Blu cobalto

blu cobaltoLa prima volta che si avvicinò a quella bancarella degli oggetti d’epoca, alla fiera dell’antiquariato di Alvona, la fotografia color seppia si trovava confusa insieme a delle stampe di castelli dell’Ottocento inglese. Raffigurava un signore di mezza età, molto distinto, preso di tre quarti, con giacca e panciotto eleganti e un fiore vistoso all’occhiello. Ciò che più attirava l’attenzione era però lo sguardo intenso, sornione e sprezzante, sotto un taglio di capelli aristocratico che cercava di coprire con eleganza un’avanzata stempiatura.
Il mese successivo, al medesimo banchetto, Emilio si avvicinò incuriosito da un oggetto di ferro, sbrecciato di ruggine, di cui era difficile comprenderne l’uso.
«È un antico strumento per tostare i cereali» gli rivelò il venditore che, dall’altra parte del banco, aveva alzato gli occhi da sopra il giornale. «Era per l’orzo, credo…» Poi, quasi fosse sfinito per aver pronunciato quelle poche parole, si rifugiò nuovamente nella lettura. Emilio annuì, pensando che un oggetto di quel genere avrebbe forse fatto bella mostra di sé sopra il caminetto. E stava per allontanarsi, quando ebbe la netta sensazione di essere osservato. Vicino a lui c’era solo una donna anziana che parlava dolcemente a una bambina che faceva i capricci, mentre il commerciante, nel suo fortino di oggetti appartenuti ad altre esistenze, pareva impagliato tanto era immobile. Poi vide di nuovo quella fotografia: era appoggiata di sbieco, contro un’edizione datata di Pinocchio: l’uomo effigiato, in quella sua posa sfrontata, sembrava interrogarlo. Emilio tirò a sé la foto e, questa volta, la girò. Una grafia svolazzante, vergata in inchiostro blu cobalto, riportava: ‘Olderico Magnani Scotti, 1909’.
Per tutto il mese successivo si scoprì più volte a ripensare a quella immagine brumosa chiedendosi cosa mai lo mettesse così a disagio. Quello sguardo severo lo ossessionava, come se gli stesse domandando qualcosa e lui avesse avuto la risposta.
Quando arrivò la prima domenica del mese, giorno di fiera, si diresse immediatamente alla bancarella delle stampe per cercare la foto. La voleva comprare. Si mise a rovistare tra gli oggetti esposti con una smania che catturò l’interesse del commerciante alle prese con il solito quotidiano sgualcito che dava l’impressione di essere sempre lo stesso.
«Posso aiutarla?» gli chiese a voce bassa sperando probabilmente di non essere sentito. Emilio gli descrisse la foto e il nome che aveva letto dietro.
«Non ho mai avuto una foto simile» concluse il venditore dopo averci pensato un po’. Emilio sentì crescere l’inquietudine come per un appuntamento importante mancato; era lì lì per dire qualcosa quando la scorse appena sotto un disegno a carboncino.
«Eccola!» esclamò trionfante.
«Mi faccia vedere… Uhmm… non l’ho mai vista prima, dove l’ha trovata?»
«Va bene, quanto vuole?» fece Emilio infastidito per quel discorso senza senso.
«Assolutamente nulla, la prenda pure, se crede. Non è mia» insistette.
Emilio la portò a casa, soddisfatto. Alla lampada alogena del suo studio la esaminò accuratamente con una lente di ingrandimento. Non era una foto professionale, era certo, ma nonostante ciò restava suggestiva e ben eseguita; non aveva sfondo e la luce viva, che non si capiva da dove spiovesse, era perfetta e assegnava profondità alla figura facendola emergere dal buio. L’uomo era in posa senza perdere tuttavia di spontaneità e gli occhi terribili sfidavano ancora infingardi il mondo intero a distanza di più di un secolo.
Emilio di lì a poco si addormentò.
Sognò una città tenebrosa senza contorni e colori. Pareva sempre sul punto di poterla riconoscere a ogni passo e a ogni angolo che svoltasse, ma poi non riusciva a metterla a fuoco. Forse si trattava di una città conosciuta ma di un’altra epoca. Sognò di Olderico Magnani Scotti, che lo aveva avvicinato in un locale pubblico carico di odori e disegnato da mattoni masticati dal tempo. Gli disse che era un conte, che le immense tenute del padre gli avevano permesso una vita agiata al riparo dalle urgenze del lavoro. Che era un appassionato di arte sacra, di musica e di magia nera e che durante una seduta spiritica un suo avo, il conte Eugenio, gli aveva rivelato il segreto dell’immortalità dell’anima su questa terra. Un destino indifferente e inflessibile, proprio pochi giorni dopo lo scatto di quella foto, aveva voluto però che, durante una battuta di caccia, un ospite incauto l’avesse ferito a morte scambiandolo per un cinghiale.
Quando riaprì gli occhi era già mattina. Era ancora seduto sulla sua poltrona, la foto in una mano, una sensazione straniante di debolezza addosso. La casa galleggiava nel silenzio assoluto di una domenica senza data e il giorno attorno a lui pareva in attesa di un cenno per poter riprendere il cammino.
Squillò il telefono. Si alzò a fatica, strascicando le scarpe fino alla scrivania.
«Pronto?» chiese con una voce che non riconobbe.
«Emilio Ruggeri?»
Lui rimase a rimuginare su quella domanda apparentemente facile, poi sbottò:
«Guardi, ha sbagliato numero. Qui casa Magnani Scotti. Sono il conte Olderico Magnani Scotti.»
E riagganciò.

