Una servitù passiva

porta sul mare«La casa è molto bella, mi piace» affermò lui, dopo averla visitata anche all’interno. «Penso proprio che la comprerò.»
L’incaricata dall’agenzia, una signora sui cinquant’anni, dall’aria rilassata ma partecipe, guardò il cliente perplessa. «Non vuole sapere prima quanto costa? E sua moglie? Non vuole farla vedere anche a lei?»
L’uomo, prestante e dall’aspetto dolcemente svagato, per tutta risposta si lasciò andare sulla poltrona lì accanto come se invitasse l’agente immobiliare a fare altrettanto. Stette alcuni attimi senza dir nulla osservando il mare, il cui blu accecante stava allagando il salone. La signora cedette e si accomodò sul divano.
«Non sono sposato e non è un problema di soldi, glielo garantisco. È che ho bisogno di molto spazio per me. Ho necessità di un posto così: solitario, tranquillo, ispirato. E poi il panorama è devastante. Per cui…» e si voltò verso la donna che parve sorpresa per quel gesto enfatico da serie televisiva «la risposta è no, non ho bisogno di sentire il parere di nessun altro. Per me l’affare si può concludere anche subito.»
La signora accennò a un lieve assenso con il capo. La tensione si allentò un poco e anche lei prese a guardare fuori dell’ampia vetrata. Tra i due fiori di agave che facevano gara a chi avrebbe toccato per primo il cielo, il colore ipnotizzante del mare prese possesso anche di lei.
«Sa…» disse l’incaricata schiarendosi un paio di volte la gola e infrangendo un silenzio che entrambi avrebbero voluto prolungare «questo posto ha un’antica storia. Qui si ergeva tempo fa un monastero; un monastero antico e importante. Per ragioni complicate da raccontare, anche se quella determinante, come ben può immaginare, è stata la caduta verticale delle vocazioni, l’autorità superiore ha deciso di chiudere la struttura sicché i 15 ettari coltivati a vite e ulivo, insieme all’intero complesso, sono stati venduti, dopo tante insistenze, al padre dell’attuale proprietario che è divenuto però poi erede alla scomoda età di poco più di diciotto anni; parte del monastero, al tempo dell’acquisto, è stata abbattuta, mentre quella aggettante sulla scogliera è stata conservata e finemente ristrutturata trasformandola in questa villa. Un risultato notevole, come vede.»
L’uomo ora la stava ascoltando con attenzione; l’incaricata dava infatti l’impressione che quello fosse solo l’inizio del discorso. «Perché le dico questo?» seguitò quella cercando le parole giuste tra le dita. «È per farle meglio comprendere le ragioni per le quali questa casa ha una servitù: una servitù… passiva.»
«Di che si tratta?» chiese lui catturato dalla curiosità. «Di un pozzo da cui i vicini possono cavar acqua…, di una servitù di passaggio?»
La signora si limitò a fissarlo negli occhi pensosi, come se sperasse che prima o poi lui indovinasse. Ma il cliente tacque. Quindi la donna, come se qualcuno l’avesse tirata su per le spalle, si alzò d’un tratto dalla seduta invitandolo a seguirla. Accanto al salone, nascosta da un pilastro in pietra, si dipartiva un’elegante ma austera scalinata, sempre di pietra, che conduceva al piano superiore. Al basamento della scalinata la signora aprì una porticina che non sarebbe stata facile notare altrimenti.
«Stia attento agli scalini: hanno una pedata corta e l’avvitamento è a chiocciola» gli disse cominciando a scendere in modo sollecito. Già dopo alcuni metri la temperatura si abbassò di diversi gradi. La luce era solo quella che entrava da alcune bocche di lupo alla parete, mentre l’umidità era elevata e l’odore di muffa saturava le narici.
«Questa è la parte più antica del monastero» rivelò l’incaricata agitando nell’aria il vapore del suo respiro.
«Insomma, perché siamo qui?» tagliò corto lui. «Che cosa vuole dirmi?»
«Buongiorno…» si sentì dire nell’aria fredda. La voce era chiara, stentorea, senza inflessioni dialettali. L’uomo si girò verso la voce. Nella penombra si intravedevano solo due mani che afferravano salde alcune delle innumerevoli sbarre grigie di un’inferriata che, sbucando dal buio della volta, precipitava a terra come la lama di una ghigliottina. «Quello che l’agente immobiliare non riesce a confessarle è che la servitù passiva di questa splendida villa sono io. Sono suor Dorotea, l’ultima delle suore passioniste di clausura del monastero. Non avendo cuore di trasferirmi lontano o all’estero, per la mia avanzata età e i miei acciacchi, i miei superiori hanno pensato bene, alla chiusura del complesso, di vendere il fabbricato con me dentro, con l’obbligo, per il proprietario, di accudire alle mie necessità esistenziali, come il cibo per esempio. Il figlio del vecchio acquirente è molto giovane e farebbe di tutto per non doversi occupare di me. Forse un po’ anche lo spavento, lo capisco, e devo senz’altro rappresentare per lui, così giovane, un impegno piuttosto pesante, mio malgrado. Tant’è che, a volte, non viene per diversi giorni… E io ne approfitto per digiunare in segno di penitenza.»
L’uomo si avvicinò lentamente alla cella. La suora, il cui volto era coperto da un velo scuro, non si mosse, né si scostò quando a lui venne il desiderio di accarezzare i suoi capelli candidi e morbidi come per accertarsi che fosse vera.
Il mondo là fuori parve all’improvviso esistere in un’altra dimensione. Il mare era un’entità astratta, come il sole e il verde dei prati. Il profumo di fiori un semplice concetto.
L’agente immobiliare, senza capire perché, avvertì in quel momento un profondo imbarazzo. A un certo punto le uscì di dire: «Se non se la sente…»
«Ci penserò io a lei…» fece l’uomo brusco, mettendo la sua mano sopra quella dell’anziana suora. «Ci penserò io a lei…»
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31 pensieri su “Una servitù passiva

