L’uomo era fermo dietro di lei. La stava osservando mentre lavava i piatti. Era rigido, pallido in volto, le guance contratte. La donna, quasi avesse avvertito quel disagio, si voltò dandogli un’occhiata di sufficienza.
«Cos’hai, Carlo? Hai un’aria strana…»
L’uomo non rispose. Tra le parole che non riusciva a trovare si insinuò lo sciacquettare indisponente della donna nel lavello, il che tolse ogni credibilità a quanto stava per dire. Guardò in alto e di lato, come si fa quando si vuol far tornare alla mente un ricordo.
«È che non ne posso più, Maria» sbottò d’un tratto quando ancora stava cercando le parole giuste. «Lo so che non dovrei dirlo qui e non dovrei dirlo adesso, davanti a tutti, ma non ne posso davvero più.»
«Cosa stai dicendo?» fece lei con tono irridente. «Vieni qui, piuttosto, e asciugami questa pentola.»
«Dico sul serio» disse lui facendo un passo in avanti e sciogliendosi un poco. «Il tour è stato massacrante. Tutti i giorni qui, su questo palco, a provare sin dal mattino e fino a poco prima dello spettacolo. Che poi, diciamocelo pure tra noi, non è neppure niente di che. Lo so, al pubblico tutto questo non interessa e non c’entra nulla né con la commedia, né con la mia parte: di ciò me ne scuso profondamente». Queste ultime parole le pronunciò ad alta voce per farsi sentire bene dalla platea. «Ma oramai mi sembra che sia questa la mia vera vita, non avendone un’altra decente. È alienante: sempre lo stesso copione, sempre le stesse frasi, le stesse facce, la stessa trama… e, sospetto, persino lo stesso pubblico.»
La donna posò la pentola che Carlo non aveva raccolto e si asciugò le mani nel grembiule. Si girò verso di lui:
«Copione? Pubblico? Commedia? Ma ti sei ammattito? Cos’è, un modo carino per dirmi che sei stufo di me e che dopo tutti questi anni te ne vuoi andare via?»
«Non-non capisco» fece lui facendo un passo indietro e irrigidendosi un’altra volta.
«Come non capisci?» domandò Maria alterandosi. «Parli di trama, di tour, di recitare una parte… Mi rendo conto che il tuo lavoro non ti dà tutte le soddisfazioni che vorresti, che avresti voluto dei figli da me e che la tua vita può sembrarti persino monotona, ma, signorino mio caro, ho una notizia per te: questa è la vita che ti sei scelta tu. Scusami tanto se non faccio abbastanza e se sono solo una delusione…»
«Come sarebbe?» chiese lui. «Vorresti forse dire che questo non è un teatro, che non siamo nel bel mezzo di uno spettacolo e che oltre quella cortina di luci non c’è il pubblico?»
«Adesso basta! Perché oggi ce l’hai tanto con me? Cosa ti ho fatto?» e si mise a piangere.
«E allora come mai so esattamente cosa succederà dopo questa scena? Fra qualche attimo entrerà da quella porta tua madre e, prendendosela con me, mi rimprovererà per l’ennesima volta di non averle aggiustato lo scarico del suo bagno.»
«Ti ascolti quando parli, Carlo?» fece lei asciugandosi le lacrime nel grembiule. «Mia madre vive con noi da anni e sono mesi che le hai promesso di aggiustare quel benedetto scarico che perde…»
L’uomo senza dire altro si diresse allora a passo svelto verso la fila delle luci alle sue spalle, deciso a scendere i gradini del palco e accertarsi della presenza in sala del pubblico per mettere fine a quella farsa.
«Attento però» avvertì all’improvviso lei con il tono severo e fermo dei momenti tragici. Carlo, per prudenza, si arrestò. «Se scendi quelle scale, qualunque cosa ci troverai, non potrai più tornare indietro. Potrebbe esserci davvero il pubblico, come dici tu, ma allora questo non potrà che significare che sei impazzito e che dovremo farti ricoverare; ma potresti anche trovare il retro del giardino di casa tua, com’è in realtà , e allora vorrà dire che io non sono nulla per te, che non mi ami affatto e soprattutto che non mi hai mai amato per tutti questi anni: non ti perdonerò mai per questo. Insomma decidi tu cosa vuoi fare.»
L’uomo si sentì all’improvviso sfinito e privo di forze. Si dondolò sui piedi, come un pendolo rotto; guardò la fila delle luci davanti a sé, poi la moglie immobile che lo fissava in modo provocatorio e poi ancora la barriera accecante dei fari; scosse la testa e tornò lentamente indietro.
«Ecco bravo…» disse Maria rassicurante riprendendo a lavare i piatti.
L’uomo si lasciò andare pesantemente sulla poltrona, nascondendo la faccia tra le mani. Il rumore delle stoviglie nel lavello riempì lo spazio vuoto attorno a loro come una colonna sonora mal riuscita.
In quel mentre entrò una donna anziana:
«Allora, dov’è quel buonannulla? Quando si deciderà ad aggiustare lo scarico del bagno?»
