Caccia alle balene

blue whaleSulla superficie del mare si venivano a formare di continuo montagne d’acqua e orridi profondi di schiuma grigia e ribollente, mentre la barca beccheggiava come un mostro che cercasse di scrollarsi di dosso un insetto fastidioso. Il capitano, sul cassero di poppa, aveva gli occhi fissi sul sónar che gli rimandava a tratti un punto bianco in lento distacco. L’equipaggio, fatto di uomini scolpiti dall’acqua salmastra, la pelle di cuoio del color del fasciame, era raccolto in un silenzio contratto aspettando un cenno dell’ufficiale. L’arpione, sulla prua, si muoveva assecondando il mare, a destra e a sinistra, all’interno del cannone di lancio, come fosse dotato di vita propria e cercasse anche lui la balenottera che si era appena inabissata. Alle spalle, come un incubo inatteso, la nave fattoria mostrava al mondo la sua bocca spalancata e insaziabile, lo scivolo argenteo che dondolava impaziente in attesa del suo pasto.
Un solo capodoglio all’attivo è davvero ben poca cosa‘, pensò il capitano Yashida Sasaki dalle lunghe ciglia nere. I suoi superiori non l’avrebbero tollerato.
Poi la balenottera, quasi avesse ascoltato i pensieri del capitano, nel profondo dell’oceano si arrestò; girò un poco in tondo e quindi tornò indietro, come avesse dimenticato qualcosa. Quando, dopo qualche minuto, il signor Yashida capì che l’intenzione del cetaceo non mutava e che stava davvero venendo nella sua direzione, diede pochi e secchi comandi agli uomini. L’equipaggio scattò all’unisono come mosso da un unico filo e la barca virò di dritta di alcuni gradi procedendo in obliquo a velocità sostenuta. Azunamaro Akira, nel frattempo, aveva preso posto dietro al cannone controllando la disposizione della sagola. Non resistette dal dare con la mano un bacio alla punta dell’arpione luccicante, e pregò. L’acqua ora frustava violenta le espressioni di marmo dei marinai sotto un cielo che, da un momento all’altro, sembrava doversi spaccare in due tra lampi improvvisi e tuoni assordanti. La balenottera era ormai a pochi metri: stava per riemergere. Complice il frastuono della burrasca, il signor Yashida dovette ripetere una seconda volta il comando di far fuoco, sicché l’arpione vibrò nell’aria in ritardo inabissandosi cieco nell’acqua buia alla ricerca di una vittima che non avrebbe trovato. Il capitano e Akira si guardarono per un tempo indefinibile confrontando le proprie paure, fino a quando Akira non resse più quegli occhi e si mise ad armeggiare con l’arpione per recuperarlo.
«Abbiamo preso qualcosa, capitano» gli urlò subito dopo.
Il sónar evidenziava una massa indistinta rimasta agganciata all’arpione. Era enorme, pesante e soprattutto viva. Eppure non poteva essere la balenottera, Yashida lo sapeva bene. La barca iniziò lentamente il recupero avvicinandosi nel contempo alla nave. Da lì avrebbero agganciato la cattura, qualunque cosa fosse, per poi rimorchiarla sullo scivolo e lavorarla con comodo. L’equipaggio della barca stava comunque stemperando la tensione accumulata levando al cielo grida squillanti e i berretti color della caligine ringraziando il capitano per quella fortuna inaspettata. Ma lui non riusciva a liberarsi del proprio silenzio.
Fu necessario far trainare la preda direttamente dalla nave fattoria con un gancio e un argano supplementari, perché il suo peso aveva paurosamente trascinato la prua verso il pelo dell’acqua. E quando finalmente la sagoma della cattura apparve sullo scivolo lasciando dietro di sé una scia di sangue nero, si vide solo un’ombra gigantesca, ma indefinibile, attraversare minacciosa la pancia della nave. In coperta, i marinai si raccolsero incuriositi attorno a quello strano essere mai visto prima, cercando di capire. Aveva una pancia enorme, muscoli fibrosi e tesi, un sacco di carne solcato da vene grosse e flosce, ma senza pinne, né bocca, né nient’altro che ricordasse un cetaceo. Ma cos’era?, si chiedevano l’un l’altro provando a toccarlo.
«È un cuore» disse a quel punto il capitano Yashida Sasaki, immobile e cereo in volto. «Questo è il cuore del mare. E noi l’abbiamo appena ucciso.»

21 pensieri su “Caccia alle balene

  1. …sarò certo di parte, ma la lettura è stata non poco inquietante 🙂
    ma è merito dell’efficacissima descrizione della caccia

  2. Ed ho parlato delle briciole nella mia ultima poesia..a volte commettiamo degli abusi senza rendercene conto, il tuo post è davvero bello. Un sorriso per te. Lila

  3. Quei giapponesi sono senza cuore, perché l’hanno ucciso, cacciando le balene.
    La storia si snoda lenta ma inesorabilmente calibrata sul procedere della cattura della balenottera.
    Si legge tutto di un fiato e non si stacca, finche non si arriva all’ultima parola..

  4. Bello ed intenso… un po’ ho ripercorso la storia da Moby Dick a Greenpeace … e il finale lascia tutto il dolore e la sofferenza di questa caccia insensata

  5. Comunque se si fosse trattato di uno squalo ci sarebbe stata maggiore riverenza, perché la balena è grossa ma meno minacciosa (mentre lo squalo ti attacca con gli occhi prima che con i denti e poi ha due file di denti – e due organi genitali: se proprio vogliamo essere precisi…uno sarà di riserva, quando non usa il primo?boh-)cmq come per i pesci anche per gli umani vale lo stesso discorso: puoi ben essere enorme …ma incutere meno timore di chi è meno grosso…ED IN QUESTO CASO LA BALENA NE HA PAGATO LE CONSEGUENZE…bello il riferimento ad un cuore….
    e balla anche la descrizione dell’accanimento dei pescatori. Ciao

      • Il senso che volevo dare al post è che la caccia alle balene è un problema diventato ormai gravissimo e ineludibile come tanti altri, del resto, che sfregiano tutti i giorni il nostro ambiente e il clima; in particolare è contro l’insensibilità cieca di alcuni paesi stranieri che vivono come se il nostro pianeta non appartenesse a nessuno.
        I marinai del racconto, in via di metafora, fanno qualcosa di ben più grave del catturare una balenottera azzurra che invece, peraltro, sfugge loro; uccidono il mare stesso estirpandone il cuore.

        • Purtroppo sono molti i contesti nei quali per il proprio tornaconto l’uomo crea un sistema perverso con molti “effetti collaterali”: METAFORA BEN RIUSCITA!!!

  6. Ho letto il post con un senso di tesa attrazione.
    La caccia ai cetacei mi ha sempre scosso il cuore e da sempre mi prodigo in battaglie per marginare il fenomeno. Truce nei modi e nel fine meramente economico e superabile con la sola volontà, il buon senso e una visione illuminata del futuro.
    Ciò che mi ha sempre scossa è il senso di cieca violazione, di stupro della vita. Hai reso perfettamente l’assoluto di questo sentimento.

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