcosa. Sì, il neon in cucina l’aveva spento e anche il gas sotto la moka. E il computer? Ma sì lo aveva preso.
Era ormai arrivato nell’androne quando vide sui primi gradini due scatole robuste di cartone posizionate in modo sbilenco, una sopra l’altra: erano piccole ma capienti, senza scritte visibili. ‘Chissà di chi sono…’ si disse passando loro accanto; fatti due passi verso il portone tornò indietro. ‘Di questi tempi, non c’è mica da fidarsi’ pensò per giustificare quello che stava per fare. Inserì con finta noncuranza l’unghia appena sotto il coperchio e lo sollevò di scatto.
Si trattava di diapositive, tante, riposte ordinatamente nel rispettive scatole multicolori. Ne stava per prendere una in mano per vedere di cosa si trattava quando sentì che, qualche piano più in su, qualcuno aveva chiuso la porta di casa e stava scendendo. Richiuse la scatola e uscì in fretta.
Qualche giorno dopo rivide altre due scatole, per lo più simili alle prime, e più o meno nella stessa posizione. ‘Ma di chi possono essere tutte queste diapositive?’ si domandò questa volta a voce alta, sempre più curioso. Fece mente locale per ricordarsi chi abitasse nel condominio. Erano tutte persone che conosceva da almeno trent’anni, tranne alcuni brutti figuri ‘colorati’ del primo piano; nessuno comunque, per quel che ricordava, faceva fotografie o faceva uso di diapositive per ragioni di studio o lavoro. ‘Strano, proprio strano…’ Si avvicinò con studiata indifferenza e con una mossa repentina fece saltare nuovamente il coperchio; le scatoline delle diapositive erano questa volte tutte azzurre, diverse dunque da quelle dell’altro giorno: ci saranno state, mal contate, circa cinquecento slide. Afferrò una scatolina per vedere di cosa si trattasse quando sentì scattare l’apriporta del portone d’ingresso. Aveva fatto appena in tempo a rimettere tutto a posto che entrò nell’androne l’anziano ing. Mesticchi, l’unica persona, tra l’altro, cui aveva pensato potessero appartenere le scatole.
«Buongiorno ingegnere» fece Ugo andandogli incontro disinvolto.
«Oh… sig. Bezzi, non l’avevo vista, come sta?»
«Non c’è male, dopotutto…» e mentre Mesticchi si girava con un gesto automatico verso le cassette delle lettere per controllare se c’era posta Ugo gli rivelò: «Sono arrivate le scatole…» usando un tono come se entrambi sapessero di cosa stessero parlando.
«Scatole?»
«Sì, quelle!» e le indicò di sfuggita come se non potessero che essere sui gradini.
«Ah… e di chi sono? Sono sue?»
«No di certo! Non so nemmeno cosa contengano» rispose Ugo osservando in modo interrogativo l’ingegnere.
«Be’ non sono neanche mie» concluse Mesticchi con la sua solita aria svagata. «Buona giornata!» fece subito dopo, tagliando corto.
«Buona giornata» contraccambiò Ugo deluso.
Passarono diverse settimane senza che si notassero nell’androne altre scatole.
Non ci stava pensando più quando una mattina, saranno state le sei, Ugo le vide di nuovo al solito posto, impilate alla stessa maniera, una sopra l’altra, quasi in bilico. Accese la luce dell’androne e le guardò bene. Lo incuriosì in particolare quella posizionata sotto: anche se era della medesima foggia e consistenza di tutte le altre si presentava però di un colore giallo pallido fluorescente. Balzava agli occhi. Scostò la scatola che la imprigionava e la sollevò. Come le altre non aveva scritte, né indicazioni o etichette che suggerissero di cosa si trattasse o da dove provenisse. La scosse un poco. Era piena, ma non di diapositive, ne era sicuro. ‘Interessante’ pensò. Si guardò in giro, stette per un attimo in ascolto nel caso giungessero rumori dalla tromba delle scale. C’era un silenzio da cripta abbandonata. Considerò che era per giunta molto presto e difficilmente qualcuno sarebbe potuto entrare dal portone d’ingresso. Si sedette sul gradino per stare più comodo: era la volta buona per saperne di più. Ebbe un attimo di incertezza. Poi si convinse: doveva sapere. Prese il coperchio per un lembo e lo alzò con delicatezza. Fu quello il momento esatto in cui la luce temporizzata dell’androne si spense. Ugo fece per alzarsi per riaccendere la luce quando qualcosa lo morse violentemente alla guancia destra. Sentì un dolore lancinante come di un ferro rovente che gli trapassasse la faccia. Avvertì la precisa sensazione che il sangue gli si stesse rattrappendo con rapidità nelle vene. Non riusciva più a respirare: una montagna gli era piombata sopra il petto. Perse l’equilibrio e cadde a terra con la bocca piena di schiuma appiccicosa. Un fuoco inestinguibile divampava nella testa. Sentì uno scatto: qualcuno aveva acceso la luce delle scale. Ma oramai era tutto buio intorno a lui.
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33 pensieri su “Slide

