Era di spalle

di spalleEra una settimana che si alzava molto presto. Quando realizzò, aprendo gli occhi, che quella mattina sarebbe potuto rimanere un po’ di più a letto, non riuscì a trattenere un sorriso. Accomodò meglio la guancia sull’orma del cuscino e cercò di riprendere sonno. In quel mentre, nel silenzio morbido della casa, sentì lo scatto della porta di ingresso. Era suo padre che usciva. Nonostante il carattere duro e ispido di quell’uomo, a volte aveva quel tipo di attenzioni. Poi pensò che erano giorni che non riusciva più a fare due chiacchiere con lui. Il nuovo lavoro in ospedale gli aveva imposto orari impossibili e ormai si limitava a incrociare il padre nel corridoio appena il tempo per alzare una mano in segno di saluto, come un naufrago che avesse incontrato per caso un indigeno su un’isola creduta deserta. Si sentì in colpa, come spesso gli accadeva con quell’uomo. Così, all’improvviso, gli venne la voglia incontenibile di chiedergli come stava, di abbracciarlo, di sapere di lui. In pochi minuti si vestì, quasi avesse dovuto prendere un treno di lì a poco. Se suo padre avesse fatto il solito giro, sarebbe andato prima all’edicola, poi dal farmacista e quindi a far due passi sul lungomare. Ce la poteva fare, prima che potesse sparire in una delle viuzze del centro affogato di turisti. Si precipitò in strada: la macchina era ancora parcheggiata allo stesso posto. Buon segno: era andato a fare la sua passeggiata approfittando della splendida giornata. Voltandosi verso il fondo della via gli sembrò per un istante di vederlo mentre svoltava. Si era attardato o camminava più piano del solito: lo avrebbe raggiunto in un attimo. Corse fino all’angolo ma non c’era nessuno se non, una cinquantina di metri più in su, un signore di spalle che aspettava la luce verde del semaforo: era vestito come lui.
«Papà!» disse nel vuoto con la voce che gli si inceppò nella laringe. L’uomo di spalle si girò più per il fatto di sentirsi osservato che per il richiamo. Ma i due non si riconobbero. E allora, per reazione, ricominciò a correre in direzione del giornalaio: il padre, di sicuro, non poteva essere lontano.
«Sig. Gino ha visto per caso mio padre?» chiese con un po’ di affanno. Gino lo guardò, come avesse voluto scegliere la risposta migliore. «No, direi proprio di no» fece, dopo un po’, con il tono però di chi non aveva ben compreso la domanda.
Riprese a cercare dirigendosi verso della farmacia. Il padre aveva sempre qualcosa da comprare in quel posto. Anche se quella, secondo lui, era solo una scusa per andare a trovare il dottore: il padre non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva simpatia per quell’uomo. Poi invece gli parve, in una traversa, di vederlo mentre stava entrando nella tabaccheria. ‘Sì, sì non può essere che lui’, si disse e accelerò il passo; e proprio quando stava per entrare nel negozio, lui ne uscì.
«Papà, finalmente, che corsa ho fatto!» Il padre lo squadrò severo, con quella stessa faccia che tanto lo aveva terrorizzato quando era bambino.
«Perché cosa è successo?» chiese seccato riprendendo il suo giro.
«Ma hai ripreso a fumare?» fece il figlio indicando un pacchetto che quello teneva stretto nella mano.
«Non ho mai smesso… dimmi, cosa sei venuto a fare?» gli fece brusco non accennando a fermarsi.
«Niente, volevo solo chiederti come stavi e…» disse cercando di tenergli dietro.
«Non ti sembra un po’ troppo tardi?»
«Sì, lo so, papà, ci vediamo davvero poco, ma non è colpa mia, il lavoro, lo sai… ma qual è il problema?» chiese esasperato da quell’atteggiamento come al solito indisponente.
L’uomo, fermandosi, si girò lentamente. In quella luce pareva ancora più vecchio. Gli occhi erano acquosi, ma penetranti. Le labbra si contrassero per esprimere disapprovazione. Era una delle espressioni del suo ampio repertorio che gli riuscivano meglio.
«È che sono morto da più di un anno e non vuoi ancora fartene una ragione: questo è il problema.»
Il figlio impallidì, come se avesse visto d’un tratto sotto ai suoi piedi il burrone in cui stava per cadere.
«Non pensi che sarebbe ora che tu mi lasciassi in pace?» domandò il padre riprendendo la sua strada. «E poi, se fossi in te, e lo dico per il tuo bene, smetterei di seguirmi.»

