Uova di piccione

pigeon-eggQuando la moglie lo chiamò, lo fece in modo esagitato tanto da esserne spaventato.
«Vieni, presto!» gli comandò.
Non aveva nessuna voglia di alzarsi dalla poltrona, ma sapeva bene che Fernanda non avrebbe facilmente desistito, pena il broncio per tutto il resto della giornata. La seguì ciabattando sino all’ultima camera della casa, quella usata per stirare, per archivio e dispensa e chissà cos’altro.
«Guarda!!!» disse lei indicando la finestra e sottolineando con l’espressione del viso una evidenza tutt’altro che evidente. Lui si avvicinò, titubante, come se dovesse stare attento a qualche pericolo in agguato. Vide sotto di sé la solita fetta di strada sottostante: il viavai confuso di gente e di ambulanti circospetti che cercavano di vendere stampe tutte uguali e bastoni per selfie tutti uguali.
«E allora?» fece lui esasperato non capendo cosa dovesse guardare.
«Appunto! Cosa conti di fare? Eh?»
A quella domanda imperiosa capì che la situazione, forse, era più grave di quello che pensasse e meritava maggiore attenzione. Non poteva essere colpa sua se là sotto c’erano gli ambulanti in mezzo alla strada. Oppure sì? Stava cercando di trovare una risposta quando lei ritornò all’attacco.
«I piccioni! Intendo dire i piccioni che hanno appena fatto il nido nel vaso dei ‘tuoi’ gerani. Che ne facciamo? Io non voglio quelle bestiacce piene di malattie a ridosso della casa» e detto questo, con un gesto repentino, spalancò la finestra. Il trambusto del tardo pomeriggio entrò di prepotenza dentro la stanza. Entrò il parlottare concitato delle persone a passeggio per la via, la musica stonata di un girovago che stava intrattenendo turisti accaldati e il suono dolce ma debole di una campana che scivolava giù dalla collina; ma soprattutto entrò il frullare impazzito di un piccione che, vistosi scoperto, lasciò di tutta fretta il nido puntando dritto al cornicione dell’edificio di fronte da cui, una volta abbarbicato, ci spiò preoccupato per le sorti delle sue uova.
«Ma che carine!» scappò di dire a lui vedendo che effettivamente nel vaso di gerani c’era un nido e dentro al nido tre uova color avorio che galleggiavano su un fondo soffice di penne, foglie e paglia.
«Come che carine!?! Ma fanno schifo. Non senti che puzza?» e prima ancora che lui avvertisse un qualsivoglia cattivo odore, lei aveva già chiuso la finestra. «Non stare lì impalato, fai qualcosa per una volta, diomio!»
Lui la guardò perplesso come se non fosse suo marito ma una persona salita per sbaglio dalla via e, facendo perno sui talloni, riprese la strada per la sua poltrona lasciando dietro di sé, come un fazzoletto sgualcito fatto cadere apposta, la sua solita frase di disimpegno: «Beh, ci pensiamo!»
Da quel giorno, però, Fernanda non mollò la presa.
«Allora? Le hai buttate via le uova? Eh? Cosa aspetti? Che nascano i piccoli?»
Insomma era diventata un’autentica tortura.
Così lui una sera, a malincuore, per riprendersi la sua tranquillità, prelevò le uova ancora calde dal nido senza avere però cuore di disfarsene. Se le portò in studio, le mise in un posacenere e, in attesa di una soluzione definitiva, ci mise sopra un libro per nasconderle. Il piccione, dal canto suo invece, per un po’ tornò al vaso di fiori poi, dal momento che le sue uova non sembravano voler più riapparire, disorientato, se ne andò. La pace tornò in famiglia. Almeno fino a quando una sera lei gli disse all’improvviso:
«Abbassa un attimo il volume del televisore…»
Lui obbedì.
«Non lo senti anche tu?» fece lei immobile come se le avessero lanciato addosso una secchiata di cera.
«Cosa?»
«Il verso del piccione!»
«Ma allora la tua è proprio un’ossessione!»
«Macché ossessione. Ti dico che c’è un piccione in casa… senti… turrr… turrr…» fece con le labbra un po’ storte. E subito iniziò a cercare per ogni dove alzando cuscini, aprendo ante di armadi, controllando finanche nella cappa della cucina.
«Senti!» fece ancora fermandosi di colpo e segnando con il dito indice un punto della parete. «Adesso sì che si sente proprio bene!»
«Ma io non sento un bel niente!» protestò lui.
Nei giorni successivi Fernanda non faceva altro che lamentarsi del verso di quella ‘bestiaccia’, persino di notte. Non riusciva più a dormire e di conseguenza non riusciva più a dormire neppure lui. Pensò che la moglie si stesse ammattendo se non fosse stato che, nel ritrovare le tre uova di piccione nel posacenere, le vide che si erano schiuse come se effettivamente fossero nati i piccoli.
‘Non è possibile!’ pensò sbalordito. ‘Come hanno fatto a spostare il libro e a rimetterlo al suo posto? E poi dovrebbero vedersi in giro per la casa, non possono sopravvivere senza la mamma’.
La situazione di lì a qualche giorno peggiorò. La signora Fernanda era diventa isterica con quel turrr… turrr… che sentiva oramai in continuazione, giorno e notte.
Non si può più vivere in luogo simile‘, diceva lei con gli occhi stralunati e agitandosi incontrollata per la casa, ‘ci sono piccioni dappertutto‘ (anche se non si vedevano) ‘ci ammaleremo, ci ammaleremo tutti, me lo sento!
E così costrinse il marito a traslocare senza che lui opponesse grande resistenza dal momento che si sentiva in colpa. Eh sì, perché avrebbe dovuto gettarle via quelle maledette uova, non tenerle. Che errore aveva fatto! Conservarle in casa poi, e per quale motivo? Aveva ragione la moglie a reputarlo un buonannulla.
A questo pensava con la mano sulla maniglia della porta di ingresso mentre dava un’ultima occhiata alle stanze vuote. Sospirò. In quella casa conservava tutti i suoi più bei ricordi anche di quando era stato ragazzo. Sapeva che ci avrebbe lasciato il cuore.
Si tirò dietro la porta e la serratura scattò con un rumore che suonò definitivo.
E nel silenzio che ne seguì si poté sentire: «Turrr… turrr…»

