Un ordine sublime

Finestra sul mondoQuello era il momento che preferiva: entrare in casa dopo una giornata di lavoro. Sì d’accordo: non c’era una moglie che gli andava incontro a chiedergli sorridente come fosse andata, né un bambino che trotterellava sino a lui ad avvinghiarsi felice alle gambe o un cane scodinzolante. Ma lui era ugualmente felice. Era la vita che si era scelto e quello era il suo mondo. Ed era impagabile quel silenzio soffice e avvolgente, quelle luci soffuse pronte ad accoglierlo in un abbraccio, quell’alito odoroso di cose solo sue, che lo avevano atteso fedeli sin dalla mattina. Era una casa grande per uno scapolo, senza dubbio, ma lui aveva fatto in modo di abitarla tutta, dividendola secondo le sue abitudini e necessità. E anche se viveva da solo e anche se era un uomo, quelle stanze erano l’esemplificazione del pulito confortevole, della precisione maniacale, dell’ordine sublime. Ogni oggetto aveva il suo posto, la sua funzione, la sua ragione d’essere. Persino la polvere era discreta rispettando quel disegno superiore. E questo gli dava serenità e sicurezza.
Si diede una sciacquata e si mise abiti più comodi. Secondo il suo rituale quello era il momento del caffè. Entrò nel ripostiglio per prendere la bottiglia dell’acqua minerale per la moka. Nel chiudere la porta gli occhi andarono in alto, sullo scaffale dove erano riposte alcune scatole della stessa dimensione ma di colore diverso: contenevano alcuni oggetti ‘salvati’ dall’operazione pulizia dei genitori intenzionati, nel cambiar casa, a sbarazzarsi del superfluo. Rimase impietrito. Una delle quattro scatole, più esattamente quella alla estrema destra, era stata spostata. Sporgeva infatti in avanti rispetto alle altre tre, e di un buon centimetro. Pensò subito: ‘Ci deve essere qualcuno in casa’.
Chiuse la porta dietro di sé come se niente fosse e si guardò attorno. La casa non gli sembrava più la stessa. Ora aveva un non so che di freddo e di ostile. Si fece coraggio e si preparò ugualmente il caffè. Lo bevve, lavò la tazza e la ripose con calma. Quindi sfilò dal ceppo dei coltelli quello seghettato del panettone e si mise in movimento. Controllò stanza per stanza, con il cuore in gola. No, non c’era nessuno e soprattutto non c’era nient’altro che non fosse al suo posto. ‘E se mi fossi sbagliato?’ pensò. Del resto non c’erano segni d’effrazione alla porta, né alle finestre, senza contare che abitava all’undicesimo piano e che nessuno aveva il duplicato delle sue chiavi. Più pensava però di aver spostato la scatola senza accorgersene e più gli sembrava impossibile. Una sera aveva usato finanche il metro perché le scatole fossero tutte alla stessa altezza e distanza. Si sedette in poltrona. Aveva bisogno di riflettere. Poi ritornò nel ripostiglio e tirò giù la scatola spostata. Aveva fatto una lista delle cose che conteneva. Sì, non c’era dubbio mancava un block notes di quando aveva avuto dieci anni. Allora gli piaceva, durante i lunghi viaggi in macchina, annotarsi tutte le targhe delle macchine che vedeva transitare dal sedile posteriore. Erano divise per giorno e per il luogo di rilevamento. Era una cosa sciocca, lo sapeva bene, ma a quel tempo l’aveva trovato un passatempo divertente. E ora il blocco non c’era più. Tornò in sala. Accese tutte le luci per cercare di attenuare l’angoscia. Forse sarebbe stato più sicuro uscire o chiamare la polizia. E se poi non avessero trovato nessuno, come poteva essere probabile, cosa avrebbe raccontato loro? Che si era accorto che c’era un ladro in casa da come era stata riposizionata una scatola?
Ascoltò il silenzio. Gli sembrò persino di sentire respirare anche perché aveva la precisa sensazione di non essere solo. Rifece il giro delle stanze altre quattro volte, con lo stesso esito negativo. Era stanco e voleva dormire ma era determinato a prendere l’intruso. Alle cinque e mezza del mattino sentì la sveglia del vicino che suonava: era un macchinista dell’Eurostar e sarebbe andato al lavoro. Lui invece aveva le palpebre che stavano per chiudersi come le valve di un’ostrica. Stava ancora pensando al da farsi che, senza neppure accorgersene, appoggiò la testa allo schienale e si arrese al sonno.
E subito un’ombra silenziosa scivolò da dietro l’armadio.

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La storia minima ‘L’ordine sublime’ è stata pubblicata, in via esclusiva, per la prima volta il 20 gennaio 2013 su:

–> Il blog Caffè Letterario

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18 pensieri su “Un ordine sublime

  1. L’ordine maniacale del tuo protagonista mi ha fatto pensare a Monk… sai sono una patita di telefilm! Grande racconto, ad ogni modo, complimenti come sempre.

    • Monk è uno dei miei telefilm preferiti. Non mi ero accorto di questa somiglianza, ma è vera ora che mi ci fai pensare. Del resto ho sempre sostenuto di avere un po’ di Monk in me 🙂

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