Trapezi di luce

Umbrellas«Oggi mi sembra di non arrivare mai.»
La macchina bucava la notte come fosse un tutt’uno con il tempo e la pioggia. Il tergicristallo strisciava sul parabrezza con un rumore goffo di gomma risucchiando l’acqua che precipitava scura dal cielo.
«Forse è perché piove» fece la moglie guardando l’uomo accanto a lei a tratti illuminato da trapezi di luce gettatigli addosso dall’altra corsia.
«Sarà,» fece dopo un po’ il marito… «ma è più buio del solito e non riconosco neppure il paesaggio attorno. È strano, visto che sono quindici anni che tutti i fine settimana facciamo questa strada.» La moglie si guardò attorno vincendo quel sonno che sempre la stordiva non appena iniziava a viaggiare.
«No, ecco, dietro a questa curva, sulla destra, c’è la chiesa di Alvona…» disse lei sollevata.
«Ma cosa dici? La chiesetta di Alvona l’abbiamo superata dieci minuti fa e poi… sarebbe stata sulla sinistra, semmai…» L’uomo spense la radio che stava gracchiando, fuori sintonia, una musica indefinibile. Altri rumori entrarono di prepotenza nell’abitacolo a impastarsi con quelli del motore.
«Oddio» fece lei «hai ragione tu, ci siamo persi.»
Proseguirono così, per altri minuti, senza parlare, sondando il buio alla ricerca di un particolare o di un cartello che facesse capire loro dove si trovassero. La pioggia rimbalzava sui vetri come volesse lavar via colori e luci mentre in realtà cancellava tracce, pensieri e ricordi, in un indefinito confuso dove ogni cosa era uguale all’altra.
«Aspetta» fece lui mettendo di scatto la freccia. «C’è una volante della polizia laggiù. Chiediamo a loro.»
«Sei impazzito? Vuoi fermarti sulla corsia di emergenza in autostrada? È pericolosissimo!» fece lei drizzandosi sul sedile. Ma il marito aveva già accostato e spento il motore. «No, non scendere dalla tua parte» disse allora lei rassegnata «chiedo io, tu stai lì.»
«Ti bagnerai… prendi l’ombrello…» le disse dietro, proprio mentre lei stava già sbattendo la portiera.
L’uomo accese la luce di cortesia e con il cellulare cercò di fare il punto con il gps. Non funzionava e non c’era neppure campo. Alzò lo sguardo, quasi volesse chiedere alla moglie che cosa si dovesse fare, quando, attraverso il parabrezza punteggiato di gocce tutte identiche, vide che la macchina della polizia non c’era più. E non c’era più neanche la moglie. Uscì spaventato. «Marta, Marta…» urlò nell’oscurità della notte. Risalì in macchina e accese agitato gli abbaglianti. «Marta, dove sei? Non fare scherzi» gridò sotto la pioggia correndo avanti e dietro sulla corsia di emergenza. ‘Che sia andata via con la stradale?’, pensò,’no, non è possibile. Non mi avrebbe lasciato qui senza avvertirmi’. Salì nuovamente sulla macchina controllando il cellulare. Continuava a non esserci campo. Cercò di fermare qualche macchina sbracciandosi e urlando nella notte con la pioggia che gli lavava il viso e gli annebbiava gli occhiali, ma i veicoli lo rasentavano suonando a lungo il clacson senza fermarsi. Aspettò ancora qualche minuto, con il cuore in gola; non sapeva che fare, poi si rimise in macchina. Avrebbe cercato aiuto alla prima uscita o alla prima stazione di servizio che avesse incontrato. Ora andava veloce, come un pazzo: doveva far presto. La moglie poteva essere da qualche parte in autostrada, da sola, in difficoltà. Dopo una lunga galleria, all’improvviso, gli apparve sulla destra il cartello di uscita per Lughi, quello che avevano tanto cercato. Ebbe una stretta allo stomaco.
«Bene, finalmente siamo arrivati» disse la moglie accanto a lui sorridendogli nella penombra.
«Marta!» disse lui con un soprassalto.
«Rallenta caro… sennò saltiamo il casello.» Lui rallentò frenando bruscamente.
«Come sono felice di vederti!» le disse. La macchina si infilò docilmente nella corsia di uscita scrollandosi di dosso le ultime gocce di poggia. «Ma dove eri…»
«Andiamo a casa» lo interruppe lei mettendogli una mano sul ginocchio. Il suo viso era dolce e triste allo stesso istante.
«Sì,» rispose lui «hai ragione, andiamo a casa.»

