Barù

Alaskan MalamuteÈ successo durante la notte. Non l’avevo avvertito. Il terremoto. Anche se mi aveva comunque svegliato Barù. Chi è Barù? Il mio alaskan malamute di due anni. Pensavo abbaiasse perché era una notte di luna piena e lui lo fa spesso. Almeno una volta al mese, cioè. Esce nel cuore della notte, mette il muso in direzione del vento e ulula con tutta la forza che ha. Ogni tanto si ricorda che è imparentato con i lupi e ci tiene a farlo sapere a tutti. In nottate come quelle verrebbe voglia di essere completamente soli, quassù tra le montagne del Nunavut. Se non fosse che Barù mi ha salvato la vita, tempo fa. Ero a caccia di caribù, su a Mason Creek, quando sono scivolato su un lastrone di ghiaccio nascosto nella neve fresca; sono precipitato in un calanco e mi sono fratturato di brutto una gamba. Devo essere svenuto per il dolore. Beh, se non fosse stato per Barù che mi ha trascinato, non so come, per centinaia di metri fino sulla strada ovest, dove dopo due giorni mi ha trovato quello svanito di Kail Potter, sarei morto tra quei ghiacci. E tutto per uno stupido caribù. Sì, il mio cane è un tipo tosto e merita rispetto; al diavolo se una volta al mese non mi lascia dormire.
E così, stavo dicendo, ascoltavo la radio il giorno dopo, quando hanno parlato del terremoto. È stata una scossa molto forte, han detto. Però ho pensato che qui in montagna di pericoli non ce ne potevano essere. E mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso. Quando sono salito al Rifugio Due, per far legna, mi sono infatti accorto che il costone di roccia del Mooses Pound aveva una profonda fenditura verticale. Il masso ora stava attaccato alla parete come un morale marcio nella bocca di un vecchio. Butta male, ho pensato. Saranno almeno dieci tonnellate di roccia compatta in rotta di collisione con la mia casa, pensai. L’ho costruita con le mie mani, anni fa, la mia casa, proprio su questo crinale, pensando che sarebbe stato un posto al sicuro da piogge torrenziali e bufere di neve; il costone mi avrebbe fatto da riparo. Tutto vero. Ma come potevo prevedere un terremoto?
Per qualche settimana sono andato a controllare ogni giorno in che stato era la frattura. Il ghiaccio c’era entrato ben bene e sembrava far leva dall’interno, a bell’apposta, per staccare la roccia. Al disgelo dobbiamo andarcene via, dissi a Barù che sembrava aver capito ogni cosa. E di corsa. Costruiremo la casa più a est, magari un po’ più piccolina, tanto siamo solo noi due. Spostarsi ora con tre metri di neve, non è cosa. Ci penseremo a marzo; a marzo ce ne andremo: tanto tu, la tua luna piena, la trovi dovunque, non è vero? Così gli dissi, al mio Barù.
E invece era il 12 gennaio quando durante la notte lo sentii di nuovo ululare. Ci risiamo con la luna piena, pensai. E invece mi ricordai che era stata appena la settimana scorsa. Allora è il masso, mi dissi, sta venendo giù. Mi precipitai fuori. Non si vedeva nulla perché nevicava forte. Azzittii Barù per capire meglio; così mi resi conto che il masso stava scendendo lentamente trattenuto dagli alberi: li faceva gemere fino allo spasimo e poi li spezzava con un scoppio che sembrava una fucilata; il rumore era sordo, viscerale, pareva fosse la montagna intera a spostarsi. Poi ci fu un attimo in cui smise di nevicare e un quarto di luna sberluccicante come la lama di un coltello sbucò tra le nubi disegnando una scena incantata tra i riflessi di neve e la chiostra dei monti. Il fragore del masso era cessato e c’era di nuovo silenzio, ovunque, come un balsamo sopra una ferita; anche se Barù continuava a guardarmi perplesso.
All’improvviso un nuovo schianto. Il masso lo vidi sbucare, d’un tratto, con la voracità di un predatore e l‘imponenza di una locomotiva che rotolasse giù dal cielo. Avrei voluto spostarmi, ma rimasi lì. Ero affascinato da quella forza bruta e devastante e io ne facevo parte. Il masso ruzzolò con la voglia di farla finita, ma cadde in un profondo avvallamento a pochi metri dalla casa perdendo slancio. Fece ancora alcune capriole poco convinte arrivando quasi a contatto con la parete della cucina: dondolò appena, incerto se fare un altro giro oppure no; poi ci ripensò e tornò indietro assestandosi nella neve alta. Appoggiandosi per pochi attimi alla casa aveva fatto in tempo a sfondare la parete ma la struttura complessiva era salva.
Ce l’abbiamo fatta, Barù, è andata bene.
Barù? Dove sei? Barù? BARU’?!?
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hat_gy
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29 pensieri su “Barù

