Facce

facceAvrei voluto avere una faccia così come di quel ragazzo. Un viso duro, l’occhio fiero come di chi sa governare le emozioni più scomode e riesce a dar sfogo alla forza delle proprie idee; una sfida ferma, in ogni parola, il nocciolo duro di una pietra nascosta nella mano. Corre leggero il suo sorriso pallido, tirato, per dar forma alla visione di un’esistenza che non sa attendere, per far capire quanto lui sia importante e insostituibile e tu no, in questo mondo di persone fungibili.
Oppure avrei voluto la faccia di quell’altro uomo là, sì, proprio quello seduto al tavolino del bar a guardare le persone che strusciano lente per il corso. Le spalle larghe, i segni di una personalità complessa, la coscienza di aver fatto quello che il destino voleva lui facesse. Con un sogno però ingombrante nell’animo e la voglia di realizzarlo tra le punta delle dita. L’espressione è dolce, di chi ha capito l’intima verità dell’esistenza e saputo andare al di là del dolore, della solitudine e di quelle nuvole laggiù che galleggiano pigre sull’orizzonte acceso di luce.
Ma mi sarei accontentato anche di quell’altra faccia. Di quella persona anziana, assorta ad aspettare il bus. Sprofondato nel suo mondo di pensieri senza tempo, le rughe a tener su la pelle del volto a ragione d’un passato intenso, colmo di slanci e ponderate riflessioni; lui che adesso immagina la poltrona davanti alla finestra d’un giardino carico di verde, con migliaia di gocce di pioggia a dondolarsi sui rami ancora spogli, incerte se bagnare la sottostante terra bruna o farsi assorbire dal sole primaverile; già, proprio lui che ancora fantastica d’una vita nuova, lontana dai ‘dover fare’ e dai ‘dover essere’, da osservare curioso da dietro una vetrina luccicante che s’affacci sulla sua samaritaine.
È invece, io, ho questa faccia qui. Anonima, gli occhi tondi e inespressivi, un ciottolo ruvido che il fiume si è dimenticato di modellare. Tutto di me sa di fragile, precario, discontinuo. Questa foto mi ritrae oltretutto con i capelli spettinati e la bocca lievemente storta. Un colpo di vento improvviso, è stato detto, ma non è così. È solo l’immagine impietosa di una realtà che mi ha inseguito sin qui e sino ad ora. Era l’unica foto che è stata trovata tra le mie cose, hanno detto. Perché non è davvero bella una lapide senza la sua brava foto per quanto brutta possa essere. Aiuta a non dimenticare e a tener vivo il ricordo, hanno detto, ma solo con un mezzo sorriso. Come se ciò potesse rendere migliore questo nulla immobile che ha inghiottito ogni cosa.
E ora non c’è più tempo per una foto diversa.
Per la verità non c’è più neppure la faccia vecchia per ritrarla di nuovo e porvi rimedio.

25 pensieri su “Facce

  1. Ciao, avevo letto giorni fa questo tuo post e mi ha colpita tanto che ancora ci penso su. E penso alle foto di alcuni miei cari che abbiamo scelto molto in fretta per le lapidi.

    Complimenti: eccellente scrittura.
    Ciao
    Marirò

  2. Mi è capitato spesso di pensare alle foto sulle lapidi. Credo sia molto difficile la scelta della foto di qualcuno a cui si è voluto molto bene. Si pensa a tutti coloro che non l’hanno conosciuto in vita e si cerca, in qualche modo, di trasmettere qualcosa di lui: com’era, cosa pensava, quanto ha saputo amare e quanto ha saputo lasciare di sé. Non è una scelta facile, non lo è per niente………Post stupendo, bravo Bric! 🙂

  3. Mi viene in mente mia nonna quando avrebbe voluto mettere sulla lapide di mio nonno la foto di come di lui come era quando lo aveva visto le prime volte…alto…aitante…pieno di forze e con uno sguardo ribelle…fregandosene delle proteste di chi diceva che non lo avrebbe riconosciuto nessuno…lei non voleva saperne…per lei è sempre stato così come lo aveva visto la prima volta.
    Ognuno vede quello che vuole…e l’opinione degli altri non può contare più della propria…non è detto che se noi ci vediamo in un modo gli altri ci vedono allo stesso modo!!! L’importante è essere speciale per una persona…
    Inutile ripetere che i tuoi spunti mi fanno riflettere e che il pezzo è fantasticamente introspettivo. Il tuo stile mi ricorda un poco Dostoevskij in La mite…
    Un saluto

  4. Ognuno ha la faccia che ha. però quando sei morto, non ti serve più nessuna faccia, nemmeno quella della foto sulla lapide.
    Sembra quasi che la voce narrante stia osservando le persone che lo circondano ma semplicemente non osserva e non pensa a nulla. E’ morto.
    Bello come il solito.

    O.T. Per maggio a Caffè Letterario la solita terza domenica, il 19, va bene?

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