Bramadivina

khanjarUmme l’aveva sempre odiata, sin da bambina. Non solo perché Naim era la più bella e la più intelligente del paese, sapendo leggere e scrivere, ma anche perché faceva parte di una delle famiglie più povere della zona e, nonostante ciò, quando la incontrava per strada, non salutava mai per prima, né abbassava lo sguardo, anche se lei, Umme Muzmallah Ashraf, apparteneva a generazioni di rispettabili e temuti khan e aveva sposato Sabir Zamel, il potente boia della regione.
Così quando il marito le rivelò che Naim era uscita in strada senza l’accompagno di un uomo e che Nabil Malik, il severo maulana venuto dalla città, l’aveva denunciata al Consiglio degli Anziani, provò una gioia incontenibile nel sapere che era stata condannata, all’indomani, al taglio del naso sulla pubblica piazza. Un colpo preciso della Bramadivina, come Sabir chiamava affettuosamente la lama consacrata impiegata per le esecuzioni ed ereditata dagli avi, e Naim sarebbe stata costretta a girare con il burqa per tutta la vita. Suo marito sapeva del resto fare bene il suo mestiere: era anche famoso in tutta la valle per aver una volta tagliato in due, a occhi bendati, un cece mentre cadeva dal tavolo. Ma Umme voleva di più, molto di più.
Approfittando che Sabir si fosse assentato quel pomeriggio per far visita a un parente, si recò nel lazzaretto di Kandabar ai confini sud del villaggio. Si era portata dietro alcune pezze di cotone che passò più volte sulle piaghe del vecchio Latif Narrafat, moribondo, gravemente malato di una malattia terribile e contagiosa. E quelle pezze le strofinò, una volta a casa, sul taglio affilatissimo di Bramadivina perché, oltre al disonore del naso mozzato, Naim morisse lentamente nel peggiore dei modi.
Così arrivò la mattina successiva, stabilita per il taglio esemplare. Umme, sebbene l’inflizione della pena fosse pubblica, decise di non andare per mostrarsi disinteressata. Ma quando Sabir tornò per pranzo avrebbe voluto sapere subito tutto, nei minimi particolari. Il marito però taceva.
«E allora?» chiese lei dopo un po’ non resistendo più per quell’attesa.
Sabir la guardò perplesso perché la domanda presupponeva che lui avesse dovuto conoscere la risposta. Gli occhi tornarono sul suo piatto e mormorò: «Allora cosa?»
Umme si spazientì. «Insomma, com’è andata? A Naim, voglio dire.»
«Naim? Naim chi?»
«Come chi…: la figlia del pecoraio, la figlia di Abzaldebeh: dovevi tagliarle il naso, proprio questa stamattina, come fai a non ricordarlo?»
«Ah lei… Il Consiglio degli Anziani ha commutato la pena all’ultimo minuto… È saltato fuori che era uscita da sola unicamente per comprare delle medicine all’unico maschio di casa che non poteva alzarsi dal letto; sarà comunque affidata alla madrasa di Malik per un corso di rieducazione…»
Umme rimase impietrita. Non sapeva più cosa dire. Squadrò di nuovo Sabir come se pretendesse da lui una spiegazione per quella decisione troppo mite. Poi si accorse della sua mano.
«Ma cosa hai fatto alle dita?»
«Questa cosa qui?» fece lui con un mezzo sorriso e alzando la mano fasciata «ma nulla… è che sto proprio invecchiando… mettendo via Bramadivina mi sono tagliato… Niente di che, passerà.»

37 pensieri su “Bramadivina

  1. Nadia Fagiolo – Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.
    Lady Nadia il scrive:

    Questo finale mi ha colto impreparata! Beh, bello forte direi!

  2. Però a scoppio ritardato ho notato un’altra cosa…la moglie istigatrice è uscita pure lei di casa in assenza del marito e allora meriterebbe lei la punizione …anche perché è uscita per andare a contaminare la pezzuola che infetterà il marito!!!! E il seguito lo continuerei narrando che per tale perfidia fu punita con il taglio del naso…senza sconti di pena.
    Come si dice: tanto tuonò che piovve!!! Ti devo leggere a più riprese per capirti in ogni punto…una lettura frettolosa o superficiale non consente di afferrare ogni piega!!!
    CIAO

  3. Alessandra Bianchi – Mi chiamo Alessandra Bianchi. Amo ballare, nuotare, il sole, il mare e il vento. Ho scritto un romanzo,"Lesbo è un'isola del Mar Egeo" (Borelli Editore, collana Pizzo Nero), che era reperibile nelle migliori librerie (Mondadori, Feltrinelli, etc.) e su vari portali (IBS, ad esempio); ma che adesso è esaurito. Il libro costava 12 euro. Il mio secondo libro si intitola "Sognate con me" ed è una raccolta di racconti, tratti dal mio blog. Costa 10 euro.
    Alessandra Bianchi il scrive:

