Rumori e colori

rosaScendeva le scale di corsa. Un paio di volte Saverio mancò il gradino. Le scale ripide del centro non aiutavano quando si andava di fretta. Ed era lì lì per aprire il portone quando si ricordò della rosa: era rimasta nel suo bell’involucro trasparente sul mobile del corridoio. No, non poteva farne a meno. Era il suo primo mese con lei e voleva sottolinearlo anche così, non appena l’avesse incontrata. Ancora non si capacitava di stare con una ragazza simile, dopo averla desiderata per così tanto tempo. Guardò l’orologio con un’espressione di supplica perché non gli dicesse che era davvero tardi. Le lancette furono implacabili. No, doveva tornare su, se ne era reso finalmente conto. Tre minuti dopo era di nuovo al portone, questa volta con le gambe rigide come pilastri di calcestruzzo, ma con la rosa in mano: una baccarat rosso cupo che pareva ritagliata nel velluto; lunghissima, profumata, stordente per la sua bellezza. Resistette al tentativo di mettersi a correre: la delicatezza del fiore non l’avrebbe sopportato. Per fortuna doveva solo attraversare la piazza: la casa di lei era a pochi passi. S’incamminò, ma quello fu anche il momento in cui fu investito da un boato assordante mentre il terreno si mise a sussultare quasi si fosse trovato su un tappeto tirato violentemente da un lato. Una bomba, pensò. E invece a cinquanta metri da lui, in mezzo alla piazza, là ove di solito prendeva posto il mercato del lunedì, si era aperta una voragine. Era proprio come nei film: una depressione al centro e poi uno sprofondo ad allargarsi a raggiera per una ventina di metri di diametro. Un fumo di polvere e detriti si era sparsa nel cielo gettando al suolo una penombra malata e un vento gelido si era levato tutto intorno. Si sentivano grida, suoni scomposti, clacson incantati sulla loro nota più sgradevole. Poi un gatto passò di lì, per curiosità. Si spinse sull’orlo della voragine per annusare l’aria. E un momento dopo non c’era più. È caduto, pensò Saverio avvicinandosi. Ma subito una city car, parcheggiata poco lontano, cominciò a muoversi verso la buca. La sentì gemere sulle lastre di pietra come un animale ferito che volesse sfuggire a una trappola mortale; il proprietario la stava in qualche modo trattenendo, ma il vortice era irresistibile, la forza soverchiante. Per non cadere anche lui, l’uomo si arrese lasciandola andare all’improvviso con un gesto disperato seguendola con gli occhi mentre la vedeva volar giù. Quindi presero ad essere risucchiati nell’enorme spaccatura alcuni ombrelloni di un bar, le sedie più vicine, i tavoli, i cartelloni dei menu. Iniziarono a essere trascinate anche le persone: una giovane donna uscita dalla farmacia, lo stesso proprietario della macchina, una turista giapponese con un buffo ombrellino che agitava sopra la testa. Si tenevano tutti per mano, per fare resistenza, aggrappandosi l’uno all’altra ai cartelli stradali che però si spezzavano in due come bastoncini del gelato. E più le cose e le persone cadevano là dentro, più sembrava che l’appetito di quelle fauci spalancate diventasse insaziabile. Saverio anziché fuggire, ormai dimentico della sua ragazza, si era spinto fin sull’orlo del precipizio, ipnotizzato da quanto stava accadendo. Assisteva impotente a quel cataclisma, osservando infilarsi giù nel baratro, in un unico gorgo buio, piccioni e cani, moto e biciclette, una carrozzella con tanto di cavallo e fiaccheraio e persino un autobus intero che lasciò nell’aria una striscia arancione come una cometa; quindi fu la volta dei rumori, dei colori, dei pensieri e finanche dei ricordi più remoti. Tutto ciò che era nelle vicinanze veniva ingurgitato senza pietà da quell’orrido crudele, muto e silenzioso. Un bimbo di pochi mesi, proveniente chissà da dove, volando come una foglia morta, fu afferrato al volo da Saverio poco prima che finisse nell’abisso. Per far ciò lasciò andare la rosa che cadde luminosa nella voragine torbida fino a quando non la vide più. E il turbinio violento allora cessò di colpo. Tornarono i suoni quotidiani, i colori vividi del mattino, la consapevolezza del presente. Una signora, stravolta nel volto e nell’animo, gli si avvicinò furibonda per strappargli dalle braccia, senza dir nulla, il bimbo che non stava neppure piangendo.
«Con i tempi che ci mette il Comune a riparare le buche delle strade, chissà quanto ci vorrà per ricoprire questa…» sbuffò un vecchietto indicando la voragine con il suo bastone.