31 pensieri su “Blu cobalto

  1. Interessante. Mi ha solo un po’ confuso il finale, quando dici: “sbottò”.
    Per lo stile e il personaggio avrei visto meglio una frase di questo tipo:
    “Lui sembrò rimuginare su quella domanda apparentemente facile, poi rispose:”
    🙂

    • Con il verbo ‘sbottare’ volevo mettere invece il risalto, proprio in relazione al carattere del personaggio Magnani Scotti, che questi fosse indispettito dal fatto che l’interlocutore lo avesse scambiato per un’altra persona, uno per altro del ‘volgo’, quando lui invece era un aristocratico. Il verbo ‘rispondere’, insomma, mi suonava più generico e, nello specifico, non individualizzante.
      Grazie per il tuo contributo e simpatia.

  2. Fatalmente nella mia bacheca su facebook mi hanno postato un raccontino sulle anime morte. Qui sono passata per un saluto e una bella lettura, e invece mi ritrovo immersa in un “film” alla Amenabar. 🙂
    Ottimo!
    E fatalmente mentre aspetto un incontro un po’ particolare…
    E cmq nel finale utilizzi una bugia per concludere.
    Bello!
    buonanottata

    • In verità non si è trattato di una bugia. Emilio è effettivamente convinto di essere il conte la cui anima, attraverso la foto, si è impossessata del corpo di Emilio. Tutto il racconto è costruito su questa tematica e porta a questo risultato (la foto che ‘cerca’ Emilio e non viceversa, il segreto sull’immortalità dell’anima di cui il conte dichiara di essere depositario, la sua morte violenta, la sua passione per la magia nera, la sensazione che avverte Emilio quando si sveglia sulla poltrona). 🙂

      • Il segreto dell’immortalità dell’anima è suggestivo come spunto…un’anima che vive oltre la vita deve per forza essere piena di valori…uno spirito combattivo…

  3. Buon pezzo. Il finale poi è quanto di estroverso e fantasioso possibile anche se ognuno di noi, magari, aveva in mente un qualcosa di diverso, nel leggere. Un saluto. Univers

  4. Molto piacevole la lettura, come al solito troncata sul più bello. E’ forse questa la tua caratteristica Briciolanellatte, lasciare al lettore la continuazione della storia, ognuna diversa, diversamente attinente.
    Il blu cobalto è un catalizzatore, cioè una scusa per avviare il volano dell’immaginazione. Mi sembra molto efficace sul retro di una fotografia virata seppia. A me ad esempio evoca Yves Klein, l’artista che ha addirittura brevettato un blu speciale per le sue opere (http://it.wikipedia.org/wiki/International_Klein_Blue ). Sono incredibili i nomi delle gradazioni di blu da Carta da zucchero a Blu navy … per altri racconti.

    • Grazie Marvan, sono sempre molto interessanti i tuoi commenti e ricchi di spunti e riflessioni.
      Il blu, in tutte le sue sfumature, è il mio colore preferito. E fra tutte le sfumature esistenti, prediligo quello del cielo estivo dopo il tramonto e appena prima di diventare nero. E’ il cosiddetto ‘blu time’, un blu molto carico, ma molto profondo. Nella scala dei blu, all’indirizzo che hai indicato sopra (peraltro lascia sbalorditi il blu di Yves Klein) è un blu prossimo al Blu navy.
      Quanto al finale, il finale ‘aperto’, o ‘a rebus’ come lo chiamo io, lo adotto volutamente per una molteplicità di motivi.
      Il primo, come hai acutamente osservato, è senz’altro quello di coinvolgere il lettore, costringendolo a concludere il racconto con la propria fantasia, in modo che lo senta ancora più suo per averlo personalizzato.
      Un’altra ragione (ma ce ne sono altre e voglio farla breve) è quello di adoperare un artificio letterario (in senso buono) per ‘sfondare’ la limitatezza del racconto minimo, quello cioè da me adottato di poche righe.
      E’ un po’ come il trucco di collocare degli specchi in un ambiente angusto in modo da farlo sembrare molto più grande di quello che è. Poi ognuno, nello specchio, ci vede quello che vuole.
      A presto.

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  6. Ho sempre adorato i colori strani dell’inchiostro e il blu cobalto, come la seppia, lo erano.
    Emilio attratto da una vecchia fotografia si è talmente immedesimato nella lettura di quell’immagine che ha raccolto dentro di sé l’anima immortale di Olderico Magnani Scotti.
    Dunque è la visione di un viso che crea suggestioni pericolose per chi cerca di comprenderne gli aspetti più reconditi.
    Queste sensazioni spesso ci accompagnano nel corso della nostra vita, rimanendo soggiogati dal fascino misterioso di immagini altrettanto misteriose.

    O.T. per Caffè Letterario di Novembre la data del 17 va bene?

  7. Umh…il blu cobalto…un blu diverso…speciale: mi piace e mi piace anche il senso di inquietudine che emerge dal brano; mi pace che gli occhi così vivi e penetranti di un ritratto attirino il protagonista e lo facciano immedesimare in un ruolo che nemmeno conosce!!!

  8. Bella storia ricca di suspence, si legge d’un fiato e poi … finale inimmaginabile!! Complimenti, ottimo lavoro.

  9. Pochi ma buoni. E’ bellissimo . Anche gli altri. Non sono una patita dei commenti, pero’ se mi si permette, la foto non non e’ adatta…troppo vivace- viva, il personaggio appartiene a un altro mondo, sfumato, velato, evanescente…

    • Hai perfettamente ragione Francesca. L’immagine però, secondo la mia intenzione (ma è un messaggio subliminale, mi rendo conto) è collegata al colore e al titolo, al blu cobalto, a quella luce che, perfidamente bella, sfida il tempo e la bruma.

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