  1. Bellissimo, c’è molta atmosfera alla Jack London, la simpatia per il cane-lupo, e quel po’ di inquietudine esistenziale sulla precarietà della vita e il mistero delle menti diverse dalla nostra, anche se familiari come quella di Barù. Sono commossa dal finale aperto: non si sa nulla sulla sorte di Barù.

    • Questo è lo spirito giusto per leggere il racconto. Il finale è del tutto aperto, anche se molti hanno pensato al peggio. In realtà ognuno ci mette, nel leggere il finale, il proprio vissuto, la propria visione del futuro e la propria sensibilità. Ed è a questo che tende il testo. Grazie

  2. Quel che mi piace nei tuoi racconti è che spesso lasci che il lettore possa concludere la storia con il finale che preferisce. Qui tu hai salvato la casa, io salvo il cane 😄

  3. Ci risiamo. Sai raccontare come pochi, ma è Natale. Scrivi un altro pezzo, il sequel, come regalo per tutti i Tuoi affezionati lettori. Barù s’è preso una pausa; è andato nel bosco a cercare compagnia. Non ne poteva più d’un padrone che, almeno una volta al mese, non sa ululare alla luna come lui e che, spesso (come questa volta), rimane imbambolato a contemplare pezzi di montagna che vengono giù invece di scappare a due e/o a quattro zampe.

    Comunque sia complimenti, ma non mi freghi. Barù è vivo da qualche parte e se la ride.

    Buon fine settimana.

    banzai43

  4. Mi piace pensare che con l’istinto di sopravvivenza Barù si sia allontanato per poi tornare…ma penso che mai un cane lascerebbe il suo padrone. Il finale mi ha tagliato il cuore. Io per salvare il mio cane ho rischiato di scivolare nel burrone, ma mai lo avrei lasciato.
    Questa volta mi fai soffrire.

  5. Ciao Briciola,
    ancora una volta è stato un piacere questo racconto….Voglio sapere che fine ha fatto il cane….ma mi rendo conto che un seguito non c’è….io penso che
    si sia salvato assieme al suo padrone…anzi mi piace pensarla così!
    A presto.
    Elena

  6. Drammaticamente bello. Ma non credo che Barù sia finito male: …”anche se Barù continuava a guardarmi perplesso.” quindi era vicino al protagonista e i cani non sono così incoscienti da lanciarsi verso il pericolo.
    Buona notte.

  7. Un racconto coinvolgente dal finale triste…. avrei preferito che anche Barù si salvasse, ho sperato fino all’ultimo che sbucasse dalla neve mugolando, magari un po’ ammaccato, ma scodinzolante e invece no, un silenzio di ghiaccio a quei richiami di speranza… poverino, non se lo meritava, in fondo aveva salvato già due volte il suo padrone, avresti potuto salvarlo e invece no! Io non amo i finali tristi, mi commuovo troppo. Ciao!

  8. No, dai, daiiiiiii! Può essere che muore sempre qualcuno?!?
    Comunque complimenti per il racconto, incisivo, coinvolgente e …povero Barù…stavolta toccava al padrone salvarlo, invece di imbambolarsi tra il fascino della forza bruta della natura!

  9. mi piace però pensare che Barù, da animale intelligente e previdente si sia messo in salvo correndo dalla parte opposta alla discesa del masso…

  10. Credo che il cane si sia messo in salvo…e gli toccherà ancora una volta trascinare fuori il padrone…e poi dicono che il lupo non perde il vizio…sto padrone pensa di avere il salvataggio 24 ore non stop?

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