Un pensiero trascurato

Eh sì… come dire? Dapprima era una sorta di pensiero che definirei scarno, minuscolo, tutto ossa, questo almeno era all’inizio; sì, uno di quei pensieri cui non si bada più di tanto, perché sembrava insignificante, inoffensivo, un gattino arruffato sul fondo di una cesta; un pensiero nato sghembo, scheggiato e tagliente, cattivo sì fin dal suo nascere, ma anche uno di quei pensieri per il quale potevi credere fosse sufficiente ricacciarlo con una pedata laggiù da dove era venuto, facendolo rotolare con soddisfazione in quella buca dove si era raggrumato la prima volta tra risentimenti cupi e ruvide amarezze. Lo ammetto, è stato un pensiero trascurato, proprio come un raffreddore lasciato libero di ammorbare il corpo che aveva intaccato; mi ero illuso che, ignorandolo, non sarebbe potuto sopravvivere, senz’acqua e senz’aria, soffocato da quella stessa disattenzione che riservo alle malepiante o ai ricordi spinosi che rovistano come roditori affamati la soffitta del mio passato; e invece ha continuato a lavorare, giorno dopo giorno, come una talpa instancabile a far tunnel complicati in questo cervello delicato; un pensiero che si è rivelato letale e insidioso, non ho altri aggettivi per descriverlo, tale e quale un’amante tradita che ha atteso paziente, giorno dopo giorno, che il destino le desse l’opportunità di alzare finalmente la sua mano vendicativa; è cresciuto su se stesso, questo pensiero immondo, autoalimentandosi come un drago terrificante che si mangia dalla coda e rinasce dalla gola per rimangiarsi ancora, infinite volte, ingrassando e divorandosi, senza sosta; una voragine spalancata davanti a sé, vomitata dal suo respiro corto, ove è precipitato senza rumore tutto quello che gli è capitato a tiro: una casa, con tutto quello che c’era dentro, le persone che conosco, le mie speranze, i sogni, le memorie, la mia stessa identità e infine la mia vita intera. Sì, amici cari, era solo all’inizio un pensiero trascurato, poi ha preso il sopravvento su ogni cosa, sicché adesso sono qui in bilico su questo cornicione, la mano aggrappata alla grondaia che non so fino a quando mi sosterrà. Vorrei scappare, ma non posso. Sono intrappolato nella sua stessa pancia gonfia pronto per essere digerito; e poi ho il vuoto sotto di me, un vuoto che mi chiama a gran voce, come la più amorevole delle mamme: ‘vieni, vieni da me’ mi dice dolce e persuasivo, ‘vieni, vieni, cosa aspetti?’ Per un banale pensiero sono arrivato fin quassù; un pensiero assoluto, unico, assorbente tanto da non ricordare neppure più quale fosse; e ora non gli resta che farla finita, con me. E uccidermi appena vorrà.

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La storia minima ‘Un pensiero trascurato‘ è stata pubblicata, in via esclusiva, per la prima volta il il 17 giugno 2012 su:

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5 pensieri su “Un pensiero trascurato

  1. …forse sono proprio questi i pensieri più pericosi…quelli che credi di aver ricacciato in qualche meandro nascosto della mente e che invece poi ritorna a galla quando meno te lo aspetti…a me capita praticamente sempre!

  2. Anni fa ho compreso una lezione importante: onestà intellettuale innanzi tutto, ovvero o tutto o niente. Inutile crogiolarsi in un pensiero negativo se arrivati all’ultima tappa non si farà l’ultimo passo decisivo. Quindi accetto i pensieri negativi e li addomestico giorno per giorno impedendo laddove possibile che facciano danni inutilmente irreparabili. Il tuo resta un racconto suggestivo, come sempre.

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