La Toma degli Angeli

moutainManfredi non era un enologo, anche se avrebbe voluto. Però era un appassionato: sia del vino che del mangiar bene, in generale. Ed è per questo che, trovandosi dalle parti delle cime di T. e avendo letto che in quota, verso il valico, si poteva assaggiare un vino spettacolare, decise di fare una deviazione; era rimasto un solo vigneto, c’era scritto sulla guida, e lo faceva andare un contadino di ormai quasi ottant’anni, che ci metteva la stessa passione di quando era ragazzo.
Non c’erano indicazioni e pensava di essersi perso quando giunse in uno spiazzo strappato alle rocce di granito rosa e su cui sorgeva di lato, inaspettata, una baita sbilenca; sotto il portico, un vecchio riposava su una sedia di paglia.
«Il Maso dei Principi è qui?» chiese lui abbassando il finestrino.
Il vecchio fece alcune prove per mettersi in piedi. Poi, appoggiando finalmente il bastone in un punto preciso della balaustra davanti a sé, riuscì ad alzarsi: «Sì» disse come se rispondesse a un appello, ma solo dopo aver annuito vistosamente per qualche secondo.
«Volevo assaggiare il vino e…»
«Venga» fece il vecchio e subito sparì dietro casa. Manfredi scese dalla macchina, incuriosito, cercando di seguirlo. Dopo un po’, sentì un tramestio provenire dall’interno di una casupola nascosta tra piante di ribes, e vi entrò. Un profumo intenso lo abbracciò come in un addio d’amore. Era una miscela di mele nettarine, fieno appena tagliato ed erba di montagna con un vago sentore di mirtilli e di cieli azzurri.
«Tenga, beva» fece il vecchio, sicuro di sé, tendendo un bicchiere e un braccio che tremava nell’aria. Il vino, trafitto dalla luce smunta di una lampadina pendente dal soffitto, appariva limpido con sfumature d’oro e pagliuzze di smeraldo. Accostato il bicchiere al naso Manfredi avvertì quello stesso bouquet intenso che aveva sentito entrando in cantina. Bevve. Il sapore fruttato gli pervase cuore e mente in un mélange armonioso di gusti persistenti di rara squisitezza.
«Ma è buonissimo!» si limitò a dire senza riuscire ad aggiungere nulla. «Me ne dia un cartone di nove bottiglie.
«Ne è sicuro?» fece l’uomo spalancando gli occhi increduli.
«Più che sicuro, perché?»
«Lei è forestiero, vero?»
«Sì…» rispose l’altro mettendosi sulla difensiva.
«Perché questo è il Grigiazzo, il Vino degli Angeli e deve essere bevuto nella Valle, non può portarselo a casa…»
Manfredi lo guardò interdetto, non capì. Poi, mentendo, disse: «Ma certo, sì, che diamine!»

Trascorse un mese e Manfredi ritornò al Maso.
«Lei l’altra volta mi ha fregato!» esclamò appena uscito dalla macchina facendo la faccia scura: «mi ha dato dell’acqua sporca spacciandola per vino… potrei denunciarla!»
Il vecchio era seduto tranquillo sulla sua sedia di paglia. Fece alcuni gesti inutili per mettersi in piedi fino a quando il bastone trovò il buco ai piedi della balaustra che lo aiutò a issarsi.
«Ma glielo avevo detto quando era venuto, non se lo ricorda?» obiettò lui traballando sul bastone.
«No» rispose Manfredi sentendosi in colpa.
«Male. Se mi avesse ascoltato si sarebbe reso conto che il vino che le ho venduto, fino a quando rimane nella Valle, conserva tutte le proprietà e il gusto che lo rendono speciale. Appena invece il liquido si allontana da questi abeti, dalle rocce di granito, dal respiro di questi monti, diventa imbevibile: solo acqua di stagno e spremuta di alghe di torrente.»
«Sì, era proprio quello il sapore. Ho fatto una pessima figura con i miei ospiti!»
«Non si sa perché questo avvenga» cercò di spiegare il vecchio come se si scusasse.«Noi valligiani lo chiamiamo Vino degli Angeli proprio per questo, perché dietro c’è qualche miracolo che lo tiene insieme.»
Manfredi voleva dire a questo punto qualcosa ma se l’era dimenticato.
«Ma via, non stia ad angustiarsi…» fece il contadino chiamandolo a sé con un largo gesto della mano ampia come un badile «venga… che le offro una bottiglia di quello buono… e sparì dietro casa.»
Manfredi assaporò nuovamente quel nettare paradisiaco e riuscì solo a chiudere gli occhi per gustarlo meglio. Se solo fosse stato possibile era ancora meglio di come lo ricordava.
«Tenga, se lo goda mangiando questa toma…» gli disse il contadino allungandogli con complicità un pezzo di formaggio infilzato nella lama rugginosa di un coltello da pota.
«Insieme sono una vera squisitezza» convenne Manfredi estasiato. «Se ne potrebbe acquistare un po’?»
«Certo, ma vendo solo forme intere da dieci chili l’una.»
«Andrà benissimo.»

