Aerei del cielo

boeing747Ogni volta che usciva sulla terrazza capiva perché aveva comprato quell’attico. Era l’unico grattacielo della città con la vista a 360 gradi sul territorio. Si dominavano a est le montagne, come le quinte di un paesaggio da impressionista, mentre a ovest si apriva la piana plasmata dai seminativi con, sullo sfondo, il luccichio blu elettrico del mare aperto in un sorriso di benvenuto. All’ombra del grattacielo, appena sotto di lui, le case giallo paglierino del paese parevano piccoli cubi da gioco nell’erba, con i loro tetti integolati di melograno a guardare stupite quel mirabolante palazzo di vetro e ferro che toccava il cielo con disinvoltura. E da quell’altezza, poteva osservare anche i grandi aerei intercontinentali arrivare come naufraghi dal mare e atterrare sulla lunga lingua di cemento stesa al sole pronta a ingoiarli di gusto. Era così vicino, in linea d’aria, all’aeroporto da poter vedere le scritte sulle ali degli apparecchi, ma sufficientemente lontano da non doverne sentire il rombo dei motori. A quell’ora del mattino, poi, la luce sapeva trasformare il panorama in uno sconfinato plastico d’autore tanto da illudere di poter aggiungere qua e là macchie di alberi o una chiesetta in stile o il rudere pensoso di un castello abbandonato. Se non fosse stata per la preoccupazione di quel progetto da presentare il giorno dopo, tenendolo sveglio, avrebbe perso tutta quella meraviglia.
Stava rientrando nel suo studiolo quando un Boeing 777 della Turkmenistan Airlines, dopo la consueta virata per mettersi in linea con la pista principale, ebbe un sussulto. Guardò meglio. La coda del bimotore aveva preso fuoco e la parte posteriore si era staccata come se un gigante invisibile gli avesse assestato un morso vorace. La carlinga, senza più una direzione, aveva preso a beccheggiare vistosamente perdendo quota a ogni secondo fino a quando un’altra esplosione la spezzò in due tronconi uguali che caddero in avanti lanciati come proiettili. Tutto si era consumato in pochi attimi: era sembrato un colpo di scena mal realizzato in un film catastrofico di cassetta. Ma era stato anche uno spettacolo terrificante, perché lui aveva fatto in tempo a veder fuoriuscire i passeggeri dallo squarcio e cadere giù come tante formiche scrollate da uno straccio. Ora, al posto dell’aereo, c’era solo un furibondo fumo denso che si elevava da dietro la cortina degli hangar, diafani come fantasmi accucciati. E il silenzio tutt’attorno.
Aveva ancora lo sguardo fisso su quel punto quando un secondo aereo arrivato da est, di minor dimensioni, forse avvertito dalla torre di controllo di quanto appena accaduto, riprese goffamente quota. Subito dopo, una detonazione accecante all’altezza della cabina impennò la fusoliera sino a portarla ortogonale al terreno per poi farla discendere verso terra come una pietra.
Allora è un attentato terroristico‘, pensò lui con angoscia, ‘un nuovo 11 settembre!’ e afferrò la ringhiera come se si volesse buttare giù per dare un primo soccorso. ‘Dio mio, non ci possono essere dubbi’ si ripeté ad alta voce prendendo ad andare e venire sulla terrazza come per decidere sul da farsi.
Fu quello il momento in cui sentì distintamente, provenire dalla cameretta, la voce del figlio. Si precipitò da lui. Se si fosse svegliato e avesse visto quella scena dalla finestra sarebbe potuto rimanere scioccato, povero piccolo.
«Giovannino, cosa succede, stai bene?» gli chiese entrando in camera.
«Guarda papà, non me sbaglio uno…» disse invece lui, felice, puntando la cerbottana in direzione di un altro bimotore; ‘Baaaang’ fece in uno scoppio di gioia. Un attimo dopo, l’aereo in lontananza esplose come un fuoco d’artificio all’altezza della scritta ‘Emirates’ dividendosi in numerosi monconi che caddero alla rinfusa all’indietro.
«Cosa fai?» gli fece il padre strappandogli di mano la cerbottana e riducendola a pezzettoni. Il bambino impallidì, incredulo per quel gesto repentino; e scoppiò a piangere disperato.
Ma il padre non lo stava neppure più ascoltando. Guardava sgomento dalla finestra verso l’aeroporto. Il fumo degli aerei caduti stava oscurando il sole appena sorto sulla linea dell’orizzonte e una fredda coltre di vapore sopravanzava rapida verso il grattacielo come l’ala di un enorme pipistrello.

28 pensieri su “Aerei del cielo

  1. “Se si fosse svegliato e avesse visto quella scena dalla finestra sarebbe potuto rimanere scioccato, povero piccolo”…ahahahahah… ahahaahahhh……….
    CIAO

  2. Terrificante! Viaggio spesso in aereo e non ho dormito per un paio di giorni ripensando a quel bambino che con niente abbatteva quei giganti di metallo…al solito la suggestione di questi racconti è resa davvero eccezionale dalla bravura dell’autore

  3. wowwwwww . S T U P E N D O !!!!! E’ il mio genere preferito!
    Ecco, mi piacerebbe saper scrivere come te…..

  4. Bè però dal brano ho tratto il messaggio che agendo con leggerezza con azioni che potrebbero sembrare insignificanti si causano grandi danni…del resto ci sono adulti in età avanzata che si comportano più sconsideratamente dei bambini! Grande…non sei mai banale…né annoi mai…ma credo di avertelo già detto! CIAO.

  5. Davvero una scrittura la tua che affascina sempre ( forse mi ripeto ma tu fai di tutto per farmi ripetere ). A parte gli scherzi un racconto che tiene col fiato sospeso fino alla fine che spiazza con simpatia. Bravissimo. Un abbraccio. Isabella

  6. Notevole descrizione, oggi abbiamo i giochi talmente realistici,che aiutano..Curiosamente mi é venuto in mente Salgari,con il suo “Il Re del Mare”,sempre questo “sogno” dell’arma invisibile e assoluta…fino alla cerbottana del bimbo…;complimenti,ben descritto!

  7. Sembra di essere su quegli aerei colpiti e affondati. Si passa da una visione bucolica e serena al dramma di aerei che esplodono in volo all’ansia da terrore, perché tutto quel massacro è opera del figlio munito di una cerbottana più micidiale di un missile terra-aria.
    Fantasia e dramma un connubio perfetto

  8. Piccola canaglia alla riscossa…ahahah …divertentemente terrorificante….avrà preso gli esempi da mamma sua?ahahahah
    CIAO

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