  1. Ah, i ficcanaso! Rischiano sempre una brutta fine. Comunque credo che anche io avrei aperto quelle scatole…mica è bella la consegna anonima dentro casa…

  2. Che forte! Ci si resta male al principio, senza un seguito, ma se ci fosse, sarebbe peggio! Grande capacità narratoria e ancor più la libertà che lasci astenendoti da velleità narcisistiche tipiche dello scrittore che tesse una trama e ne vuole controllare ordito e orli! Fosse anche per mancanza di voglia di completare o di idee originali, hai comunque fatto centro! 😉

  3. Secondo me è perfetto così, rende l’idea di tutti gli impiccioni che mi sento addosso come miele appiccicoso scivolato accidentalmente sul mio corpo. Che sensazione fastidiosa! Dunque ben gli sta! Non mi interessa il seguito, mi soddisfa pensare che sia stato punito a causa di questa irrefrenabile curiosità. 😝😝😝

  4. Un mastino? Un orso con il cuore ferito che aveva perso il suo domatore? Un gargoyle? Un cucciolo di Lessie? Un allucinazione? Un trillo del cell che ha invitato l’autore a chiuderla lì?
    Beh però sei bravo/a a scrivere! Accompagni per mano e poi un fruscio e non ci sei più … Un foglio a righe con scritto “adesso vai tu”

  5. A volte il panico è più pericoloso del (presunto) morso.
    E finalmente non è colpa di Pandora!

    Buona serata 🙂

    • E senza nemmeno un finanche… (mi scuso, ma sono rimasto davvero senza… Per le imminenti ferie le fabbriche stanno per chiudere e non consegnano più. Riuscirai ad aspettare settembre?). 🙂

        • Un tuttavia andrebbe bene, ho anche un ‘pur’ in qualche cassetto per metterli insieme. In cambio, da darti, ho però solo due acciocché e un imperocché che temo siano andati a male… (con questo caldo).

          • Perfetto, mi piace l’acciocché, ne prendo uno sperando che non si sciolga lungo il tragitto!
            Naturalmente, in attesa di settembre…
            🙂

  6. Bel pezzo…alla tua maniera…fa riflettere… Solita situazione in cui nessuno sa…e basta un capro espiatorio che paghi per tutti per poi tornare all’indifferenza…sagace…ciao…

  7. Mi piace l’idea che il racconto finisca ad “interpretazione personale” lascia uno spazio immenso di possibilità, tutte plausibili……
    Certo per la fetta di persone concrete non deve essere una cosa felice non poter leggere l’epilogo 😉

    • Però, se alle persone ‘concrete’ piace leggere, lo sforzarsi di dare un’interpretazione personale potrebbe costituire un margine di miglioramento. O no?
      Oppure ci si può mettere d’accordo e per loro potrei scrivere, su un’altra pagina, un finale apposito.
      Sono duttile.
      E pieno di buon senso. 😉

      • Se scrivessi il finale la curiosità avrebbe la meglio anche sui sognatori temo!
        Però non si può mai sapere che cosa ci riserva il futuro, ci reinventiamo e reinterpretiamo continuamente nella vita quindi un bel “mai dire mai” a questo punto è d’obbligo…

  8. Un racconto avvincente e pieno di mistero, ma perché farlo finire così di netto? Mi è dispiaciuto non continuare la lettura di questo misterioso caso delle scatole abbandonate. Dagli un seguito.
    Baci, baci 😃😘😜🤓

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