La festa del passero montano

passeriLa corriera annaspava sulla salita dello Yan-Tze Dhang. Il rumore che proveniva da sotto i piedi era sospetto ma il gruppo di gitanti cercava di non farci troppo caso. La prospettiva di visitare il tempio taoista di Lai-neh, il più antico di tutta la regione, aveva alimentato l’entusiasmo del gruppo. La giornata era afosa e, già a quell’ora, il sole era rovente. L’autista, Wang Qi Shi, un buffo cinese di Macao che, dopo un passato burrascoso da pescatore di frodo, aveva investito tutti i suoi risparmi in quella ditta di tour operator, non smetteva mai di sorridere. La comitiva di Lughi, tuttavia, al suo terzo giorno di viaggio, aveva già sperimentato a sue spese l’avvilente disorganizzazione del giro, ma preferiva non pensarci; i lussuosi alberghi promessi si erano rivelati poco più di una stanza in catapecchie rurali liberate in fretta e furia dal contadino di turno, che aveva assiepato tutta la famiglia nell’unica stanza rimasta, mentre i tanto pubblicizzati ristoranti romantici a lume di candela altro non erano se non una stuoia di bambù stesa sull’erba su cui erano state risposte scodelle mal lavate e riempite a metà di riso scotto e insapore.
La corriera aveva fatto appena in tempo a guadagnare la cima della collina che il motore si spense in un singhiozzo. «Nessun ploblema, nessun ploblema» disse Wang Qi Shi catapultandosi fuori dall’abitacolo, non smettendo di sorridere. Alzò con molta fatica lo sportello del vano motore e sparì dentro. Nel frattempo, il sole impietoso convinse il gruppo a scendere e a sgranchirsi le gambe. Era aperta campagna, il paesaggio era brullo e stopposo, e i grilli stavano dando libero sfogo al loro frastuono cacofonico. Il prof. Locatelli disse qualcosa a proposito del fatto che lui, in quel posto dimenticato da Dio, non ci voleva venire e che era tutta colpa della moglie. Salvo poi considerare che forse la moglie l’aveva lasciata in quel tugurio di casa da dove erano partiti la mattina presto. Rosa e Gino si tenevano invece per mano, sorridendosi e baciandosi tutto il tempo: quello era il miglior viaggio di nozze che avessero potuto desiderare; non avevano occhi che per i loro occhi. I tre sordomuti si stavano spiegando l’un l’altro quanto accaduto. Demetrio, quello più allampanato di loro, si era messo come al solito contro sole, sicché aveva capito solo un gesto su cinque.
In quel mentre lo sportello sul retro della corriera si aprì di colpo vomitando Wang Qi Shi sulla strada polverosa.
«Una notizia buona e una cattiva…» disse rimettendosi in piedi con un saltello e un sorriso smagliante. Il gruppo si girò verso di lui.
«Non andlemo più al tempio Lai-neh…»
«E la notizia cattiva?» fece Gregorio, un ventenne con la faccia sempre imbronciata, che non riusciva a staccare gli occhi dal seno prosperoso di Matilde, la giovane biondina che lo aveva ignorato sin quando erano partiti da Collefili.
«No, quella notizia buona. Tempio Lai-neh non bello, già stato mio cugino e lui dice tloppe scimmie e tloppa puzza e poi tutti uguali quei templi lì. No, quella cattiva è che colliela defunta, molto defunta. Cinque giolni almeno pel avele pezzi licambio. Ho già pallato con cugino: nessun ploblema, nessun ploblema.»
«E adesso che facciamo?» chiese il professor Locatelli che si stava finalmente godendo il momento di poter parlare senza che la moglie lo interrompesse di continuo. Wang Qi Shi consultò la mappa come un generale prussiano e poi esclamò: «Possiamo vedele festa nazionale del passelo montano!»
«Passero montano?» chiesero tutti quasi in coro.
«Sì, sì, bellissima festa, tipica cinese, voi mai vista, poco lontano da qui. Tanta gente, tanti cololi e poi glande festa e cibo glatis.»
«Che ne pensi, cara?» chiese Gino a Rosa dandole un bacio. «Mi sembra una cosa carina, topino mio, magari ci divertiamo» disse Rosa a Gino restituendogli il bacio. Il resto del gruppo mugugnò un sì di assenso, comprese Ada e Pina che, come api operose, continuavano a intrecciare imperterrite i loro ferri da maglia formando per il loro nipote Nuccio un pull over a coste di lana siberiana iniziando l’una dal collo e l’altra dal fondo. L’improbabile comitiva, piuttosto che restare sul posto ad arrostire al sole, con la prospettiva oltretutto di rimanere a digiuno, si mise in marcia dietro a Wang Qi Shi che, a dispetto delle gambette storte e macilente, aveva un passo da guida dolomitica. Dopo circa mezz’ora, alla spicciolata, arrivarono sudati e ansimanti su una montagnola aggettante un prato immenso che conteneva, a perdita d’occhio, migliaia e migliaia di contadini. Erano tutti immobili, in piedi, in assoluto silenzio: guardavano un punto fisso dell’orizzonte come oggetti inanimati in attesa di un soffio di vita. La comitiva lughese si sedette compita sul prato, rapita da quello scenario biblico che si stava compiendo sotto i loro occhi. Wang Qi Shi sorrise a tutti, come per dire: ‘Visto che spettacolo?’
Poi, all’improvviso, tutti i presenti nel campo lanciarono all’unisono un urlo assordante. Stormi di passeri montani si levarono in massa impauriti in ogni direzione. Il cielo era diventato scuro di uccelli e un’ombra fredda si proiettò sulla terra. Per un po’ i passeri volarono qua e là alla rinfusa, poi, appena cercavano di posarsi sui rami degli alberi, i contadini ripeterono il loro urlo lancinante alzando nel contempo le braccia. Lo fecero più e più volte, fino a quando ai passeri cominciò a scoppiare il cuore per lo sforzo di sostenersi in volo, finché caddero fulminati a terra, uno dopo l’altro, come in una pioggia nera.
«Eh? Che dite?» fece Wang Qi Shi che si era alzato in piedi saltellando sul posto dall’eccitazione. «Che spettacolo spettacoloso, velo? Passeli montani nocivi pel campi.»
La coppia in viaggio di nozze aveva smesso di baciarsi inorridita e Ada e Pina di sferruzzare forsennatamente. Il professore aveva la bocca spalancata e i tre sordomuti non osavano più guardare né gesticolare. Solo Gregorio ebbe coraggio di chiedere: «e allora, quando si mangia?»
«Tu aspettale…» fece pronto Wang Qi Shi radioso «adesso noi fale scolpacciata di passeli montani…»

