88 anni

compleannoSi svegliò all’improvviso come fosse l’ora di alzarsi. Si sentiva riposato, pronto a iniziare una nuova giornata. La sveglia sul comodino indicava le 3.02, del mattino. No, non poteva sentirsi riposato, no davvero, non a quell’ora. Anche se ormai dormiva poco era troppo presto per qualsiasi cosa avesse voluto fare. Si girò più volte nel letto, inquieto; forse aveva caldo o forse aveva sete o forse doveva solo andare in bagno. No, probabilmente non è nulla di tutto questo, pensò. Forse sarà perché è il mio compleanno? E cos’hanno di speciale 88 anni rispetto ai precedenti? Sono vecchio, si disse, e non c’è nulla da festeggiare. Si scoprì un poco spostando di lato le lenzuola; allungò il collo: il bicchiere dell’acqua non era sul comodino. Decise di alzarsi. Uscì dalla stanza cercando di non far rumore. La moglie da più di quarant’anni dormiva nell’altra stanza. Una scelta condivisa dettata dalla reciproca convenienza di non disturbarsi. Ciabattò lungo il corridoio tenendosi al muro. Uno spiraglio di luce filtrava da sotto la porta della moglie. Strano, si disse, è sveglia anche lei. Entrò piano. La moglie era distesa sotto le coperte, i capelli bianchissimi ben pettinati, un libro rotolato da una parte. Le si avvicinò gemendo perché aveva già capito tutto. Gli occhi azzurri, spalancati su una vita che non vedeva più, erano leggermente infossati, la bocca aperta a carpire l’ultimo respiro, il naso affilato sul volto latteo. Lui si mise a piangere sommessamente, come per non svegliarla. No, le sussurrò, non mi lasciare Maria, non mi lasciare.
Prese il telefono, tremando, e compose il numero per chiamare un’ambulanza.
«Presto, venite» disse balbettando appena sentì qualcuno all’altro capo. «Mia moglie è morta.»
Il centralino si schiarì la voce: «È sicuro, signore?»
«Sì, è pallidissima, gli occhi sono spalancati, non ha più polso, non respira. Deve essere successo ieri sera, alle 22, quando si è coricata. Diceva che aveva un disturbo allo stomaco, nulla che non potesse passare con una buona tisana calda, diceva…»
«Capisco, ma perché ha chiamato noi?»
«E chi avrei dovuto chiamare, scusi?»
«Non possiamo impegnare un’ambulanza per trasportare una persona deceduta. Potrebbe esserci un’emergenza e non avrei la macchina a disposizione. Aspetti domattina e chiami il suo medico di fiducia per la certificazione e poi l’agenzia delle pompe funebri, tanto non c’è più nulla ora che lei possa fare…» e riattaccò prima che lui potesse replicare.
Si sentì solo, sprofondato nel pozzo più profondo della terra. Gli mancava l’aria. Il silenzio si propagava per la casa come un gas velenoso, corrodendo immagini, colori, sentimenti. Uscì sul pianerottolo. Sì, forse Renzo, il vicino, lo avrebbe potuto aiutare, magari gli avrebbe detto qualcosa, l’avrebbe consolato. Ma poi si bloccò davanti alla porta. Si ricordò che era in vacanza. Gli aveva dato persino le chiavi per accudire al gatto.
In cosa abbiamo sbagliato? Le chiese tornando nella stanza e pensando al loro figlio con cui non si parlavano più da anni. Guardò l’ora. Erano appena le 3.15. Il tempo procedeva a salti, strattonando. Il buio fuori dalla finestra sembrava scavato nel carbone e premeva denso sui vetri facendoli scricchiolare. Le chiuse gli occhi delicatamente e si mise accanto a lei. Pensò a quando l’aveva conosciuta e a come si era sentito strano nel vederla la prima volta con quel vestitino a quadri bianchi e rossi: com’era bella con quegli occhi curiosi e il sorriso speciale. Pensò a quando, goffo, l’aveva baciata al volo, all’uscita dal locale, e aveva capito subito che lei se lo aspettava già da un po’. È vero che te l’aspettavi, Maria? Le chiese voltandosi verso di lei come aveva fatto migliaia di altre volte. Scosse la testa nel guardarla così, stentava a crederci. Una vita intera passata insieme e non ci siamo neppure salutati. Le disse accarezzandola.
Si distese accanto a lei, tenendola per mano e mettendosi a piangere a dirotto, con singhiozzi che lo scuotevano violentemente come fosse stato percosso da un gigante. Era l’unico suono che poteva udirsi in quell’universo spezzato. Verso l’alba si sentì sfinito. E si addormentò.

59 pensieri su “88 anni

  1. Dopo aver letto il tuo racconto mi sento di consigliarti vivvamaente il film Amour!
    Tu hai le qualità per apprezzarlo e capirlo sino in fondo …!
    L’hai visto?
    Un abbraccio

  2. Svegliarsi ad ottantotto anni non è da tutti. Poveretto però perdere la moglie così. E’ straziante già a qualunque età, ma ad ottantotto anche se un pò te l’aspetti deve essere pure peggio.