16 pensieri su “Rumori e colori

  1. davvero notevole e non solo per le dimensioni della voragine.
    : )))
    intanto salta agli occhi un’ambivalenza significativa della rosa: da un lato “salva” Saverio, che a causa del ritardo (l’ha dimenticata) evita di trovarsi al centro della voragine quando si apre. dall’altro è in qualche modo legata all’aprirsi della voragine stessa: è vero che ne placa la fame, ma potrebbe esserne, almeno simbolicamente la causa scatenante. così, in buona sintonia con la buca-voragine, pure il racconto resta aperto, attendendo che sia il lettore più che il Comune a riempirla di supposizioni…
    : )
    tra le varie ipotesi, mi piace pensare che al di là di comode romanticherie piuttosto usurate, l’amore sia anche un sentimento assai totalizzante, capace di focalizzare a tal punto i pensieri sulla persona amata tanto da inghiottire/far scomparire il resto del mondo. in effetti, la spaccatura squarcia il luogo comune (centro della piazza) e forse mette in discussione la sublimazione del sentimento amoroso mediante la sua immagine allegorica incarnata dalla rosa rossa. ovvero, tanto la descrizione che ne fai fotografa il fiore in modo affascinante (una baccarat rosso cupo che pareva ritagliata nel velluto; lunghissima, profumata, stordente per la sua bellezza), tanto la voragine ne è il suo orribile negativo speculare, un’immagine opposta ma per l’appunto combaciante (“un fumo di polvere e detriti” “una penombra malata e un vento gelido” “grida, suoni scomposti, clacson incantati sulla loro nota più sgradevole”). morale, se il delirio amoroso scompare, il mondo ritorna quello di ogni giorno: ohi, se ciò sia un bene o un male, sta al lettore deciderlo…
    : )
    più in generale, questo raccontino m’è parso proprio un gioiellino, a metà tra l’ingranaggio kafkiano e una sfavola rodariana per il nitore quasi stuporoso dei cartelli-bastoncino-gelato nonché del bimbo-foglia-volante-che-non-sta-neppure-piangendo. my compliments.

  2. Questo Scilla e Cariddi di mancata manutenzione ordinaria delle nostre strade è di grande attualità ed effetto…il gorgo buio…che tutto ingoia, cose ed esseri viventi. Inquieta sì. Complice anche questa perdurante situazione di incertezza economica e baratro sociale, l’immagine è potente e irretisce le sensazioni come pesci che cercano di liberarsi delle maglie della rete in cui sono finiti.
    Spero vorrai perdonerai se mi permetto di sdrammatizzare perché il vecchietto alla fine mi ha strappato un sorriso e mi ha fatto vedere oltre il gorgo. L’ “umarell” [cfr. http://umarells.wordpress.com/ ] che hai posto sul bordo della voragine mi ha fatto scattare davanti gli occhi un’immagine molto consueta davanti a un qualsiasi lavoro in corso o cantiere aperto:
    http://umarells.files.wordpress.com/2014/02/buca.jpg

  3. Cmq c’è il contrasto tra il titolo che echeggia cose positive: cioè colori (segno di vita) e rumori (e perchè non suoni? C’è un motivo?) e il decadere abissale del brano? Si crea salita e discesa…cioè movimento: mi piace!!!

  4. Il pensiero di una enorme voragine che risucchia il mondo e lo ‘tinge’ solo di bianco e nero mi inquieta un po’…la mamma e il vecchietto poi sono emblematici, forse, del menefreghismo che ci circonda…complimenti

  5. Sembra un brutto sogno…uno di quelli che si fanno quando hai la febbre alta…tutto ok? Spero di si…un saluto

  6. Un racconto ai limiti della realtà ma veramente piacevole da leggere. Solo Saverio con la sua rosa baccarat rossa è riuscito a placare la fame del buco, che si è messo placido e tranquillo. Saverio col suo gesto altruistico verso il pupo dimostra che sono le piccole attenzioni che fermano gli ingranaggi della voracità del mondo.
    La madre è l’esempio perverso. Il vecchietto la saggezza dell’anziano.
    Complimenti

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