(prosegue con il post  successivo “Una pesca spettacolare”)

34 pensieri su “La festa del passero montano

  1. La tua creatiività e la tua fantasia ti rendono un pò folle ed è questo che piace di te e dei tuoi racconti….. Blavissimo Bliiic!!!

  2. Dopo Saviano e Briciolanellatte i cinesi non potranno più usare containers a scrocco e allevare passeri.
    Bellissimo! (per i cinesi) 😉

  3. Cmq la vita va presa come la intende la coppia in viaggio di nozze: e cioè l’importante è che c’è l’amore…e TUTTO IL RESTO E’ NOIA…NOIA…NOIA…AAAA

  4. Ad un certo punto mi sono chiesto: – Com’è possibile che stia continuando a leggere il resoconto d’una semplice escursione fallita? Ma la narrazione, entrata nel vivo della vicenda, faceva già presentire il punto di svolta. Degli occidentali stanchi e disorientati giungono nelle remote lontananze d’un villaggio ancorato a strane tradizioni e festività. Minuti d’attesa e trepidazione, per sentirsi squarciare dall’urlo grave e spaventoso di centinaia, se non migliaia d’uomini in silenzio, e poi assistere ad una caccia surreale che andrà a comporre, secondo le previsioni della guida, il loro gustoso pranzo turista. Lì dove le assurdità regnano, il tutto con sarcasmo mostra la diabolica tortura di questa roulette infernale che chiamiamo esistenza. Tutto per sciogliersi nella stasi d’un momento d’attesa delusione, che nell’imbarazzo susciterebbe il riso per ripicca.

  5. Descrizione scrupolosa di stati di animo, che coglie il modo di reagire agli imprevisti a seconda dei caratteri delle persone: mi piace la punta di sarcasmo che emerge quando del prof. Locatelli, sempre pronto a dare una colpa alla moglie, dici che non si era ricordato nemmeno di averla lasciata a casa
    e mi piace pure quando l’autista, quello che non smette mai di sorridere, si ingegna a inventare che non è male che non si possa andare al tempio
    e anzi meglio così…
    Che mondo sarebbe senza la capacità di inventarsi alternative di fronte agli imprevisti?

  6. Divertente e spassoso questo post dei gitanti lughesi in quella Cina rurale e misteriosa che da la caccia al passerto montano urlando a squarciagola col ricco bottino di mangiare quei poveri passerotti.

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