Melissa

MelissaCapitava spesso di ritrovarsi in biblioteca a studiare. Il lunedì, il mercoledì e il venerdì, il vicino di casa dava lezione di pianoforte e il volume era così alto che gli vibravano persino le penne nel portamatite. E così aveva scelto quell’oasi di silenzio del cuore di Lughi, un antico monastero medioevale, riadattato a biblioteca, che aveva saputo conservarsi un proprio spazio discreto tra le mura antiche di pietra gentile.
E lui l’aveva notata subito. Una bellezza dolce, pensosa, non appariscente, gli occhi scuri e profondi, uno sguardo sempre altrove come non volesse dar fastidio al mondo. Era lei, dolcissimamente lei. Ogni volta che la vedeva, il cuore gli pulsava fin nei polpastrelli e si sentiva una miriade di stuzzicadenti incastrati nella gola. Il suo nome era Melissa, almeno così un giorno aveva sentito chiamarla un’amica. Ma nonostante lui la fissasse, a volte in modo finanche imbarazzante, la ragazza non aveva mai dato l’impressione di essersi accorta della sua presenza, anche quando si spostava di corsa nella sala per uscire e rispondere al cellulare o quando succedeva che, per qualche motivo, gli passava nei pressi.
«È libero questo posto?» si sentì chiedere una mattina. Era Melissa. Non l’aveva vista entrare e ora si trovava davanti a lui, dall’altra parte del tavolo, che lo stava guardando con aria interrogativa e distratta. «È libero questo posto?» insistette lei con assente gentilezza toccando la sedia; il ragazzo finì per annuire. E con delicatezza, quasi fosse un rito, Melissa iniziò a posare sul tavolo un libro di anatomia, l’astuccio delle penne, un block notes, il cellulare e un pacchetto di fazzoletti. Poi si sedette e, senza alzare più lo sguardo verso di lui, che ogni tanto ne sbirciava il profilo, si mise a studiare il testo e a scrivere appunti con la massima concentrazione. Non ci poteva credere: le era così vicino da poterla sentire respirare e si trovava così a poca distanza da lei da poterle rubare il calore e sentirne il profumo. Già, così vicina e così inaccessibile. Pensò anche che quella sarebbe stata l’occasione giusta per parlarle. Magari poche parole soltanto, giusto per stabilire un contatto. Pensò a una battuta. Sul fatto che facesse caldo o piuttosto che facesse freddo oppure che ci fosse tanta gente o che non ce ne fosse affatto. Poteva inavvertitamente toccarle un piede o far scivolare la propria matita fin dove si trovava lei e poi chiederle scusa. No, sarebbe stato tutto troppo banale, troppo infantile: avrebbe fatto solo una gran brutta figura.
Ci pensò su, tormentandosi sulla cosa giusta da dire; fino a quando non sentì rintoccare le campane del vicino duomo: era mezzogiorno. Lo sapeva, lei se ne sarebbe presto andata. E infatti subito si alzò e con la stessa cura con la quale aveva riposto le sue cose sul tavolo, le rimise nel suo zaino. Il ragazzo cercò di incrociare di nuovo il suo sguardo. Chissà, magari avrebbero potuto da quel giorno cominciare a salutarsi e da cosa sarebbe nata cosa… Ma lei si limitò a guardare lo spazio strettamente intorno a sé e in un attimo era già sulla porta e un secondo dopo non c’era più.
Ora il tavolo davanti a lui era desolantemente vuoto. Si sentì uno stupido. Un maledetto ragazzo solo e timido. E stupido. Un’occasione così non gli sarebbe capitata una seconda volta. Era stata lì, davanti a lui, e non aveva saputo dirle nulla. Sembrava persino non ci fosse mai stata. A testimoniare il contrario c’era sul pianale un biglietto scaduto del bus che la ragazza aveva usato come segnalibro. Allungò la mano e lo prese. L’avrebbe tenuto per ricordo. Se lo girò tra le mani.
Su un lato, con pennarello, c’era scritto in bella grafia: Melissa: 358 9900473.

19 pensieri su “Melissa

  1. Adoro i tuoi racconti con il finale che non ti aspetti. Ad una riga dalla fine mi sono detta: “che delusione, tutta una storia per nulla…” ed invece!
    Anche un po’ romantico questa volta.

  2. Piacevole e il finale è ormai un classico espediente che però mette d’accordo. Sottolineo una frase che mi ha particolarmente colpito: uno sguardo sempre altrove come non volesse dar fastidio al mondo. Ti rendi conto che non ne fabbricano più così di frasi in giro? Un caro saluto.

  3. Un finale inaspettato e molto piacevole. Melissa non era poi così distante come credeva, anzi si era accorta di lui nonostante non lo avesse fatto mai capire.
    Molto bello, complimenti
    Ciao, Pat

  4. Un post dolcissimo come Melissa, lieve e intenso, quasi impalpabile ma terribilmente concreto.
    E’ una cavalcata dei sentimenti del ragazzo che impacciato non riesce a stabilire un contatto fisico con la ragazza fino al finale che riserva una piacevole sorpresa.

  5. Ottima descrizione dello stato d’animo di chi, dopo una lunga attesa di una occasione, se la trova tra le mani, come fosse una cosa semplice e mentre ancora realizza da che parte deve procedere, se la vede svanire…rimanendo quasi a dubitare che sia stata una occasione vera…
    Ancora non è finita la sorpresa dell’occasione…già è subentrato il rammarico della perdita di essa…in maniera talmente rapida che l’attesa successiva di una seconda chance si può confondere con l’attesa che ha preceduto questa opportunità…mah…serve ad aumentare la voglia…se non ad altro!!! eh…eh…eh…

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