I rumori della strada

Era in ospedale, al capezzale della madre: stava morendo, le avevano detto i medici. Ma lei non era pronta, non poteva essere pronta. Anche se in quegli ultimi anni quella povera donna era stata sempre peggio, non si sentiva pronta e non in quel periodo: si stava separando dal marito, il lavoro non andava granché bene, a causa del nuovo direttore, e anche quell’allettante audizione in teatro, la sua vera passione, sarebbe andata perduta per l’ennesima volta sentendosi impreparata. Sospirò. Sbuffò. Sospirò ancora.
La madre, nel letto, rantolava tra tubicini e sensori che ne monitoravano il respiro. Non si avvertiva null’altro in quella stanza sospesa nel tempo: solo i rumori della strada arrivavano ammorbiditi, una specie di sottofondo mal registrato di una pellicola scadente. Sarebbe potuta impazzire. Scoppiò a piangere, senza preavviso, quasi avesse acceso un interruttore. Era davvero sola e non sapeva che cosa avrebbe fatto di questa sua vita che andava in frantumi. Pianse finché ne ebbe le forze e solo quando le arrivò, violenta, l’emicrania smise di colpo come aveva iniziato. Lasciò la mano amorfa della madre e si buttò sullo schienale della poltrona, la testa rovesciata all’indietro, le palpebre pesanti. Forse se avesse chiuso gli occhi e si fosse addormentata, quella catastrofe incombente sarebbe sparita per sempre. Ma sapeva che la sua era un’esistenza da incubo, da vivere a occhi sbarrati, come una condanna impietosa. Prese a girare per la stanza. Avanti e indietro, avanti e indietro. Aveva una gran voglia di scappare, persino saltando giù dalla finestra per far prima. E in quell’agitarsi ansioso incrociò il suo stesso sguardo nello specchio dell’armadio. Aveva l’aria sfatta, gli occhi infossati, un’espressione del viso carica di sofferenza e di tensione. Pareva un’altra donna, una che non conosceva neppure, ma di cui aveva paura, una maschera di dolore, un concentrato di rabbia, solitudine e odio verso se stessa e il mondo intero. Si osservò più da vicino. Certo: avesse saputo ricreare all’audizione quel medesimo sguardo intenso, quell’aria disperata sarebbe riuscita di certo ad avere la parte. Un’interpretazione da premio oscar, altro che, troppo vera per non bucare. Pensò a come si sentiva in quel preciso momento, analizzò in modo accurato le sue sensazioni; si chiese se sarebbero state riproducibili a comando. Un po’ di trucco per evidenziare le occhiaie avrebbe potuto facilitare il compito. Sì, non poteva essere tanto difficile. Se si fosse messa subito in strada avrebbe fatto in tempo ad arrivare in teatro. Poi, lì, qualcosa avrebbe inventato. E’ la faccia che avrebbe fatto tutto. Guardò la madre nel letto. In fondo sarebbe stata ancora lì, immobile, anche al suo ritorno. Sorrise. Prese la borsa dalla sedia e uscì: per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentì meglio.

18 pensieri su “I rumori della strada

  1. Secondo me la conclusione è meno cinica o “immorale” di quello che sembra a prima vista. E’ la velocità degli eventi narrati che da’ al racconto una sfumatura cinica. Ma se fosse un sogno sarebbe classificabile come elaborazione del lutto. Riuscita, per cosi’ dire.

    Credo che molte opere della creatività umana siano legate a sofferenze silenziose e vuoti incolmabili che restano come domande a cui non si può rispondere da soli. L’atto creativo nel dolore è uno dei modi per elaborare il dolore e non seppellirsi assieme ai morenti o ai morti.

    Da un punto di vista simbolico è quasi un inno alla vita.

  2. E se avesse avuto successo,avrebbe potuto regalare un attimo di gioia a sua madre che la stava lasciando…chissà se nei suoi pensieri c’è stato anche questo…

  3. …vengo da un’esperienza simile, due mesi passati tra ospedale e clinica. L’epigolo è stato purtoppo tragico, ma questa è un’altra storia…Mi riconosco in parte nella psicologia del personaggio, poi le scelte che si fanno non sono necessariamente dettate dall’egoismo, in questo caso, credo che il fatto di distogliere per un attimo la mente dalla sofferenza, sia stato un modo come un altro per rimuovere la tragica realtà, non è facile fare i conti con l’oscura Signora, ne parlo proprio nel mio primo post. Ognuno può avere reazioni diverse e magari che si discostano dalla maniera considerata canonica dalla maggioranza delle persone, ma ripeto, può essere un tentativo per allontanare ciò che è così tragicamente segnato dal destino.

  4. Pezzo importante che fa pensare al dolore di alcune vite, a momenti di difficoltà estrema che possono capitare a chiunque e in qualunque modo… e ci spinge ad assaporare la vita ogni attimo per non perderne la direzione delle cose e ricorda di non lamentarsi se alcune (relative) stupidaggini vanno storte qualche volta.

  5. Come dicono i miei amici buddisti, le circostanze difficili della vita ti offrono l’occasione di metterti alla prova e di andarare avanti . “Il veleno si trasforma in medicina”. Non so se il detto includa anche la mamma moribonda……..
    Racconto cinico ma bello

  6. Un po’ di “sano egoismo” ed ecco che un ostacolo diventa un’ opportunità per migliorarsi. Che coraggio, però….
    TT 🙂

  7. stavolta, invece, non mi è piaciuto tanto. forse perchè il tema è troppo grande, ma ho la sensazione che andrebbe (andava) analizzato meglio, di più, maggiormente in profondità e che quindi avrebbe necessitato di una misura più ampia. ciò detto la scrittura al solito scorre: quando uno sa scrivere, sa scrivere. ciao sandro

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