Nel suo giardino

giardinoAppena ci passò sopra con il tosaerba credette fosse un sasso. Anche se gli parve strano non l’avesse mai notato prima nel suo giardino. La lama mandò un rumore sinistro come di una barca che si fosse incagliata su uno scoglio e alcune scintille si sprigionarono rapide da sotto la macchina. Si avvicinò. La consistenza della cosa era quella del metallo, una specie di cerchione spesso e arrugginito sotterrato in quel punto. Il che era anche più incredibile, visto che curava quel giardino da più di dieci anni. Provò a estrarre l’oggetto ma, nonostante vi avesse scavato tutto intorno con le dita, non vi era modo di tirarlo via: era tutt’uno con il terreno come una pianta dalle radici profonde.
Terminò di tagliare l’erba, dando ogni tanto un’occhiata sospettosa al centro del giardino là dove quel piatto di ferro era affiorato. Qualcosa non gli tornava.
La raccolta dello sfalcio, la rifinitura con il decespugliatore e la potatura di qualche albero gli presero un altro paio d’ore. Quando tornò al suo ‘cerchione’ con un piede di porco, intenzionato a levarlo di lì in un modo o nell’altro, si accorse che si era staccato rispetto alla linea del terreno. Ora il piatto si vedeva meglio: era molto più concavo di quanto gli era sembrato in un primo momento e più profondo. Dandogli dei colpetti con le nocche, il suono rimbombava pieno e cupo. Appena sotto, poi, vi era come un basamento, duro come la roccia, e dal colore più chiaro, solcato da linee trasversali. Si sarebbe detto un fungo, se non fosse stato di metallo e pietra. Ma la cosa più inquietante era che stava crescendo di ora in ora.
Ripose tutti gli strumenti nel garage, anche perché aveva iniziato a piovere. Avrebbe affrontato il problema la mattina seguente, riposato, e a mente fresca.
Il pensiero di quella cosa sconosciuta che cresceva nel suo giardino non lo fece però dormire. Alle quattro di notte, appena sentì spiovere, si armò di torcia e uscì. Nell’avvicinarsi al centro del prato vide un’ombra di una quarantina di centimetri sopra all’erba tagliata. Se ne ristette dietro al ciliegio, pensando a una volpe o a un tasso. Direzionò meglio la luce. No, era proprio quella cosa che si era alzata ancora. Con il cuore che gli batteva forte si inoltrò con prudenza. Ora si vedeva bene: la pioggia lo aveva lavato. Era una testa: la testa di una statua, con tanto di elmetto.
«È un samurai» gli rivelò l’amico, appassionato di storia antica, venuto a trovarlo in tarda mattinata. «E, più precisamente, la statua di un ronin, un samurai senza padrone, del XIV secolo.»
«E che ci fa nel mio giardino?» gli chiese lui sgomento.
«Ah, non ne ho idea, il giardino è tuo, dovresti dirmelo tu…»
«E… e poi perché sta crescendo?» insistette incredulo.
«Penso sia un fenomeno di bradisismo» gli rispose l’amico con tono professorale. «Anche se, a dire il vero, sarebbe piuttosto raro in questa zona; pur tuttavia, non impossibile. Il terreno, cioè, si starebbe abbassando e la statua, che era interrata lì chissà da quanto tempo, se ne sta uscendo fuori. È un fatto squisitamente fisico, anzi geofisico. Nulla di eccezionale, in altre parole.»
La statua del samurai era ormai emersa sino alla cintola. Si notavano bene i particolari marcati del viso, la sua armatura finemente lavorata, la cintura istoriata in modo attento e sapiente, i doppi pugnali dalla foggia letale. ‘Una gran bella statua’, pensò, non c’era nulla da dire, forse pure di valore, ma cosa centrava con la sua casa di campagna e soprattutto con il suo amato giardino? Inoltre prometteva di essere una cosa pesantissima: avrebbe dovuto noleggiare un muletto per farla portar via.
Trascorse così un altro giorno: il samurai era del tutto fuori dal piano campagna. Era imponente, massiccio, minaccioso, ma irreale in quell’oasi di pace di rose e camelie. Anche se aveva gli occhi chiusi riempiva lo spazio intorno e incombeva sulla casa.
Si stava giusto chiedendo come smaltirlo, quando, al telegiornale, dettero la notizia che anche altre statue di antichi samurai erano comparse simultaneamente in diversi altri giardini del Paese. Si allarmò. Uscì di corsa in giardino come per chiedere alla statua cosa stesse realmente facendo lì.
E il samurai aprì gli occhi. E fu l’inferno.

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hat_gy
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47 pensieri su “Nel suo giardino

      • Ma dove c’è gusto non c’è perdenza… (cioè quando la cosa piace vale la pena di mettersi in gioco…pure la sconfitta può risultare vantaggiosa)…poi può essere che il samurai diventi un pochino mansueto…come l’uomo scapolo…insomma…può essere che si plachi una volta catturato…bisogna essere ottimisti!!! CIAO

      • ahahah dici? Ma siccome dove c’è gusto non c’è perdenza…vale la pena di provare…chissà può essere che, come l’uomo scapolo, anche il samurai diventi più docile dopo la cattura…io sono ottimista!
        Ciao

  1. avvincente, sai abbinare la precisione e il mistero surreale…mi è venuto in mente Murakami, sarà per via del guerriero giapponese

  2. beh, dai cinesi siamo ormai invasi, ci mancano solo i giapponesi che spuntano come funghi…!
    Complimenti, racconto che si legge in un fiato

  3. Ciao…ma il gatto di casa lo vede di buon occhio sto samurai? Mi viene in mente quando nel giardino di casa mia, da sotto una pianta interrata, ne uscì una tartatuga…all’inizio sembrava una pietra…poi piano piano mostrò il visetto con gli occhioni e le zampette rugose…mi piace…il tuo brano.dà la sensazione che anche le cose che conosciamo possono riservare delle sorprese…o dei lati nuovi…spero di aver colto il senso!
    CIAO

  4. Chissà come c’erano arrivati i samurai in quel paese, lontano mille miglia dal Giappone. In un crescendo di suspense si arriva al momento che quei samurai eremiti si scatenano e sono dolori per tutti.

  5. Bello e avvincente, e anche molto attuale visto che il Giappone sembra voglia autorizzare dopo 70 anni le missioni del proprio esercito all’estero… o e’ proprio questo che ti ha ispirato?

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