La vignetta

Luc-Olivier LafeuilleStavo dormendo e mi sono svegliato. Giuro che ero sveglio quando sono caduto, ne sono assolutamente sicuro, non stavo sognando.
La stanza in cui mi sono ritrovato era in penombra e anziché la mia affezionata maglietta da notte indossavo giacca, camicia e cravatta con tanto di panciotto. Io, un panciotto, figuriamoci!!! Ma non è questo il punto. Davanti a me, oltre la scrivania, a mala pena distinguevo seduti, sulla mia sinistra, una signora corpulenta, ancora giovane, ma immobile nella sua rigidità, con una acconciatura voluminosa che sovrastava un viso sfatto e volgare; sulla mia destra, invece, un omino mezzo pelato, gli occhiali d’oro luccicanti, e uno sguardo pulito e un po’ perso su un punto indistinguibile dello studio.
Poi, una luce chiara ha investito di lato la scena, facendomi intravedere sul muro di fronte un cartello con scritto ‘Consulente coniugale’; stavo chiedendomi cosa significasse tutto ciò e che cosa potessi farci io lì in mezzo quando la donna, alludendo all’uomo che gli era accanto, mi disse d’un fiato: «Se avessi saputo che aveva delle opinioni non lo avrei sposato.»
Era una bella battuta, non c’è che dire, viste le circostanze e il fatto che il consulente dovessi essere proprio io. Sicché risi. Risi perché aveva un senso, e comunque lo feci solo tra me e me, in quanto non riuscivo a muovere neppure un muscolo, né ad avere un’espressione diversa da quella perplessa che mi si era dipinta sul volto.
Tornò la penombra e poi ancora la luce e tutto accadde diverse altre volte in modo uguale e monotono come in un film che si fosse inceppato. Smisi del tutto di ridere non appena mi accorsi che la scena, ogni volta che tornava il chiarore, si ripeteva in continuazione; e ogni volta con le stesse espressioni, con la donna che mi sbatteva in faccia la medesima frase e l’uomo che sospirava lievemente guardando in su senza aggiunger nulla; mi assalì la disperazione.
In una pausa inaspettata tra le continue reiterazioni, l’uomo, vedendomi agitato e confuso, mi spiegò che quella era una vignetta; più precisamente si trattava della vignetta di un celebrato quotidiano on-line. La luce, sì proprio quella fastidiosa luce di lato, altro non era se non l’accesso alla pagina web da parte di un utente che innescava la ripetizione della scena. Gli chiesi quando sarebbe finito quell’incubo e quando sarei potuto ritornare nella mia camera da letto e lui, molto cortesemente (anche se rimproverato più volte dalla donna che lo accusava di raccontarmi troppe cose) mi rivelò che sarebbe potuto continuare per molto tempo, soprattutto perché era una barzelletta divertente e dalla prima pagina poteva finire nell’archivio dove però sarebbe rimasta visibile anche per anni. Tutte queste spiegazioni l’uomo me le diede tra una replica e l’altra della scena, replica cui cercavo peraltro di oppormi come potevo, anche se senza successo perché una forza irresistibile mi rimetteva nella stessa postura assorta dietro la scrivania e con la stessa espressione sul viso, qualunque cosa stessi facendo poco prima.
Dopo un tempo imprecisabile e un numero infinito di defatiganti ripetizioni, l’uomo che mi aveva preso in simpatia per essersi sentito più volte in dovere di confortarmi sentendomi piangere e lamentarmi, mi rivelò sottovoce, proprio mentre la donna era distratta a rifarsi il trucco, che un modo per scappare di lì c’era. Del resto così era successo, mi raccontava, per il tizio che, prima di me, si trovava al mio posto. E stava per dirmelo quando si riaccese la luce per la solita frase che ormai odiavo. E quando tra noi cadde nuovamente la penombra l’uomo sembrava essersi pentito di quanto si era lasciato sfuggire tanto da chiudersi in un mutismo ostile quanto incomprensibile. Io presi a supplicarlo e a promettergli persino del danaro. Ma lui mi disse serio che lì dentro non funzionava così. Che dei soldi non avrebbe saputo che farsene e che quello che accadeva in quel luogo era solo una minima parte di un mondo molto più complesso che neanche potevo immaginare. Dovette però aver pietà del mio stato perché dopo qualche tempo cedette.
«Quando la prossima volta si accenderà la luce guarda con la coda dell’occhio sul soffitto» mi disse con la voce che gli tremava in gola. «Appena sopra di te c’è una botola. Se sei abbastanza svelto potrai uscire di lì».
Un’ondata di speranza mi attraversò il corpo facendomi sentire subito meglio. Cercai di bucare con lo sguardo la semioscurità ma non vidi nulla.
«Ma tu non vieni con me?» gli chiesi riconoscente ed eccitato.
Lui alzò le spalle e, facendo un cenno verso la donna, rispose:«È mia moglie: è tutta la mia vita e lei non vuole andarsene da qui. Ne abbiamo già parlato diverse volte».
Quindi si accese la luce e strizzando gli occhi in direzione del soffitto vidi distintamente la botola sopra la scrivania e addirittura le due cerniere di apertura. E appena calò la semioscurità fui veloce a piazzare la poltrona sulla scrivania e a montarci sopra. Accesi anche l’accendino che trovai in tasca, giusto per vedere meglio il soffitto. Ma mi accorsi che la botola era disegnata, così come lo erano le due cerniere.
«Certo che le cerniere e la botola sono disegnate» fece la donna acida mentre scendeva il buio. «Questa è una vignetta. Non l’hai ancora capito?»
E subito si riaccese la luce e la donna, alludendo all’uomo che gli era accanto, mi disse d’un fiato: «Se avessi saputo che aveva delle opinioni non lo avrei sposato.»