Manfredi stava per prendere il tratturo che lo avrebbe condotto fino alla piana quando il vecchio, claudicando, lo fermò.
«Ovviamente questo è la Toma degli Angeli…» gli disse sorridendo. Manfredi lo squadrò senza capire. «Nel senso che lo deve mangiare senza lasciare la Valle, a casa avrà sapore di cartone e fango.»

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40 pensieri su “La Toma degli Angeli

  1. Un racconto per me evocativo quando nelle malghe alpine, d’estate, varie volte s’incontravano personaggi simili a questo contadino. Vino, formaggi e anche sopressa nelle malghe sotto il Grappa. Come sempre il tuo post convince e ammalia. Molto bravo, è un piacere rinnovato leggerti. un bacio. Isabella

  2. Ciao, ti ho nominato come scrittore dalle 1000 idee e intelligente blogger nelle risposte, misurato e moderato anche quando altri avrebbero elargito un VAFF…
    Complimenti!!!

  3. Ciao! Ti ho nominata in un tag molto carino intitolato “Mi piace fotografare”, che trovi nel mio ultimo articolo, spero ti faccia piacere partecipare! 😉

  4. “Un profumo intenso lo abbracciò come in un addio d’amore.” Questa frase è incantevole! … io sto ancora aspettando il suo libro di (minimo) 300 pagine. Ecco. Grazie.

  5. Ma “se insieme sono una vera squisitezza”…gli altri elementi guastano il sapore…bisogna toglierli gli altri elementi!!!

  6. Il mio amore lasciato sapeva di fiele! è proprio vero che nella poesia si può tutto così come il bello e il buono vivono presenti nel ricordo.
    Sherazade

  7. Ciao briciola che bello e magico racconto…..per me è così, il sapore di certi cibi sono buoni solo nel posto dove sono nati…. Poi l’addio d’amore mi ha toccato il cuore. Mi sono calata nell’atmosfera del racconto…sarà che ieri sono stata in montagna…io l’adoro!
    bravooooooooooooooo

  8. Il vecchio è parente di quell’altro vecchio che ha allungato a George l’ultimo capitolo del suo best-seller…Si dice: parenti serpenti. Questi due lo sono di sicuro.

  9. Stupendo! Gli Angeli hanno colpito due volte. La prima col vino, la seconda col il formaggio. Ma mi sa che quel vecchio è molto più furbo del nostra manfredi, che non capisce di essere ingannato dall’atmosfera della Valle.

  10. Ammesso che il contadino sia in buona fede e non voglia tenere per sé il vino e i formaggi migliori, secondo me, considerata la loro particolarità, tutto dipende dalla predisposizione alla magia di chi li acquista una volta lasciata la Valle.

    P.S. E’ scritto meravigliosamente. Adesso ti toccherà offrire vino e formaggio a tutti (anche se in realtà ho avuto la sensazione di gustarmeli in pieno).

    🙂

  11. Molto bello e scorrevole nella forma aneddotica.
    Mi ha ricordato un passaggio, vissuto, al Ghuntersleich, un Maso nell’alta Val Pusteria dove sono cresciuto a contatto con la natura e con la natura degli uomini.
    Gli angeli, in Val T., però, sembrano molto più intelligenti.
    L’accuratezza del corredo fotografico, poi, mi ha messo in ottima disposizione di lettura.
    Decisamente un bel passaggio.

    Buona domenica e se del caso, buone vacanze

  12. Bravo…bel pezzo…mi suggerisce l’idea che le prelibatezze hanno un sapore migliore se non vengono sradicate…chissà se esiste il Pane dell’Angelo viaggiatore…da portare sempre con sé!!!
    Ciao

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