Un buonannulla
31 Mag 2014 di Briciolanellatte
Pubblicato su Casa Isbbarrìa, racconti, racconti di Poggiobrusco | Contrassegnato da tag anziano, blogtale, coppia, Lughi, moglie, pubblico, surreale, teatro | 35 commenti
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Non immagini quanta pena ho provato per quell’uomo…. avrebbe fatto meglio ad uscire di scena… 😦
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I tuoi racconti mi piacciono sempre
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Grazie.
(E’ da un po’ che non ti affacciavi a questo blog. Tutto bene?)
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Sì sono stata un pò impegnata. Neanche nei miei sto scrivendo. Niente paura. Il tuo mi piace sempre e lo seguo con piacere.
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Non ho avuto paura 🙂
ero solo un po’ preoccupato
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Bel racconto. Anch’io ho sempre pensato di avere intorno a me un pubblico attento. E’ così che vedo la vita.
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proposta accattivante quella di lasciare il copione, andare a braccio, poi non sempre si trova il coraggio 🙂
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Realtà e recita non sono poi così distanti a volte… complimenti per il pezzo, gustoso e anzichenò. Un saluto, alla prossima. Univers
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Il pubblico per l’attore non dovrebbe esistere…l’attore è dentro la parte e si disinteressa del pubblico, che non deve poter decidere quale sviluppo avrà la trama…ciao! La suocera petulantemente prevedibile strappa una risata!!!
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chiedo scusa..mi presento e saluto, come è giusto fare quando si entra a casa d’altri.. : )
mi chiamo nicoletta, avevo un blog su splinder molti anni fa ed il tuo nick mi è parso familiare.. o forse ricordo male, è passato un pò.
comunque è stato un piacere leggerti.
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Sì, Nicoletta, ricordi molto bene, anch’io sono stato uno splinderiano fino all’ultimo giorno; credo un paio di vite fa 😉
Grazie per essermi venuta a trovare.
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ricordavo bene allora..eri fra i miei link! piacere d’averti ritrovato.
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bello rivedere negli scritti frammenti della propria vita. puo’ far paura, può far riflettere, o gioire se si è scelto di non recitare più copioni già usati.. molto bello. grazie, mina
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Con questo post volevo appunto mettere in evidenza la necessità, a volte, di prendere in mano la propria vita rompendo gli schemi mentali, i più complicati da abbattere.
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Mi viene in mente The Truman Show. E mi verrebbe da pontificare che è alienante una vita così.
Però è più facile da dirsi, che a cambiarsi.
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The Truman Show? Non ci avevo pensato
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Pirandelliano. 🙂
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Hai centrato l’idea che volevo ‘far passare’.
Grazie
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gli conviene andarsene se non vuol finire in cronaca nera
ciao
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Sì.
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Io quei gradini li ho scesi…bel pezzo!
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Hai avuto coraggio. Non è da tutti.
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davvero ottimo il gioco di specchi tra la commedia della vita e la commedia della vita….
: )
l’equilibrio tra ciò che è (detto) e ciò che non è (detto) – ma che comunque potrebbe essere – m’è parso perfetto e m’ha ricordato alcuni scritti di quel geniacco di zio Beckett. particolarmente intrigante anche il monito della moglie, che in essenza implica che “non sapere è meglio di sapere”, cosa su cui si potrebbe dissertare per secoli, a patto di concederci reciprocamente il beneficio del dubbio
: )))
unico mimimerrimo appunto, in una delle risposte della moglie, la donna “irridente” definisce il discorso di Carlo “carino” e mentre leggevo la cosa mi ha stonato… forse suonerebbe meglio “originale” (ma magari è solo un *mio* delirio).
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I tuoi commenti sono sempre molto puntuali. Grazie
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Questo post è come il solito bene costruito e sviluppato, mi aspettavo come in altre occasioni un finale diverso. Quale? Non saprei ma meno scontato di quello prevvisto da Carlo. Un post dolente con l’uomo che crede o finge di credere di recitare in teatro, mentre in realtà il palcoscenico è la sua abitazione.
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Non sono sicuro di aver capito bene il tuo commento.
Qui abbiamo un uomo che, a un certo punto della sua vita, è così alienato dalla sua esistenza da pensare di star recitando una parte in una commedia, mentre la moglie gli fa presente, invece, che è la sua vita reale. E lui non ha il coraggio necessario per accertarsi quale sia la verità.
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Io mi riferivo alla frase finale della suocera.
«Allora, dov’è quel buonannulla? Quando si deciderà ad aggiustare lo scarico del bagno?»
Frase che Carlo dice essere la prossima scena della recita, come puntualmente avviene.
Ecco il senso della mia parziale delusione finale. Mi aspetteva qualche cosa a effetto.
Per il resto mi pare che siamo sulla stessa linea interpretativa.
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Storia malinconica, ma raccontata veramente bene. Molto coinvolgente. Complimenti.
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Grazie, davvero gentile
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Mi è venuta la pelle d’oca. È davvero tutta una farsa?
buona giornata
Magy
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A volte potrebbe esserlo davvero
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commedia tragicomica della quotidianità. all the world’s a stage… if you like it! Grazie e Buona Domenica, comunque.
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Una sensazione dolorosa che ho avuto anch io vedendomi costretta a recitare una parte come fosse un copione. Sono scappata a metà scena.
Shera
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Scappata? Addirittura?
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