‘Uno, due, tre…’ contava mentalmente Gottlieb tirandosi su dal pavimento con un braccio solo e guardandosi nel contempo nello specchio della sua camera da letto. ‘Uno, due, tre…’ fece ancora saltando sull’altro braccio, tenendo il sinistro dietro alla schiena e continuando con le flessioni. Andò avanti così per un quarto d’ora. Poi si fermò a guardarsi i pettorali gonfi. ‘Sei uno che spacca, Gottlieb’ si disse compiaciuto ad alta voce tastandosi la pancia piatta. Anche se poi Gottlieb si chiamava in realtà Bernardo, ma quel nome ‘gotico’, con cui era conosciuto nel giro, gli calzava a pennello ed era una figata assurda. S’intonava con la sua testa rapata e la svastica fresca di tatuaggio che si era fatto sulla spalla. Anche se, a dirla tutta, avrebbe avuto bisogno con urgenza anche di una cicatrice da esibire: così senza niente gli sembrava d’esser nudo. Non aveva ancora deciso dove farsela, come procurarsela e quanto farsela lunga. Per cui rimandava sempre. Era comunque fiero di sé, anche se non riusciva a sorridere. La sua mente si era incagliata da qualche giorno su un pensiero fisso. Passeggiando per i giardini della stazione alla ricerca poco convinta di un lavoro, aveva notato nella ‘fontana delle bagnanti’, così tutti la chiamavano, un pesciolino rosso deforme. Era di grossa taglia, due o tre etti almeno, con alcune macchie rosa pallido che lo facevano sembrare malaticcio, e la spina dorsale tutta storta che sembrava uscirgli da un lato e che lo obbligava a correggere continuamente la propria andatura sempre obliqua. Bernardo a quella deformità pensava sempre e non riusciva a darsi pace. Non poteva permettere che uno scherzo della natura, uno sbaglio genetico, avesse la stessa pari dignità di vita degli altri esemplari più belli e sani. Non era giusto. Più ci pensava e più sapeva che doveva fare qualcosa per ristabilire l’equilibrio. La purezza dell’essere era una cosa seria anche tra gli animali.
Così, una notte, stanco di svegliarsi di soprassalto per la stessa ossessione, capì cosa doveva fare. Si vestì da spedizione punitiva con il chiodo e le borchie, rubò uno spiedo di quelli che la mamma usava in cucina per il pollo arrosto, e uscì la con la torcia in mano. Dopo una decina di minuti era già in vista della fontana. Per fortuna a quell’ora non c’era nessuno, solo qualche coppietta che aveva altro da fare, ma avrebbe fatto in ogni caso presto. Aveva notato che il pesce deforme, forse per starsene tranquillo, si rifugiava sovente sotto la grossa radice di una ninfea. Sarebbe stato facile trafiggerlo con un colpo secco per poi buttarlo nel tombino dopo averlo calpestato ben bene con gli anfibi. Accese la torcia e scandagliò con la luce il fondo della vasca. Controllò a lungo. Il ‘suo’ pesce non c’era. Dov’era scappato? Non era possibile che non ci fosse! Fece il giro della vasca per esplorare meglio. E sul bordo vide appoggiato il manico di un retino. Un retino per pesci, appunto, e vicino un guanto. Sì, lo riconosceva, era uno di quelli senza dita che anche lui usava per alzare i pesi in palestra. Allora capì. C’era qualcun altro che la pensava come lui, che era venuto a fare un bel po’ di pulizia catturando quel ‘coso’ merdoso per cancellarlo dalla faccia della terra. Sì, era indubbiamente un fratello, uno che spaccava. Era contento. Si sedette, nel buio, sul bordo della vasca e sorrise. E cominciò ad aspettare: doveva proprio conoscerlo.
L’ha ribloggato su Alessandria today.
Ahiahi! Proprio un tipo da ‘branco’!!
Morale: se vuoi essere un pesce, cerca di essere almeno lo squalo 5. Quanto agli ariani puri, esistono solo in qualche remoto paesino della Scandinavia. Gli altri sognano di esserlo.
La legge estrema dell’arroganza e dell’egoismo. Brrrr… un salutone.
Quando si dice l’estremismo…bel racconto! Anche io in cuor mio spero che il pescione sia finito nelle mani di una persona più di buon cuore, anzi SO che è così (dicesi “autoconvincersi”)
interessante il tuo stile narrativo, e bel sito questo tuo.
vorrei inoltre ringraziarti per le visite e per gli apprezzamenti.
paola
Ciao
Io vorrei che qualcuno considerasse lui uno sbaglio genetico…….
..mi immagino la scena, l’inquadratura iniziale con questa specie di Ulk, che si prepara ad eseguire un efferato omicidio…la musica classica dei film horror e poi…la vittima ed il luogo del delitto. sarebbe davvero un bello spunto. Che fantasia che hai!
Razza Ariana, pesce perfetto che squallore il nostro Bernardo. Mi sa che abbia preso una cantonata per l’altro pescatore. Non so come venga il pesce rosso ai ferri, ma quando c’è fame ..
Breve, conciso e profondo. Da meditare
Grandioso nell’illustrare l’imbecillità umana,
conciso ed efficace… complimenti 😉
Grazie Agu
🙁
;-(
comunque anche 2 o 3 etti di pesce rosso è un caso di metabolismo anomalo o di sovra-nutrizione… 😉
Un motivo di più per eliminarlo? 🙂
Bello. Anche gli altri racconti. Complimenti per la struttura del blog e per tutti i materiali. Sarebbe bello se ci fosse la possibilità di ascoltarli, magari letti da te… proprio bello. Che ne pensi? Entrambe le opzioni: se uno preferisce leggere per conto proprio ‘in silenzio’ libero… altrimenti può ascoltarlo (pensa anche ai disabili). Grazie per aver visitato il mio blog. Buon proseguimento Letizia
Per far rendere bene un racconto in audio (e l’idea che proponi è molto bella) bisogna avere doti interpretative, una voce impostata e un bel timbro di voce (oltre ad apparecchiatura professionale). Non ho nulla di simile.
Però se ci volessi provare tu, si potrebbe fare qualche esperimento.
Grazie, sei gentile, ma anche la mia voce non sarebbe adatta… forse puoi provare con qualche amica o amico. Non credo sia necessaria una apparecchiatura sofisticata. Magari puoi fare delle prove…:) ciao!
Chissà, io voglio pensare invece che lo abbia preso qualcuno che voleva accudirlo con più cura 🙂
Ciao, Pat
Nessuno può escludere il contrario, Pat…
Mi unisco alla tua speranza che il pesciolino trovi qualcuno che se ne prenda cura
che a ben vedere ,i tipi come Bernardo sono assolutamente difettosi!Ottimo racconto!
http://lenincolt.wordpress.com
Sì, quando li hanno montati, qualche rotella deve essere rimasta nella scatola…
Poche righe dove, senza alcuna violenza irrompe la violenza. L’ho già detto ma spero che tu riesca a trovare qualcuno che faccia diventare i tuoi racconti dei cortometraggi.
Sarebbe molto interessante