* La vignetta è stata pubblicata a pag. 43 del n. 4295 de ‘La Settimana Enigmistica’ del 17 luglio 2014;
** L’immagine è relativa all’opera ‘Cauchemar’ di Luc-Olivier Lafeuille.

34 pensieri su “La vignetta

  1. ciao “vicino di blog” grazie per aver isitato la mia cucina 🙂
    sono qui a ricambiare la cortesia e……. non riesco ad uscire da queste pagine, sono incantata dalla celata delicatezza dei tuo racconti, peccato che non siano commestibili 😀 forse ho trovato la spunto per creare una nuova ricetta 🙂
    Complimenti.
    buon di tutto un po’.
    Sally

  2. “… un incubo riuscito
    ma dimmi, sogni spesso le cose che hai scritto
    oppure le hai inventate solo per scandalizzarmi ?”
    [F. De Gregori – Cercando un altro Egitto ]

  3. Mi piace il punto in cui descrivi lo sguardo pulito dell’omino (ma perché lo definisci omino se ha lo sguardo pulito?).

    • Il termine ‘omino’ è usato nella presentazione del personaggio perché, rispetto alla moglie, è piccolo di statura e minuto.
      Ha a che fare quindi con l’aspetto fisico del soggetto, mentre l’aggettivo ‘pulito’ riguarda il profilo morale.

      • Ah ecco …non ci avevo pensato…per il fatto che sono di piccola statura (al di sotto del metro e 65, ma ben messa e proporzionata!) non mi risulta facile immaginare un uomo più basso di me!
        CMQ CHI E’ PULITO MORALMENTE E’ DI ALTA CARATURA A PRESCINDERE DALL’ALTEZZA, E QUINDI CREDO CHE TU ABBIA VOLUTO FARE UN GOCHINO SAGACE CON TALE DESCRIZIONE: MI PIACE!
        CIAO

  4. Ritrovarsi in una realtà virtuale…da brivido
    Mi ricorda nirvana di Salvatores
    Bravissimo ! A partire da una vignetta hai lasciato andare la fantasia….
    Buona serata!

  5. Il nostro uomo è finito nel tritacarne del web ed è rimasto prigioniero. Non ha colto l’attimo fuggente, come gli aveva suggerito l’omino ma è rimasto lì, incredulo, perdendo l’occasione.
    Piacevole, ironica nel suo svolgersi. E’ stata una gradevole lettura. Veramente in gamba ricavare da una vignetta e da una frase un così stupendo post.

  6. Ciao, effettivamente The Truman Show non è più contemporaneo, è del 1998 e sembra già un pezzo di archeologia. Questo tuo racconto invece è al passo con i tempi, proponilo come soggetto per un film! E’ carina l’idea della luce che si il protagonista vede quando ci sono visitatori online!

Lasciami un tuo pensiero