    Spettacoloso! Ma tu sei tu 🙂

  4. fulvialuna1 – Cammino sempre a due metri da terra, la mia testa vive tra nuvole e venti, tra leggende e figure mitologiche, tra storia e arte....Come dice mio fratello, dovrei vivere in una torre, sulla montagna più alta del mondo; dovrei vivere tra libri, pennelli, tele, colori, stoffe.... Amo le alte vette, ma non disdegno il resto della natura, amo gli animali e il cuore me lo ha rubato un lupo. Amo tantissimo gli uomini che per me sono un mondo incredibile, ma le donne sono la mia forza,; non posso vivere senza bambini e senza le storie che raccontano gli anziani. Amo cucinare, cucire, dipingere, leggere, scrivere diari, scrivere su foglietti che viaggiano nella mia casa come avessero le gambe; mi piace il cinema, il calcio, le moto. Mi piace occuparmi della mia casa e del mio giardino...ma non sono Biancaneve e nemmeno Cenerentola, sono Paola, che per una serie di incredibili storie posso essere anche Penelope e anche Fulvialuna. Il mio sogno più grande è la pace nel mondo, questo mondo in cui cammino sempre a due metri da terra, ma quando ci appoggio i piedi resto ben salda ed è difficile spostarmi, tanto che il mio motto è "...il posto che mi piace si chiama mondo..."
    fulvialuna1 il scrive:

    La “brama” di vendetta è sempre mal pagata!
    Accidenti a stè donne però, finchè si faranno la lotta tra di loro non usciranno mai dalla schiavitù del maschilismo.

  5. E’ un racconto che fa particolarmente riflettere. E’ singolare come, a volte, l’accanimento provenga proprio da chi dovrebbe invece mostrare solidarietà…

    Grazie 🙂

  6. l’attesa della sorpresa è al solito bene calibrata. Che la bella e buona vincesse (o si salvasse) era nell’aria, ma trovarne conferma rincuora. Forse si sarebbe dovuto approfondire le conseguenze sociali per la cattiva Umme. Non credo che in una società come quella essere vedova sia un gran piacere, anche se appartenere ad una gran dinastia forse la poneva al riparo da guai più rilevanti. Da un punto di vista di lessico (sai che sono noioso e spero che al solito mi perdonerai) la frase “Approfittando che Sabir si fosse assentato quel pomeriggio per far visita a un parente…” non mi suona, ma è una sciocchezza rispetto all’impianto generale del racconto. ciao Sandro

  7. banzai43 – Milanese del'43, sposato, due figli, ex dirigente di banca, poeta secondo l'ispirazione. Professo la libertà come un credo. Amo la bellezza e le arti tutte, fra esse la musica jazz e la fotografia. Senza libri sarei disperato. Nonostante tutto credo nell'amicizia. Amo visitare la città (in bicicletta) prendendomi tutto il tempo necessario, le montagne senz'esserne intimidito, la pesca senza trattenere il pescato, il profumo del pane appena sfornato, il sibilo del vento, il rumoreggiare delle foglie nella brezza, i viaggi ... Occupazione attuale? Professionista della libertà.
    banzai43 il scrive:

    Decisamente bello. Vien da chiedersi, comunque, perché il Destino non punisca Umme e s’abbatta, invece, su Sabir.

  8. Un bel racconto con una bella morale. Peccato ci sia andato di mezzo l’unico che non aveva colpa, ma si presume che la moglie venga contagiata dal marito. Domanda: “ai mariti adulteri, nel medioevo, o nelle altre culture, che cosa facevano? o erano considerati solo dei “casanova”?
    Già, perché la donna che va con altri uomini è considerata una p…..a, mentre l’uomo che va con altre donne è solo un latin-lover….

  9. paolina campo – Sono nata a Palermo, per caso. Sì , perché già da qualche anno mio padre era stato trasferito a Salina dove lavorava per conto di una società elettrica. Sull'isola portò mia madre e lì coltivarono il sogno di mettere su una grande famiglia. Decisero comunque di farmi nascere nella loro città d'origine e, dopo appena un mese, tornarono con il loro fagotto che strillava notte e giorno. Ho vissuto la mia infanzia tra lucertole e grilli color smeraldo, fino a quando ci trasferimmo a Palermo. Avevo dodici anni e la città mi sembrava così grande! Seguii i miei studi al liceo scientifico e poi alla facoltà di filosofia, trascorrendo le vacanze estive sempre a Salina dove conobbi mio marito, catanese. Quando mi chiedono se mi sento più eoliana, palermitana o catanese, non ho dubbi a rispondere di essere siciliana.
    paolina campo il scrive:

    Molto bello, complimenti! Tristezza e miseria dell’animo umano, conditi da tanto rispetto e riflessione su come la vita alla fine presenta il conto delle proprie azioni.

  10. deliziosa la descrizione della bassezza morale di Umme,simpatico il lapsus calami di Rosaselvaggia…..ma l’arpia,del racconto,é adultera dello spirito. Bella la Jambja,perfetta nel ruolo di “Bramadivina” ne ho una simile,li la indossano tutti i maschi dai 12 anni in su, chi ha ucciso PIU’ di due persone,gira con il fodero…vuoto! giustizia semplificata.SALUTI

  11. Il fatto è che il lettore, come lo spettatore al cinema, attende che la sua sete di giustizia venga in qualche modo soddisfatta. Ma è sete di giustizia o di vendetta? Racconto, in ogni caso, bello e originale! 🙂

  12. Ahahah…alla fine a rimanere fregato è stato il marito idiota sobillato dalla moglie invidiosa…però nel medioevo alle mogli adulte tagliavano il naso…
    Sagace e acuto come nessuno…

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