Empatia

chrysanthemumAmedeo varcò il cancello del cimitero con l’aria di dover chiedere il permesso. Dal bouquet che portava in mano, un crisantemo si era staccato dagli altri piegando la corolla a guardare il ghiaino del viale. Era la prima volta che andava a far visita al padre e si sentiva impacciato. Li avevano separati dieci anni di incomprensioni e silenzi, ma ora la sua morte aveva livellato ogni contrasto come la pioggia torrenziale sa fare sulla terra di un campo appena arato.
Fece fatica a trovare il loculo; il cimitero era grande ed era diviso in ali, reparti e sezioni e, per giunta, su piani. Poi lo rinvenne, dietro a un angolo davanti al quale era passato più volte, proprio in faccia a quel mare che il padre aveva tanto amato, una macchia prepotente di blu come l’infinito di un sogno.
Cambiò diligentemente i fiori e si pose davanti alla piastra di marmo con le mani raccolte l’una nell’altra. Avrebbe voluto pregare e invece continuava a leggere su quella lastra il nome e il cognome, l’anno di nascita e quella di morte. Avrebbe voluto dire o pensare qualcosa e invece osservava i fiori sbilenchi che dondolavano in un equilibrio instabile. Del resto non aveva saputo dirgli granché quando ancora era in vita e ora era sopravvissuta solo la frustrazione per una sorda incomunicabilità che lo aveva reso arrendevole e inerme. Il silenzio parlava per lui, un bel silenzio sussurato, un balsamo per la mente. Le foglie del pioppo tremulo, che in mezzo al giardino abbracciava con la sua ombra quella dei morti, si muovevano senza frusciare; il vento attraversava i suoi rami come poteva fare tra i capelli di una bella signora ammutolita da pensieri irraggiungibili e da un rancore mal coltivato per anni.
Ma di colpo, sorpreso lui per primo, Amedeo cominciò a parlare come non aveva mai fatto. Le parole gli uscirono di getto, inarrestabili, velenose. Erano parole vigliacche, urlate e disperse nel vento indifferente perché più leggere della luce del sole. Poi, come aveva iniziato, smise all’improvviso, ponendosi ancora una volta in disciplinata attesa. E fu allora che avvertì alcuni colpi alla lastra.
Istintivamente fece un passo indietro e alzò davanti a sé le mani come per proteggersi. I colpi si fecero più insistenti fino a quando l’apertura in plastica alla sua sinistra saltò nel vuoto roteando sulle piastrelle, alzando soffici piumini di pioppo. Dal loculo uscì strisciando un signore, sui sessant’anni, vestito con una t-shirt a righe larghe rosso e azzurro e un paio di jeans bluette. Una volta fuori, si levò in piedi con un certa agilità, dandosi una ripulita.
«Questo è un cimitero, sa? È un luogo di silenzio e preghiera. Ha finito con il suo comizio?» gli chiese con aria non troppo severa. Amedeo non riusciva a parlare. Si accorse che aveva gli occhi sbarrati e i denti stretti mentre l’uomo davanti a sé stava raccogliendo con solerzia il giornale da terra e la propria borsa.
«Cosa… cosa ci faceva là dentro?» gli domandò Amedeo.
«Là dentro?» fece l’uomo rivolgendosi al loculo che stava già sigillando con la lastra come fosse stata la porta di casa. «Stavo vicino a mia moglie. È morta da qualche settimana e io, quando posso, vengo a farle compagnia. Mi metto lì dentro perché così le sto più vicino e poi mi immedesimo con quello che può provare, chiusa in quella bara. Leggo un po’ il giornale con la pila» e la sollevò accesa in direzione di Amedeo per fargliela vedere «o mi faccio un sonnellino. C’è un silenzio meraviglioso in questo cimitero,… anche se non tutti i giorni, a dire il vero…» e sottolineò quelle parole con un sorriso in tralice. Poi l’uomo mise il quotidiano sotto il braccio come se si fosse appena alzato dal tavolino di un bar e prese ad andare via.
«Dovrebbe provare anche lei… » disse voltandosi in direzione di Amedeo: «potrebbe essere un buon modo per fare la pace una volta per tutte: si capiscono un mucchio di cose, stando là dentro…»