59 pensieri su “Trapezi di luce

  1. Mi piace pensare che sia stata LEI a farsi un bel giretto in un mondo parallelo…
    L’immagine dei ‘trapezi di luce’ dei fari è azzeccata, tra le figure geometriche il trapezio è la più strana.

          • Chi è stato selezionato per il ‘premio’ a sua volta indica, secondo le regole di selezione altri blogger che gli sono piaciuti. Chi indica i ‘nominati’ non è una giuria o un ente, ma i blogger stessi. Finché non hai ricevuto una ‘nomina’, insomma, non puoi a tua volta averla, né puoi sollecitarla o partecipare, perché, credo, il tutto dovrebbe essere spontaneo, dettato dai gusti di chi sceglie. Tuttavia, visto che non occorre alcuna legittimazione a essere il primo a nominare (forse l’unica cosa è gestire un sito) e, se proprio ci tieni, potresti iniziare tu questa sorta di moderna catena di S. Antonio dettando le regole (che puoi copiare da chi sta facendo il gioco) e dando il via alla sequela di nomine che produrranno altre nomine e così via. Non se ne sente davvero il bisogno (è un meme e, come tale, un giochino senza pretese e senza velleità), ma se proprio non hai nient’altro di meglio da fare…
            Potresti chiamarlo ‘Casalinga Award’ o ‘Casa dolce casa Award’ e qualcosa di simile.

            • Quindi, mi dovrebbero selezionare all’improvviso. Stiamo a vedere. Mi piacerebbe inventare un award per casalinghe, è una bella idea però poi a chi lo do?

  2. Un racconto apparentemente innocuo, di lieto fine, a prima lettura… ma che, con la vena adatta, potrebbe riservare risvolti di incubo nero. Mi piace. Anche il titolo, molto bello. Un saluto. Univers

  3. Ho provato un simile sgomento per un colpo di sonno. Mi è sembrato eterno ma non può essere durato più di una fazione di secondo. Mi sono svegliato e tutto era come prima. Un grande conforto e la gioia di esserci ancora. Giugulari a mille atmosfere. Il tuo racconto mi ha scombussolato, ora è mio.

  4. Questo racconto mi ha ricordata un episodio che mi aveva raccontato mia nonna anni fa.

    Una volta mio nonno, mentre era in moto, prendendo una buca si è perso mia nonna per strada. Lei è saltata giù dalla moto senza farsi niente ma mio nonno non si è accorto di nulla e ha proseguito per alcuni km come se nulla fosse. Solo ad un certo punto, girandosi per chiedere una cosa a sua moglie si è reso conto che lei non c’era più, e così terrorizzato è tornato indietro. Ha trovato mia nonna sul ciglio della strada che si era incamminata tranquillamente per raggiungerlo: sapeva che prima o poi lui sarebbe tornato indietro a prenderla.

    Mio nonno, in effetti, è sempre stato un po’ distratto…

  5. La donna non era da sola e in difficoltà…ma sono insieme e finalmente sono arrivati a casa…uao…non riesco a leggere storie di suspance di sera tarda, non riesco a dormire…meno male che ci sta il lieto fine!!!
    Sei sempre fantastico nel narrare…i brividi si sono placati solo nel finale…
    Sogni d’oro!!!

  6. Bel racconto, la descrizione è perfetta, mi domando il marito ha forse sognato di essersi finalmente perso sua moglie per strada? un suo desiderio ….i sogni esprimono desideri

  7. Molto bello, con quel mistero che praticamente rimane irrisolto, oppure al quale si possono dare diverse risposte. Tutto dipende da come lo interpreta il lettore.
    Es. Può aver vissuto per un attimo in un mondo parallelo…. ummm forse un po’ troppo azzardata come soluzione 🙂
    Ciao, buon fine settimana
    Pat

  8. Complimenti! Mi hai tenuta col fiato sospeso sino alla fine.Inoltre i dati visivi e di movimento mi hanno quasi permesso di essere dentro quell’auto in preda a un confusionale attacco di panico.

    Alla prossima, ciao.

  9. Un incubo finito bene. Ma Marta cos’ha visto, scendendo? Oppure è il marito che ha avuto un incubo al pensiero di perdere la moglie.
    Direi un ottimo racconto con un crescendo alla Hitchock nel creare suspense fino all’epilogo finale, che si sgonfia come un palloncino.

    O.T. Per Caffè Letterario di febbraio ho lasciato libera la solita terza domica, 16, qualora tu intenda partecipare.

  10. che bel racconto anche se strano… i pensieri che vagano mentre si guida? Un futuro o universo parallelo? L’importante è che ora “vanno a casa”

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