27 pensieri su “Era di spalle

  1. Rileggendolo ho pensato al senso di colpa del figlio nei confronti del padre, e a quante volte dopo la morte di un genitore si provano rimorsi per non avergli parlato abbastanza, per non avergli fatto sentire il nostro affetto. L’hai espresso proprio bene, soprattutto con quel ” È troppo tardi” che il padre morto dice al figlio. Ciao e complimenti.

  2. Un figlio che ha rimproverato sempre il padre per il suo attegiamento e nel momento in cui anche lui passa oltre il confine della vita si rende conto che ha fatto lo stesso percorso…un riflesso del padre criticato.

    • Interessante. Certamente può essere vista anche così.
      Io però l’ho inteso come la manifestazione esteriore (enfatizzata nel racconto) del figlio che vive il vuoto che quel padre (per lui determinante anche se dalla personalità ingombrante e complessa) ha lasciato con la sua morte. E’ il desiderio irrealizzabile di averlo ancora con sé, di potergli stare accanto, anche se per poco, nonostante i conflitti interpersonali persino aspri che hanno costellato il loro rapporto.
      La definitività della morte rende insignificante, quando è troppo tardi, gli aspetti intollerabili del carattere di quella stessa persona quando era in vita.

  3. Accipicchia! Conoscendoti mi aspettavo un finale stupefacente e per un attimo ho temuto il peggio strappalacrime ma ovviamente per te troppo banale 🙂 invece, il peggio l’hai comunque descritto in una maniera fantastica. Addirittura uno spirito che si arrabbia perchè non viene lasciato stare mi sei andato a prendere… e in fondo, questo ragazzo che pare pazzo, è in realtà un pò il simbolo di tanti – Noi -… bhè, insomma Briciola… che dire ancora? Bravissimo, come sempre.

  4. In realtà non lasciamo mai andare via le persone che abbiamo amato e nei nostri sogni le seguiamo, cerchiamo di chiamarle al telefono, le rincorriamo, solo per poterle rivedere, almeno per un istante. Bellissima questa storia…..

  5. mah, un’altra ricerca del padre, dentro e fuori di noi. Quanti libri scritti su questo tema! Ho sempre pensato che fosse un gran problema degli americani quello del rapporto conflittuale padre figlio. Film a non finire sul tema. Per non parlare di Joyce…Ora arriva il tuo racconto, dopo Serra, Veltroni(ho letto nessuno dei due).Sempre un pò scettica sugli “affari intimi di famiglia”commercializzati in un nlibro, ma anche questi fanno parte della vita e dunque delle storie che raccontiamo.ciao e buona settimana.grazie per i tuoi like su affascinailtuocuore

  6. A pensarci bene mi piace anche il carattere di quest’ uomo che finge di essere scontroso e di voler essere lasciato in pace e conforta il figlio che trova sempre la figura autoritaria e forte che aveva voglia di ritrovare…FANTASTICO!!!

  7. I due passi sul lungomare…sono sincera la tua descrizione è totalmente trascinante, tanto che mi pare di sentire il rumore delle onde… mi piace soprattutto questo punto!!!

  8. Lo immaginavo… Un figlio che si alza cosí per abbracciare e parlare con un padre che ha sempre accanto … Mi è sembrato subito strano…
    Ma davvero bello questo ammonimento… Abbracciamo le persone che amiamo finché ci sono 😍

  9. I rimorsi spesso attenaglano quando le persone care con cui non hai avuto un buon rapporto, poi un padre…però magari non serve essere davvero come lui, quando si ha la certezza di percorrere la sua stessa via, si fa in tempo a cambiare.
    Bella, fa riflettere e si possono dare diverse interpretazioni, chissà tu come la vedi….

  10. E forse sarà l’anima che costringe il corpo a muoversi nell’inseguimento…sarà un collegamento di anime!!! Bel pezzo profondo e al contempo sagace…induce a riflettere! CIAO

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