36 pensieri su “Empatia

  1. Chiusa la scuola, almeno per me che non ho esami, finiti i compiti da correggere, ho ripreso a leggerti, Briciola…
    Bel racconto grottesco, a meta’ tra Toto’ (‘a Livella) e Pirandello. Bravissimo!
    Anch’io pero’, come Sandro, ho incontrato qualche difficolta’ in quel punto, che poi costituisce anche la “spannung” del racconto; forse avrei parlato non di apertura ma di chiusura della tomba, (poiche’ tale e’ dal punto di vista dei vivi), di un pannello di plastica messo a chiusura provvisoria della tomba…
    ma, naturalmente, e’ solo una mia opinione…
    Ciao!
    Map85

  2. Gran bel post Briciolanellatte! Ho riso un bel po’ mentre la scena dell’uscita dal loculo mi si costruiva davanti agli occhi, man mano che scorrevo le righe. Molto bella anche la descrizione del silenzio del luogo. Alla fine la morte è forse la nostra unica certezza ed è proprio vero che ogni tanto entrare in punta di piedi in un cimitero e sedersi lì per qualche minuto «potrebbe essere un buon modo per fare la pace una volta per tutte: si capiscono un mucchio di cose, stando là dentro…»

  3. Seguo con grandissimo interesse il tuo blog. I tuoi brevi racconti mi affascinano e stupiscono.
    Perciò ho pensato di nominarti per il premio: The Very Inspiring Blogger Award.
    Spero tu non me ne voglia, ma ancora: complimenti!
    Collegati al mio blog e segui le instructions se sei interessato a nominare i tuoi top-blogger.
    Buona giornata (spero ci sia il sole… qui piove che il primario la manda doppia 🙂 )
    Sid

  4. molto poetico, anche se tecnicamente il punto in cui compare il signore forse andava spiegato meglio. stare vicino ai propri cari fisicamente spesso significa comprenderli meglio, sì. e poi abitare i cimiteri, frequentarli dà sempre una prospettiva diversa. bravo (al solito)

      • siamo alla pignoleria e quindi, spero, mi perdonerai. tu scrivi: “E fu allora che avvertì alcuni colpi alla lastra. Istintivamente fece un passo indietro e alzò davanti a sé le mani come per proteggersi. I colpi si fecero più insistenti fino a quando l’apertura in plastica alla sua sinistra saltò nel vuoto roteando sulle piastrelle, alzando soffici piumini di pioppo. Dal loculo uscì strisciando un signore.” forse al termine lastra io avrei aggiunto qualcosa come “di marmo” e una qualche indicazione del luogo (per es. alla sua sinistra o destra). il salto poi io lo sento quando scrivi ” l’apertura in plastica “. cosa è l’apertura in plastica di una tomba? meraviglia per meraviglia io avrei forse scritto qualcosa come: “…fino a quando il frontale della tomba alla sinistra non si aprì lentamente ruotando su dei cardini fin lì coperti da soffici piumini di pioppo”. sì lo so: le tombe non hanno cardini. ma se uno è tanto innamorato da voler stare con la propria compagna anche dopo la sua dipartita, allora magari si fa fare una tomba apposta il cui frontale ruota su dei cardini. 🙂 come vedi bazzecole, pinzillacchere, avrebbe detto il grande totò. scusa la pedanteria

        • L’indicazione di luogo nel testo c’è (“I colpi si fecero più insistenti fino a quando l’apertura in plastica ‘alla sua sinistra’ saltò nel vuoto roteando sulle piastrelle”). Inoltre con l’apertura della tomba intendevo indicare proprio la lastra di chiusura del loculo che solo se fosse stata di plastica avrebbe permesso l’apertura, stando dentro al loculo stesso, da parte dell’occupante (quella di marmo si sarebbe infatti inevitabilmente rotta cadendo al primo tentativo). Del resto la lastra di plastica è quella che mettono gli operatori delle onoranze funebri in via provvisoria in attesa che quella vera, di marmo, sia pronta secondo l’ordinazione del cliente (dopodiché la lastra definitiva viene murata perché così deve essere secondo le regole della polizia mortuaria; la vita, ahimè, rende con il tempo esperti anche in queste cose).
          Nella frase ‘E fu allora che avvertì alcuni colpi alla lastra’ il riferimento a quale lastra si trattasse è volutamente generico perché Amedeo, che aveva appena finito di sfogarsi con il padre morto e si era messo in attesa di una sua risposta, ha avuto l’impressione che quei colpi provenissero proprio dal loculo del padre. Per questo assume un atteggiamento difensivo temendo l’ennesima reazione di un padre autoritario. E’ solo dopo che i colpi si fanno insistenti che ho inteso localizzare la lastra in quella di sinistra rispetto alla posizione di Amedeo. Questa era la mia idea, probabilmente mal espressa, viste le tue perplessità.
          Ho poi usato il termine ‘apertura’ perché la parola lastra l’avevo appena utilizzata poco prima e volevo evitare una ripetizione; comunque la descrizione di quanto accade mi sembrava abbastanza chiara, tale da non creare fraintendimenti.
          Forse avrei dovuto usare la parola ‘tamponatura’ anziché ‘apertura’ (il termine tecnico è infatti quello) ma la trovavo piuttosto brutta, così come avrei dovuto usare il termine ‘loculo’ anziché ‘tomba’ che è più corretto quando si fa riferimento a una tumulazione anziché a una inumazione.
          L’idea dei cardini è molto buona, ma avrebbe reso palese all’esterno, a un controllo cioè da parte dei custodi del cimitero, una pratica che al tizio non sarebbe stata consentita (sempre per la solita normativa).
          Comunque ho capito il concetto che intendevi esprimere.
          Quando si scrive la precisione è molto importante anche a costo di sembrare pedanti e non lo sei stato affatto.
          Grazie per la tua attenzione.