  3. l’ho letto. Poi, una volta arrivato alla fine, ho ricominciato. Perché un bel racconto, una bella storia d’amore come questa non avrà mai una fine. Mi ha commosso. Complimenti.

  4. Mio padre ha 88 anni e non so se reagirebbe così trovando sua moglie morta.
    Comunque il passare degli anni porta con sè questa strana cosa: contemporaneamente in me diminuisce la paura di morire e aumenta quella di sopravvivere ai miei cari, come due vasi comunicanti che però cambiano inclinazione dopo essere passati per il centro. Cioè, da giovanissimo pensavo solo a me stesso e avevo grande cura di tutto ciò che mi concerneva direttamente, adesso mi frega quasi più niente e mi preoccupa solo il benessere dei miei affetti.
    Non so se c’entri col racconto ma l’ho associato a questo.

  5. bello e straziante anche per il senso beffardo del tempo. “era troppo presto per qualsiasi cosa avesse voluto fare”, e invece – amaramente – era già troppo tardi. degno di nota pure il “riposato” che esita in “sfinito” col cerchio della vita a chiudersi tra l’iniziale “si svegliò” e il finale “si addormentò”.
    ma proprio il giorno del compleanno? mmm… il diversivo narrativo quasi sconfina in eccesso di sadismo! emmeno male che il vecchio già partiva con l’idea che non ci fosse nulla da festeggiare…
    (“Ero l’unico suono” è un refuso o un’immedesimazione della voce narante?)

    • Analisi molto attenta e arguta.
      Hai ragione, leggendo il racconto già a distanza di un paio di giorni, lo riscriverei in un altro modo. La coincidenza del compleanno ‘calca un po’ troppo la mano’ sul tono generale del racconto e non sarebbe necessario. La ‘straordinarietà’ della morte (che poi ‘straordinaria’ non lo è affatto essendo strettamente legata alla vita) sarebbe risaltata maggiormente nell’ordinarietà della esistenza, nello svolgersi cioè di un giorno qualunque della coppia. Un testo vive anche di questi equilibri interni, di contrasti reali o apparenti. E’ che me ne sono accorto in ritardo e ora è troppo tardi 🙂
      Grazie per il tuo commento che mi ha permesso queste riflessioni.

  6. Emozionante e commovente.Enzo si sdraia accanto a Maria come per accompagnarla nel suo viaggio finale.con un groppo in gola ti dico Bravo

  7. Molto intenso e commovente. Credo non sia molto facile riuscire a condensare così tante emozioni e sensazioni in poche righe trasmettendo al tempo stesso immagini reali dello spaccato domestico di una coppia di persone anziane.

  8. Comunque è una bella soddisfazione per un uomo riuscire ad essere vedono…non tutti gliela fanno…i maschietti soccombono prima delle femminucce in media!!! ehehehe…

  9. Il dolore intimo, ben confezionato in poche righe. Molto bella.
    Lascia la speranza che anche lui possa dormire. … Per sempre.
    Come una favola , anche se dovrebbe stravolgere il finale ” e morirono …”
    Un abbraccio
    Giancarlo

  10. Purtroppo i blog son tanti e mi scuso per non averti citato nel gioco dei premi web e me ne pento in quanto ho fatto confusione per via del titolo che mi ricordava una giovane ragazza di cui, per tanti motivi, non sono un assiduo lettore. Il pezzo è veramente bello, la stanza è già presente nella nostra mente all’inizio della lettura e chi ha un po di anni sente un nodo alla gola e rimembra, rimembra.

  11. Però bisogna guardare il lato buono della vicenda: la anziana signora è deceduta nel suo letto…senza soffrire…l’unico rammarico potrebbe essere quello di non aver fatto gli auguri al marito!!!
    Mi piace come cerchi di far capire le cose…con passo felpato da gatto…suggerendo gli stati d’animo al lettore…senza forzare!!!

  12. Hai trattato la morte e in particolare la perdita della moglie con molta delicatezza, sondando le sensazioni di quest’uomo, Renzo, che si ritrova a 88 anni solo. Quel ricordo, quando molti anni prima si sono incontrati, è di una dolcezza senza uguali. Ma il punto più toccante è lo stendersi accanto a lei, che lo ha lasciato.
    Veramente ottimo per stile e tono narrativo. Complimenti

  13. Una commovente pagina di vita reale che fotografa una situazione possibile quando i figli si allontanano, non importa il perchè, dai vecchi genitori che, comunque, gli hanno dato la vita e li hanno allevati secondo le loro possibilità.

      • Forse è proprio per questo che sin dall’inizio bisognerebbe evitare di addossarsi reciprocamente le responsabilità e cercare, invece, insieme di capire, analizzandolo, come sia iniziato il dissidio che, da banale che fosse, sia diventato insanabile. Cre che se si è inbuonafede, se presi inizialmente, finirebbero con uina risata, un abbraccio e l’interrogativo “come abbiamo fatto a diventare così stupidi?”
        Mi piacerebbe molto che la conclusione fosse sempre questa. Impossibile? Difficile, sì; impossibile, no! Ciao.

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