  1. Sia l’acquirente sia la suora sono personaggi ambivalenti secondo me: non è chiaro come l’acquirente si occuperà della vecchia suora, potrebbe curarla come ucciderla lentamente per liberarsene.

  2. come sempre, sei un narratore singolare e coinvolgente….c’è una bella atmosfera, alla fine mi sorge spontanea una considerazione: ognuno porta con sè i suoi misteri, e si sceglie la sua personale servitù

  3. Ps: ma con il dietro al racconto come sei messo? Il fronte è stato allettante…ma il seguito sta come la ciliegina sulla torta! Ciao

  4. Concordo con tutti quelli che sperano in un seguito. Forse uno dei racconti che mi son piaciuti di più … anche se ancora non so esattamente il perché.

  5. Uaao…che si debba aspettare la vecchiaia per trovare l’amore potrebbe essere una speranza per le tante spose senza sentimento…se anche la suora ha una chance…anche per loro potrebbe esserci un qualcosa…ma forse la loro palla al piede è il conformismo …

  6. Allora, prima mi hai coinvolto con la tua poesia e poi mi hai emozionata con il finale non solo commovente ma anche ricco di eventuali continuazioni “mentali e fantastiche”. La suora è solo una suora? E’ buona? E lui, è un semplice acquirente? L’agente immobiliare conosce anche altro? Inquietudine, meraviglia, giustizia… quale sensazione affiora? Mamma mia… Semplicemente bellissimo Briciola. Bravo! Buona giornata.

  7. suora o non suora, se avessi i soldi una villa così, che guarda il mare e ti illumina e riscalda il corpo, la mente e il cuore, me la comprerei subitissimo. Il tuo racconto scatena la fantasia. In effetti ho visualizzato il posto proprio come piacerebbe a me. Bravo!

  8. Ciao briciola che bel regalo mi hai fatto per il mio compleanno….un racconto misterioso e intrigante..pauroso.. ho ancora nelle narici l’odore di muffa…aspetto il seguito..

  9. Cmq la morale della fiaba è che non bisogna fermarsi alle apparenze…ma è chiaro che le persone molto viziate e futili non posson far altro …sei sempre di ottimo acume…ciao!

  10. vendita di immobile con annessa persona da accudire. Che bizzaria! Certo che i superiori della suora avevano il cuore di pietra.
    Una narrazione tra sospensioni mirate per accuire la curiosità del lettore e lo sviluppo fino alla fine quasi scontata è veramente notevole.

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