24 pensieri su “Uova di piccione

  1. Più di qualche briciola.
    >>Vide sotto di sé la solita fetta di strada sottostante: il viavai confuso di gente e di ambulanti circospetti che cercavano di vendere stampe tutte uguali e bastoni per selfie tutti uguali.<>A quella domanda imperiosa capì che la situazione, forse, era più grave di quello che pensasse e meritava maggiore attenzione. Non poteva essere colpa sua se là sotto c’erano gli ambulanti in mezzo alla strada. Oppure sì? Stava cercando di trovare una risposta quando lei ritornò all’attacco.<>Il trambusto del tardo pomeriggio entrò di prepotenza dentro la stanza. Entrò il parlottare concitato delle persone a passeggio per la via, la musica stonata di un girovago che stava intrattenendo turisti accaldati…<<

    Buona l'analogia, per chi l'ha colta, fra l'invasione degli immigrati, che incombe sul futuro, per l'incessante natalità, e quella dei piccioni, contro la quale non c'è nulla da fare, sembra.

    I piccoli pigolano, mentre il verso del piccione che ricordo (ne ha più d'uno) è: cu…currucù – cu…currrucù (tubano, mangiano e fanno l'amore).
    Il finale è sospeso, non si può non pensare che i piccoli moriranno di fame, non sono mosche, ma animali intelligenti.
    La natura fa il suo mestiere: o arriveranno i rapaci o non troveranno più cibo.

    Ecco il mio finale:
    Cloralio, (il nome del marito) udì il "clack" della porta chiusa dietro se, stava raggiungendo Fernanda sulla via, quando dall'alto, improvvisamente, lungo lo stretto borgo, piombarono sui due migliaia e migliaia di piccioni, che presero a colpirli incessantemente coi becchi, fino a farli stramazzare al suolo, sanguinanti, privi di vita.
    Gli ambulanti erano già scappati, abbandonando le loro odiose eterne mercanzie.
    Il guano ricoprì i loro corpi, nei giorni a venire, nel paese ormai deserto, tutti fuggiti.

  2. Tutta la mia solidarietà alla signora: sporcano più di qualunque altro animale al mondo, portano malattie, hanno il verso più fastidioso che si possa immaginare, e talmente insistente che non ci si stupisce che possa portare a reazioni isteriche (e provino un po’ i difensori dei piccioni ad avere tre balconi e dover stendere la biancheria in casa perché tutti e tre sono un unico tappeto di cacca).

  3. caspita! un po che non passo qui e mi spiace molto perchè scrivi davvero bene!
    che bella questa storia! concordo con gli altri che hanno paragonato i piccioni ei ns fantasmi…. staccarsi dai ricordi non credo che comunque spazzi via i ns pensieri…

  4. Bè però ci sono molte ricette culinarie da fare con il piccione…se moglie e marito non sono né vegetariani né vegani potrebbero pensarci su!!!
    ….uhm…è che ho un certo languorino…a quest’ora quando si ha fame si diventa crudeli…ahahah

  5. Diamine! La forza della scrittura alimenta le uova di piccione. Piccioni fantasmi come fantasmi sono le parole.
    I piccioncini sono entrati nella storia.
    Non si sa che libro fosse?

  6. evviva i piccioncini si sono cibati di parole! parole non solo food for thought, ma anche cibo per nascere, crescere e…nascondersi alla vista di intrusi. Però, in effetti i piccioni sono un bel problema

  7. Ma che male possono fare dei piccioni…non capisco…ci sono donne che pretendono di occupare il 100 per 100 di ogni spazio…salvo accorgersi che così facendo fanno mancare l’ossigeno!!!
    Bel pezzo…che evidenzia l’asfissia delle manie di totalizzazione!!!
    CIAO

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