          • ogni paese ha le sue regole e io non sono così esperto della materia, ma le poche volte che ho assistito a tumulazioni provvisorie non ho mai visto chiusure in plastica, mentre ho certamente visto chiusure in mattoni oppure terra buttata su e pareggiata alla meglio. per questo il riferimento alla plastica mi ha lasciato spiazzato. avevo, invece, colto il tuo intento iniziale, quando Amedeo crede che i colpi siano del padre e in effetti è assai consono alla relazione tra i due. sacrificavo, nella mia proposta, questa parte efficace solo per rendere più chiara la seconda che al contrario mi era oscura. ps: hai fatto benissimo a non usare tamponatura.

  5. Magnifico. È in vita che spesso viviamo come chiusi in un loculo, almeno questo il senso di certe nostre chiusure. Terribili i nostri nn detto che ci gorgogliano dentro come lavandini ingorgati.
    sherabbracci

      • Uhmmm… Beh, sì, ‘ridere’ è un po’ troppo; ma me l’ha alleggerita, per lo meno per il tempo della lettura
        Sarà che mi sono figurata il signore con la maglia a righe come un Buster Keaton impolverato un po’ anzianotto… o che ho ripensato ai cimiteri inglesi -nessuno si infila nei luculi, per quanto ne so, ma seduti su una panchina a leggere vicino ai propri morti ha qualcosa di simile…

  6. Molto bello, ben descritto veramente un bel racconto! Solo che ci penso mi viene una fifa… poverino …strano modo di stare vicino a sua moglie chi sa che odorino sente ….

  7. Credo mi sarebbe venuto un colpo al cuore se mi fosse capitata una cosa del genere.
    Comunque proprio un bel racconto, con tanto di colpo di scena 🙂

    Complimenti!

  8. Ciao, anche io penso che i cimiteri siano un pò come dei paradisi…si sente un senso di pace…o perchè quando sei lì ti distrai dalle cazzate solite e alla fine ti rilassi…o perchè ti sembra di essere vicino a qualcuno che ti vuole bene e che per il solo fatto che hai voglia di vicinanza riesce a farti sentire la sua presenza…bò…penso possa essere sperimentata come terapia…o forse non per tutti…perchè le cose le apprezzi se ti viene voglia di farle dal di dentro…senza che nessuno te le imponga: penso sia così anche in questo caso.
    Complimenti…un bel racconto che getta un sasso nello stagno per il lettore che sappia coglielo!
    Cmq non ho ben capito perchè hai legato il silenzio all’incomprensione (vedi “una sorda incomunicabilità”)…penso che che il problema sia il fatto che il padre è stato visto come un simbolo di autorevolezza e quindi Amedeo si è sempre autocensurato nel timore di dire qualche cazzata (ma forse al padre non sarebbe dispiaciuto sentire stramberie! ho verificato che dopo una stronzata il discorso può prendere quota: ahahaha): del resto io penso che ci sono casi di comunicazione senza parole e casi di spiegazioni e fiumi di parole dove più parli e ascolti e meno capisci dove si vuole arrivare! E’ il dilemma di tutti.. penso che chi più e chi meno ha vissuto entrambe le sensazioni!

  9. Certo che, se a Amadeo non gli ha preso un coccolone, c’è mancato un pelo.
    ISenza dubbio è un modo strano per stare accanto alla moglie ma sicuramente è insolito per rappacificarsi col morto.
    Bello e ironico questo post.

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